dalla rubrica Peccati Capitali
Nata dalla fusione delle aziende elettriche di Brescia e di Milano, a2a è una delle più importanti utility italiane, con posizioni rilevanti nel campo di energia elettrica, gas, acqua, teleriscaldamento, trattamento rifiuti. Per questo fa sognare i politici: che si aspettano che possa fungere da nucleo aggregatore delle altre grandi utility, per formare un’Enel municipale da affiancare all’Enel statale, oppure che difenda l’italianità nella complicata vicenda Edison.
Per essere all’altezza delle aspettative, a2a si lancia in acquisizioni. Le campagne di Montenegro e Francia obbligano però a svalutazioni, 600 milioni, che portano il bilancio 2011 in rosso per 420 milioni. Ma dato che i bilanci dei Comuni azionisti non possono fare a meno del dividendo, l’azienda distribuirà 1 centesimo per azione. Meno dei 5 o 10 degli anni passati, ma pur sempre 40 milioni.
Pagare un dividendo prelevando dalle riserve, quindi impoverendo l’azienda, può anche passare per peccato veniale (s’è visto di peggio). Peccato capitale invece è quello da cui nasce, cioè la volontà di mantenere saldamente pubblico il controllo di aziende in un settore ormai restituito al mercato: di lì nascono le velleità pianificatrici, e le ambizioni nazionalistiche. La morale è dedicata a quelli che non vedono perché un comune dovrebbe vendere una sua azienda, quando questa va bene. Come a2a insegna, negli anni grassi in cui può distribuire un buon dividendo, questo danneggia il comune proprietario, perché gli consente di evitare tagli alle spese che dovrebbe fare; e negli anni magri danneggia l’azienda (e gli altri azionisti) obbligandola a versare comunque dei dividendi, e quindi a ipotecare il futuro solo per sovvenire alle esigenze del comune controllante.
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aprile 3, 2012