che in campagna elettorale, specie nel rush finale, si alzino i decibel della polemica, è cosa nota e scontata. Che a Torino la parte meno… desiderabile dell’immigrazione extracomunitaria si concentri, nelle ore diurne e in quelle notturne, in un paio di zone, diventando così straordinariamente visibile, e’ altrettanto noto. Non si nega che anche questo sia un problema. Si puo’ anche convenire che le ragioni di timori e rifiuti non siano state sufficientemente approfondite. Ma da questo a dire che Torino è una città di spaccio e prostituzione, un solo grande mercato di droga e di sesso, suvvia, più che una forzatura sembra una caricatura.
Gli slogan elettorali, come i manifesti, sbiadiscono presto, presto ricoperti da altri più attuali e vivi. Il pericolo non è dunque quello di proiettare un’immagine negativa della città, quanto quello di rafforzare la priorità francamente esagerata che potrebbe assumere un fenomeno indubbiamente reale. Il pericolo è quello di portarsi dietro, quando le luci della campagna elettorale si saranno spente, parole d’ordine e impegni che nascono da una lettura sbagliata dell’ordine dei problemi che questa città deve affrontare.
Ho sempre pensato che il problema vero di Torino sia quello di guardare alto, di riprendere l’iniziativa, di ritrovare voglia di intraprendere e di rischiare, di avere di nuovo fiducia in se stessa. Guardare al futuro coscienti del proprio passato, di quello che si ha e si e’ fatto.
Le tradizioni sono cultura, e la cultura è un patrimonio del cui valore sovente si accorge solo chi non ce l’ha. Torino è stata sorgente di cultura politica, e lo schieramento di destra poteva attingere, testimoniare continuità con ben altre tradizioni: si pensi solo al coraggio con cui la destra storica seppe rinunciare ai propri privilegi per legittimarsi alla guida del Paese.
Torino è stata sorgente di cultura di impresa. La sua azienda maggiore da Torino si è irradiata in Italia e nel mondo. Oggi, l’orizzonte in cui proiettare una ritrovata capacità di irradiare è l’Europa. E l’amministrazione Castellani registra qui alcuni indubbi successi, frutto di un’attenzione costante che le va riconosciuta. Torino, magari un po’ noiosa ma seria, con una amministrazione pulita e più efficiente, dà un contributo positivo alla credibilità di tutto il Paese.
Da chi, se non da noi stessi, dal nostro genoma, possiamo attenderci questa ritrovata capacità di irradiare? Non tutte le parole che abbiamo sentito sono risultate coerenti con questo obiettivo. Difficile vedere l’Europa se si guarda ossessivamente S.Salvario, o la Pellerina, o i Murazzi.
Ma difficile trovare l’Europa se l’obiettivo è quello di “combattere la mondializzazione, dal Chiapas a Torino”: come riferisce Massimo Giannini su La Stampa di ieri («Ciampi, uno slalom tra Torino e Bruxelles»). Torino non si merita nè fotografie deformate nè slogan deliranti: che passi presto la campagna elettorale e che si incominici a lavorare sul serio.
maggio 7, 1997