Rubrica “Porto Franco” sul congresso dei Ds
AL «porto franco» è approdata ieri una nave col gran pavese: un gran discorso di Giuliano Amato, uno straordinario esempio di oratoria politica. Ecco, mi dicevo, la voce che può conquistare consensi nuovi; e qualcuno, sottovoce, si è anche spinto a considerare che forse con uno come lui i risultati delle passate elezioni potevano essere diversi… Un’oratoria, quella di Amato, che spicca in un congresso in cui la vecchia scuola è risultata ancor più vecchia: le uniche altre voci che hanno suscitato entusiasmi sono state quelle di D’Alema e Veltroni. (Quest’ultimo però come presidente di un partito che avesse come segretario Sergio Cofferati, l’uno a richiamare la sinistra di valori, l’altro a tutelare la sinistra dei diritti acquisiti).
Tutti sanno quanto spesso io mi trovi in concordanza con Amato. Quindi invece di parlare di dove è stato bravo dirò delle questioni che ha preferito lasciare aperte: perché proprio con Cofferati e la sinistra «sarà partita vera», non ci si può illudere che sia terminata col primo set, chiuso con un netto 6-0. Di congresso in congresso, Amato è diventato esperto nell’arte di tenere il palcoscenico senza farsi invischiare in logiche interne. Questa volta alla proposta concreta di dar vita a un partito che unifichi le anime del socialismo, i Ds si sono separati. Amato si è spinto addirittura a non escludere la presenza, come militante, del «socialdemocratico estremista» Fausto Bertinotti: ma non ha voluto prendere partito su questa divisione. Questa formula strappa applausi, ma suscita perplessità in chi vorrebbe riferimenti concreti. Va riconosciuto che è grazie alla battaglia ingaggiata dai liberal della mozione Morando, se in congresso le posizioni sono venute allo scoperto, e se Giuliano Amato ha potuto rilanciare il progetto del futuro partito. Ad Amato non torna utile mettere il dito nell’occhio su questioni come l’art. 18, o la privatizzazione della Rai, o la giustizia e il giustizialismo. Può dare una lezioncina a Cofferati, ricordandogli che alla riunione del Wto a Doha a battersi contro l’imposizione degli standard sociali e sindacali sono stati i paesi poveri: ma lo fa en passant, tanto a distinguersi dal «correntone» ci pensa Fassino, che, replicando a Cofferati, anche lui ha respinto la contrapposizione tra tutela dei diritti e modernità. Difficile dire oggi se Fassino riuscirà davvero ad attirare altre culture e uomini del socialismo oltre Giuliano Amato. Ma Giuliano Amato, dopo questo congresso, si ritrova con una maglia da centravanti nella gara per chi sarà il leader dell’Ulivo alle prossime elezioni