→ dicembre 10, 2017
È discutibile se dire che i dati sono il petrolio dell’economia digitale sia una metafora oppure una similitudine: di sicuro induce in errore e potenzialmente fa danni. In errore perché mette sullo stesso piano l’economia dei bit e quella degli atomi, mentre se si vuol capire qualcosa dell’economia digitale, è essenziale iniziare col distinguere tra i due mondi. Fa danni perché vuole indurre i cittadini a pretendere che i loro Stati reclamino delle royalty da questo nuovo petrolio, come se non sapessimo dove son finiti i soldi estratti da quello vecchio, vale a dire a comperare auto di lusso e aerei da caccia per difenderle. Sostenere, come fa Mauro Marè (Web tax, i punti fermi da cui si deve ripartire, Il Sole 24 Ore del 5 dicembre 2017) che “le basi imponibili vanno cercate dove si formano e si trovano e cioè nei dati” e che “la chain value dell’economia digitale è nei dati”, senza analizzare le mutazioni e gli accrescimenti, di natura e di valore, che il dato subisce nell’economia digitale, significa condannarsi a non capire le “enormi trasformazioni” che essa porta con sé. I dati di un IP, in sé di valore pressoché nullo, diventano preziosi se qualcuno te li restituisce come chiave per accedere a miliardi di pagine di libri. I gesti che faccio mentre guido la mia macchina non hanno alcun valore: ma se qualcuno li registra, analizza e immette in una banca dati, questa consentirà il deep learning di un algoritmo, grazie a cui potremo, io (se lo vorrò) usare un’auto a guida autonoma, e un costruttore vendermela.
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→ ottobre 13, 2011
di Paolo Conte
Ma i militanti si dividono: «Giusto». «No, sei vecchio» Ha cambiato il rapporto tra tecnologia e vita quotidiana, ma noi siamo per il software libero
Quel «Ciao Steve» sulla mela Apple colorata col simbolo di Sinistra e libertà su sfondo nero, apparsa ieri su molti muri di Roma, ha aperto una ferita nell’ anima di Sel. Da una parte l’ Area metropolitana di Roma, autrice del manifesto, guidata dal segretario Giancarlo Torricelli. Dall’ altra lui, Nichi Vendola, il presidente nazionale eletto un anno fa dai 1.500 delegati nazionali al congresso fiorentino. All’ unanimità. Vendola, per prendere le distanze da Torricelli e dal suo necrologio pubblico per Jobs, emette un comunicato diramato alle agenzie e collocato sul sito del partito: «Il genio di Steve Jobs ha cambiato in modo radicale, con le sue invenzioni, il rapporto tra tecnologia e vita quotidiana. Tuttavia fare del simbolo della sua azienda multinazionale – per noi che ci battiamo per il software libero – un’ icona della sinistra, mi pare frutto di un abbaglio». Proprio così, scrive Vendola: un abbaglio. Ma non basta, segue una vera sconfessione: «Penso che il manifesto della federazione romana di Sel, al netto del cordoglio per la scomparsa di un protagonista del nostro tempo, sia davvero un incidente di percorso. Incidente tanto più increscioso in quanto proprio in questi giorni nella mia Regione stiamo per approvare una legge che, favorendo lo sviluppo e l’ utilizzo del software libero segna in modo netto la nostra scelta». Dunque, un incidente increscioso. Una scomunica. Ma la base non condivide con la stessa unanimità del congresso fiorentino. Anzi. Vendola ha pubblicato il suo testo sulla sua pagina personale su Facebook scatenando reazioni fortissime. Concetta Alessandra Colavecchio ironizza: «Pentirsi di un manifesto funebre. Questa mi mancava». Mauro Spinelli Gentile si rivolge con un rispettoso «lei» al «presidente Vendola» per una durissima contestazione: «Tenga presente che un suo post come quello sopra rende benissimo l’ idea del perché ci troviamo con Berlusconi al governo e ancora non ne veniamo fuori». C’ è chi entra nel merito delle scelte di Vendola proprio in materia informatica, per esempio Marco Furia: «La cosa ridicola è che Vendola ha dichiarato di essere a favore dell’ open source quando invece ha stipulato una convenzione per la Regione Puglia con Microsoft!!! Chiaro???». Claudio Bacchetti invece si dichiara semplicemente «d’ accordo con Vendola». Anche Matteo Rapone appoggia Vendola e contesta anche gli spazi irregolari usati da Sel di Roma: «Vorrei i nomi degli autori dell’ iniziativa e vorrei anche che si autosospendessero dal partito. Se fossi iscritto nella sede romana, nonostante l’ intervento di Vendola, avrei dato indietro la tessera. È una caduta di stile e una str…, a prescindere di come la si pensi su Jobs. Tanto più che i manifesti sono anche abusivi, che schifo!». Forse Vendola non si aspettava di sentirsi accusato, proprio lui, di passatismo. E invece, ecco Gianfranco Ciavarella: «Delle volte sei afasico, pesante, vecchio! Software libero? Va benissimo esattamente come va benissimo essere liberi di acquistare quello di Jobs, non credi? Battaglie dell’ Ottocento esattamente come quelle della Confindustria. Siete l’ uno il negativo dell’ altra». Fabrizio Benassi implora l’ indicazione di altri modelli: «Ditemi allora un’ icona di sinistra, che sia però costruttiva e propositiva e che non nasca e non sia solo il figlio illegittimo del “cattivo” di turno. Forse Carlin Petrini. Per le altre icone candidate si accettano suggerimenti…».