Votare a giugno, non votare a giugno: questo il tema che sembra polarizzare, e paralizzare, la politica italiana. A sostegno di chi chiede elezioni subito c’è la tesi del tradimento del mandato elettorale da parte di Bossi, su cui si sono profusi fiumi d’inchiostro. Tesi che ha una sua validità parziale, come parziale è la riforma in senso bipolare che hanno le nostre istituzioni a seguito di una riforma affidata, per ora, al solo strumento della legge elettorale.
L’altro argomento per votare subito è dato dalla natura stessa del Governo Dini: un Governo composto interamente da persone non elette rappresenta un’anomalia. Può andar bene per un breve periodo di emergenza: ma sarebbe gravissimo dover ammettere che non è possibile selezionare una compagine di Governo dal corpo degli eletti dal popolo, che la soluzione di alcuni nodi, valga per tutti il problema delle pensioni, può essere realizzata solo fuori dal normale circuito politico. Un Governo anomalo, comunque di breve durata, non può affrontare i problemi di fondo del paese. Per quelli economici, ci vuol ben altro che una manovra di aggiustamento del bilancio per incidere sullo spaventoso onere del debito pubblico: e i mercati finanziari hanno già emesso il loro verdetto. Quelli istituzionali, perché abbattuta la prima repubblica, lungo ed incerto appare il cammino per costruire la seconda. Andare a votare al più presto dunque? Si, ma non senza aver prima risolto il problema televisivo, si obietta. Su questo argomento io ho opinioni un po’ eretiche rispetto a quelle di molti miei colleghi. Prima di tutto non ritengo che noi abbiamo perso le elezioni di marzo perché Berlusconi ha le sue televisioni: credo che sia stato molto più grave non avere un programma abbastanza preciso, non avere un leader che sapesse fare proposte credibili all’elettorato di centro, senza il quale non si vince. Poi credo che la gente sappia giudicare con la propria testa, e che, come ci sono tanti che trovano intollerabili e faziosi Santoro, Barbato e Biagi così ci sono tanti che trovano fastidio a vedere Sgarbi, Fede o Liguori. Però è indubbio che in un sistema democratico è considerato sleale non combattere ad armi pari; peggio ancora che uno dei due contendenti abbia, come nel caso in questione, la possibilità di influenzare direttamente gli elettori. La situazione in cui Berlusconi ha praticamente il monopolio della televisione privata e ha notevole influenza su quella pubblica tramite gli uomini che ne ha messo a capo “sarebbe fuori luogo nel Madagascar: in una moderna democrazia occidentale è bizzarro”: non sono parole mie, ma dell’autorevolissimo Economist. La soluzione è obiettivamente molto difficile, e molte delle soluzioni proposte dagli oppositori di Berlusconi danno l’impressione di essere concepite ad personam contro il Cavaliere. Vendere le sue reti? Io gli avevo suggerito di metterle in vendita subito, e quanti guai si sarebbero così risparmiati: invece ha prima negato, poi ha tergiversato, ha avanzato una proposta di blind trust inaccettabile, infine di fatto ha lasciato cadere anche quella: e ora è impossibile materialmente provvedervi in poco tempo. La par condicio? O ci si copre di ridicolo, o si ricorre alla censura. Dichiarare incompatibile la carica di primo Ministro con quella di padrone di televisioni? Inutile, Berlusconi potrebbe fare il Presidente di Forza Italia e governare per interposta persona. Riequilibrare il sistema mettendo persone non favorevoli al Cavaliere in RAI? Assurdo, la RAI è un servizio pubblico e deve essere un esempio di imparzialità. Se si vuole venirne fuori bisogna innanzitutto assumere un atteggiamento non fazioso e poi far leva sugli stessi interessi politici di Berlusconi, il quale non può non sapere che proprio il fatto di essere padrone di televisioni gli ha fatto perdere credito all’estero. Non può non sapere che la gente istintivamente non parteggia per chi non combatte ad armi pari. I sondaggi prevedono un grande successo al referendum che mira a ridurre il numero delle televisioni che un soggetto può avere: e questo dovrebbe dirgli qualcosa. Non può non sapere che continuare a ripetere “andiamo a votare, non mi hanno lasciato governare, c’è un complotto liberticida dei comunisti” lo sta rendendo un po’ ridicolo. Allora diamogli queste elezioni di cui tutti abbiamo bisogno: ma Berlusconi decida volontariamente di mettere a capo delle sue aziende (quindi anche la Publitalia), con pieni poteri, un personaggio realmente indipendente, poniamo nominato dalla Corte Costituzionale. Altre persone realmente indipendenti, non oriundi Fininvest, siano messi a capo della RAI. Bastano poche settimane per farlo: allora potremo andare alle elezioni anticipate, allora anche l’Italia incomincerà ad apparire come una normale democrazia. E chiunque vinca, si potrà incominciare a por mano ai nostri problemi: quelli non mancano.
aprile 1, 1995