di Antonio Polito
Uno passa buona parte della sua età adulta a sostenere che il berlusconismo non è un fenomeno criminale ma politico, che il Cavaliere ha successo perché ha un messaggio e non soltanto un mezzo (televisivo), che vince le elezioni perché incarna un’idea e una speranza e non perché l’Italia è fatta di una maggioranza di corrotti e di evasori che si identifica con lui.
Uno passa gli anni a dire che il berlusconismo va compreso e non demonizzato, che perfino nelle sue menzogne c’è del vero. Che, certo, lui si fa le leggi per salvarsi dai processi, ma anche i processi che gli fanno non sono proprio tutti a prova di bomba. Che, di sicuro, non si può permettere di insultare la magistratura e di contestare l’autonomia costituzionale del potere giudiziario, ma che a vedere come si comportano certi magistrati e come talvolta usano la loro indipendenza si capisce che la Giustizia italiana ha comunque urgente bisogno di una radicale riforma.
Uno ci mette la faccia e ci rimette anche qualche rapporto di amicizia per spiegare che perfino l’immunità pro-tempore per il capo del governo non è in sé una bestemmia, che anzi in alcuni paesi è prevista, e che comunque esiste la necessità di proteggere l’esercizio del mandato popolare.
Poi Berlusconi, con il favore delle tenebre, senza dire niente a nessuno, nomina l’amico, sodale e imputato Aldo Brancher ministro del nulla, e Aldo Brancher attua immediatamente – invece del federalismo – il legittimo impedimento per evitare il suo processo. E ti chiedi dove hai sbagliato.
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