L’Alitalia e’ tecnicamente fallita. Il management ha preparato un piano, l’azionista IRI ne ha “preso atto”. Nel momento in cui si chiede agli azionisti involontari, cioe’ ai contribuenti, di “prendere atto” che dovranno sborsare 3mila miliardi , si ritiene che essi abbiano il diritto di esigere qualche chiarimento e di porre alcune domande.
Azzerare il patrimonio e ricostituirlo equivale a rifondare l’azienda: se si riparte da zero, non e’ improprio incominciare da zero anche chiedendosi quali sono le ragioni per avere una compagnia aerea con base in Italia. Si dovra’ quindi innazitutto chiarire che non esiste nessuna ragione economica per avere una compagnia di bandiera; che non esiste nessuna ragione di “servizio sociale”, cui si puo’ provvedere sussidiando in modo trasparente rotte non economiche.
Il trasporto aereo e’ un segmento del sistema del turismo. Per attrarre visitatori, abbiamo interesse a utilizzare il potere di mercato di tutti i vettori. Alitalia ha una modesta presenza commerciale all’estero, e la qualita’ del suo servizio non e’ tale da offrire un’immagine di eccellenza del nostro paese.
Il trasporto aereo e’ un segmento di un’industria che comprende anche l’indotto dei servizi a terra: si calcola che un grande aeroporto possa dar luogo a 60.000 -100.000 posti di lavoro. La presenza di una compagnia con sede in Italia favorisce o impedisce queste attivita’? Piu’ specificamente che contributo puo’ dare una compagnia italiana allo sviluppo di Malpensa? L’Alitalia difficilmente puo’ sostenere un altro hub, oltre a Fiumicino. Ma almeno non contrasti, nel vano tentativo di proteggere il proprio traffico, lo sviluppo di un hub nel nord-Italia, che per ragioni di ortodromiche sarebbe un ideale punto di collegamento con l’Oriente.
Cio’ premesso, bisogna considerare che l’Italia e’ uno dei grandi poli di attrazione turistica, che ha un’economia sviluppata, che con la sua conformazione geografica alimenta un importante traffico interno. Sarebbe ben strano non riuscire a creare un’azienda profittevole con questo mercato a disposizione.
Riconosciuto che esistono ragioni economiche per investire capitali in una simile impresa, dobbiamo chiederci se i piani operativi che ci sono presentati sono tali da rendere l’investimento attraente.
1. Ricavi. I prezzi dei biglietti scenderanno, rapidamente sulle tratte nazionali, piu’ lentamente ma inesorabilmente in quelle internazionali. Quale profilo di prezzi e’ alla base del piano presentatoci?
2. Efficienza di impiego dei mezzi : qual e’ il coefficiente di riempimento (per classe) oggi per Alitalia e per i suoi concorrenti di successo? Quale obbiettivo e’ stato assunto, anno per anno? Quanto significa in termini di passeggeri? Come si pensa di sottrarre ai concorrenti questo traffico? Quali strumenti – tariffari, incentivi ai tour operator, tagli alle linee non profittevoli, promozione locale – sono stati previsti? Quale il loro costo?
3. Efficienza di impiego del personale. Il costo per passeggero-km e’ oggi per Alitalia assai superiore a quello dei concorrenti di successo: dovrebbe essere circa il doppio di quello di British Airways ed il triplo di American Airlines. Tra il personale, e’ quello degli assistenti al volo ( 4000 persone) ad essere totalmente fuori mercato. Quale obbiettivo, anno per anno, e’ stato assunto? In quanto tempo esso verra’ raggiunto?
4. Efficienza dei mezzi: la maggior parte degli aerei Alitalia sono gli MD80. Il mezzo non e’ piu’ in produzione e la flotta ha un’eta’ media di 10 anni, tra le maggiori in Europa. I necessari investimenti sono stati previsti?
5. Il piano prevede pre-pensionamenti e riassunzione di parte del personale con contratti meno onerosi. Ma in tal modo si scarica sul sistema pensionistico un onere, che anch’esso dovra’ essere sostenuto dall’azionista involontario, cioe’ dal contribuente. A quanto ammonta tale maggior costo?
Supponiamo che l’azionista involontario riceva risposta alle sue domande: supponiamo che gli obbiettivi dei vari parametri che determinano la redditivita’ dell’azienda siano corretti, e credibili le azioni per raggiungerli. L’azionista per procura, cioe’ l’IRI, ha due scelte: o far fallire l’azienda e ricostruirla da zero, oppure risanarla. Con la prima strada i parametri possono, in teoria, essere raggiunti di colpo, con la seconda c’e’ un “triangolo di inefficienza” la cui area rappresenta i costi che vengono affondati nel processo di ristrutturazione.
Il Banco di Napoli e’ stata l’ultima “crisi aziendale” affrontata dal Governo Dini; quella di Alitalia e’ la prima per il governo Prodi. Il modo di risolverla, quanto a trasparenza dei costi, responsabilita’ degli amministratori, ripartizione degli oneri sulla collettivita’, avra’ un valore che va oltre il caso specifico : testimoniera’ da subito cioe’ della volonta’ del Presidente del Consiglio nonche’ delle forze politiche che lo sostengono, di abbandonare la pratica dei ripianamenti a spese del Tesoro.
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maggio 21, 1996