Tasse, edicole, stadi: quando il mercato batte lo Stato

maggio 21, 2008


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair

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da Peccati Capitali

Alla stazione centrale di Milano, in uno dei due giornalai manca sovente il Financial Times. “A noi, mi spiega l’edicolante, ne danno solo due copie. È perché siamo piazzati davanti ai binari dei treni che vanno al Sud, Salerno, Bari: pochissimi lo comperano. All’altra edicola ne danno dieci volte tanto, perché è vicina ai binari che vanno a Venezia, o in Germania,”.

Posto in termini di pianificazione generale, il problema di rendere massimo il numero di giornali venduti e minimo i resi sarebbe complicato. Invece il distributore della stazione ripartisce le copie tra due edicole a 50 metri l’una dall’altra, automaticamente e a costo nullo. Il mercato contiene tutte le informazioni, ma ognuno prende solo quelle che gli servono: per questo è più efficiente della pianificazione.

Senza stadio di proprietà non c’è futuro per il calcio, titolava il Corriere della Sera del 7 Maggio. È per questo che la Premier League inglese incassa il 40% di più della Serie A italiana: progettano e gestiscono il proprio stadio in funzione dello spettacolo e del “tifo”. Noi, per i mondiali di calcio nel ’90, alcuni stadi li abbiamo modernizzati, altri li abbiamo costruiti ex novo: su progetto e con i soldi dello Stato. Ero amico dell’architetto Sergio Hutter che ha progettato il Delle Alpi a Torino, e ricordo il suo sconforto nel dovere fare uno stadio “sbagliato”, con gli spettatori lontani dal campo: per motivi sociali bisognava far posto alle piste di atletica. Adesso la Juventus ha deciso che rifarà lo stadio: sarà suo, più piccolo e senza piste. Quanto sarà costata ogni ora di utilizzo delle piste del vecchio Delle Alpi? Solo il mercato ha le informazioni per decidere. Con l’idea statalista che ci sia qualcuno che sappia che cosa vada bene per il calcio, per l’atletica leggera, per gli spettatori, si sono sprecati i soldi. È peggio che per una tangente: qui la percentuale è del 100%.

Tutto il sistema delle imposte è gestito dalla SOGEI, una delle maggiori società informatiche del Paese. Era di proprietà della Telecom, quindi fu privatizzata insieme ad essa. Nel 2002 è stata rinazionalizzata al 100%, adducendo, tra l’altro, la necessità di dare ai cittadini la garanzia che i dati relativi ai loro redditi sarebbero sati ben custoditi. Sappiamo come è andata a finire. E poi quelli che dicono che non bisogna mai fidarsi dello Stato vengono accusati di essere poco meno che delinquenti.

Dobbiamo rovesciare il pregiudizio: la regola è che pianificazione, statalismo e proprietà pubblica costano di più e garantiscono di meno. Ci sono casi in cui non è così: ma devono essere considerati eccezioni, la cui utilità deve essere provata caso per caso.

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