Un museo praticamente incustodito. Ma nessuno protesta
Immaginiamo un museo che abbia, tra le opere esposte, uno dei quadri più importanti del nostro Rinascimento; che non disponga di un deposito bagagli, per cui i visitatori possano – o debbano- aggirarsi per le sale con i loro zaini sulle spalle; che non sia provvisto di catalogo, né di monografie sul grande maestro; che il famoso capolavoro sia contenuto in una teca non particolarmente robusta, che nella sala non ci sia nessun inserviente, come nelle altre d’altronde, tutti trovandosi a chiacchierare nel cortile; e che uno di essi, avvertito da un visitatore della presenza di un paio di turisti aggirantesi muniti di capaci borse, rispondesse che il museo è controllato da un impianto televisivo a circuito chiuso, e di farsi di conseguenza gli affari propri.
Se questo museo fosse privato, o dato in gestione a privati, c’è da giurarci che avremmo letto vibrate denunce, scandalizzate invettive, e udito lacerarsi vesti, contro i moderni simoniaci che, per raccoglier quattro soldi, affidano a privati lo sfruttamento del nostro più prezioso patrimonio, sottraendolo alla severa, ma sicura custodia della mano pubblica. (E magari con l’accompagnamento delle proteste dei custodi obbligati a star nelle sale per tutto l’orario di lavoro).
Si dà invece il caso che questo museo non sia immaginario ma reale, e pubblico, pubblicissimo, la Galleria Regionale della Sicilia, Palazzo Abatellis a Palermo, e il quadro “L’Annunziata, forse l’opera più importante di Antonello da Messina. A “Partita doppia”, incompetente di antifurto museali, non interessa il confronto con, poniamo, gli olandesi, che i loro Vermeer li controllano a vista con custodi in carne ed ossa. Invece, dubitando che gli scaffali privi di monografie, i depositi bagagli inesistenti, i custodi latitanti, i turisti zaino-provvisti aggirantisi, non siano singolari coincidenze dovute a una congiunzione astrale verificatesi alle ore 11 del 14 Luglio 2003, é colpita dal non avere udito né denunce, né scandali, né rumore di vesti stracciate. E ha il forte sospetto che tanta indulgente comprensione dipenda proprio dal fatto che si tratta di un museo pubblico, e che questo sia l’ennesimo caso di doppio standard: per cui ciò che è privato è comunque sospetto fino a prova contraria, mentre ciò che è pubblico, magari non funzionerà tanto bene, ma è sicuro e dà affidamento. Finché non ti rubano un Antonello sotto il naso.
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agosto 21, 2003