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→  settembre 26, 2013

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Sono in prevalenza negativi i commenti giornalistici sulla vicenda Telecom-Telefonica. Si va dal diffidente “questo presepe non mi piace” al perentorio “questo matrimonio non s’ha da fare”. Sono valide le ragioni contrarie all’operazione? Esistono strumenti per impedirla? Con quali le conseguenze?

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→  settembre 25, 2013


Le alternative

Non è giunta come una sorpresa l’offerta di Telefonica di aumentare la propria quota in Telco, diventandone il primo azionista: non è che un’azienda compera il 40% del controllo di un suo concorrente e poi resta ferma per sempre. Ma quando sui giornali gli articoli sulla Telecom contendono lo spazio a quelle su Alitalia, e pochi giorni prima a quelli sulle aziende a partecipazione pubblica o dei rami di azienda che il governo Letta intende mettere in vendita, allora è impossibile non vedere il filo rosso che unisce tutti questi avvenimenti: stiamo assistendo a un ulteriore capitolo del processo di privatizzazioni. E allora è impossibile resistere alla tentazione di autocitarsi: dopo 22 anni, conto sulla prescrizione. “Perché non fare un inventario di tutte le aziende o rami d’azienda [interne ai macrosettori delle PPSS] che potrebbero essere convenientemente isolate e vantaggiosamente vendute?” Era il luglio del 1992, lo scrivevo sul Sole24Ore, che, con efficace enfasi, aveva titolato il mio pezzo “Vendiamo i bonsai di Stato”. In USA si stava dimostrando quanta efficienza economica ci fosse da guadagnare e quanto valore finanziario da estrarre smontando le conglomerate. Da noi c’era una ragione in più per farlo, noi avevamo bisogno di creare un mercato là dove non c’era: le privatizzazioni non potevano ridursi a un passaggio di proprietà, dal pubblico al privato. Nelle Partecipazioni Statali si erano formate aggregazioni che non rispondevano a logiche di mercato, erano state fatte per accrescere il potere, per salvare aziende, per occupare persone: quei legami andavano smontati.

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→  giugno 7, 2013


Intervista di Federica Meta a Tommaso Valletti

L’economista: “La Cassa non è in grado di gestire lo spin off, soddisfa solo gli appetiti della politica”. E sull’operazione: “Se mal fatta può avere effetti disastrosi”

La separazione della rete Telecom, in teoria, può avere effetti benefici sull’azienda e sul comparto Tlc. Ma se “mal fatta” ne può avere altrettanto di disastrosi. Tommaso Valletti, ordinario di Economia all’Imperial College London e all’università Tor Vergata di Roma, membro della Competition Commission britannica, evidenzia luci e ombre dell’operazione di spin off.

Entriamo nel dettaglio degli effetti su Telecom Italia e sul mercato.
In via di principio lo scorporo potrebbe avere un buon effetto. Una rete totalmente separata dai servizi garantisce più equità e annulla le asimmetrie tra i concorrenti. Il settore delle Tlc – i consumatori in particolare – potrebbero beneficiarne e gli investimenti potrebbero finalmente ripartire. A livello industriale, però, Telecom perderebbe un asset strategico a causa di motivi finanziari – l’eccessivo debito – e politici – il possibile “appetito” della politica di tornare in pista, nelle utilities ad esempio. In questo contesto tutto dipenderà da come si farà la separazione: se mal fatta può essere disastrosa per tutti. E comunque – questo va ricordato – non ci sono purtroppo evidenze empiriche rilevanti a livello internazionale per giudicare gli effetti dello spin off sulla base di esperienze altrui.

Lei dice che dipende molto da come si fa l’operazione, quindi dalle regole. A suo avviso quale sarebbe il quadro regolatorio più propizio?
Facciamo un passo indietro. Se la regolamentazione di open access fosse efficace, che bisogno ci sarebbe di dover separare la rete se non per i motivi politico-finanziari detti sopra? Di fatto open access ha funzionato solo parzialmente. Di recente Telecom Italia è stata multata dall’Antitrust per abuso di posizione dominante nelle forniture dei servizi all’ingrosso agli operatori alternativi. I dettagli della regolazione non sono ancora noti e non posso pronunciarmi senza conoscerli. Sento dire, però, che Telecom voglia tenersi le componenti attive della rete, per cui continuerebbe a gestire i servizi all’ingrosso e gli abusi potrebbero continuare. Vedremo quello che succederà, ma oggi affermare di essere favorevoli o contrari all’operazione è decisamente prematuro così come trovo sterile il dibattito su cosa sia meglio – stato o privato.

Quale ruolo può giocare la Cassa Depositi e Prestiti?
La Cdp sembra essere uno dei pilastri di questa operazione. Ma, personalmente, non vedo in essa le competenze tecniche per gestire e comprendere un’operazione di tale portata. La Cassa Depositi e Prestiti appaga, invece, pienamente la ricerca di posizioni di potere della nostra classe politica. Il mio è un giudizio negativo, ma spero di sbagliarmi.

→  febbraio 9, 2010

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Il mercato è in grado di finanziare ben altro che una rete in fibra ottica, oppure lo Stato dovrebbe assumere il pieno controllo – Altre soluzioni sono un pasticcio

Il tema della banda larga si intreccia con quello del rapporto tra pubblico e privato nelle attività economiche. Quindici anni fa, la Stet di Agnes e Pascale lanciò il progetto Socrate, per indebitare l’azienda, e mettere i bastoni fra le ruote della privatizzazione. Da allora, molte cose sono cambiate, in economia e in tecnologia: lo Stato è uscito da molte imprese, il digitale è entrato dovunque, nel radiomobile e internet. Ma il problema è sempre lì: se lo Stato interviene nel mercato per il controllo societario, si inceppa il mercato per finanziare le iniziative. Il modo che oggi si sta escogitando per aggirare l’ostacolo, vale a dire la costituzione della “società della rete” con una robusta presenza dello Stato, non risolve il problema, anzi aumenta ancora il grado di ambiguità.

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→  dicembre 19, 2009

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L’ossessione di preservare l’italianità ha di fatto impedito di attuare una seria politica d’innovazione di quello che è il vero «sistema nervoso» del paese. Per la paranoia che qualcuno potesse limitare il nostro sviluppo finiamo per limitarlo addirittura due volte.

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→  febbraio 13, 2009

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Il tema della proprietà della rete Telecom Italia é riemerso, sabato scorso grazie a un nuovo intervento di Angelo Rovati, ieri con uno di Pierluigi Borghini. Franco Bernabé ha risposto immediatamente a ciascuno dei due, chiudendo ad ogni ipotesi di scorporo della rete Telecom. Ma la banda larga é un acceleratore di sviluppo, e resta aperto il problema di come debba essere fatta, in quanto tempo eseguita, e da chi finanziata. Un problema solo dello Stato, ma anche di Telecom.

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