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Archivio per il Tag »sindacato«

→  ottobre 11, 2011


dalla rubrica Peccati Capitali

Qualcuno, a Roma, ha fotografato autisti dell’ATAC mentre parlano col telefonino, e ha sporto denuncia: ma come, se lo faccio alla guida della mia 500 in autostrada perdo 5 punti, se lo fa chi conduce un autobus snodato con cento persone a bordo in mezzo al traffico, niente? Un finimondo: i sindacati – FILT Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Fit trasporti – la chiamano persecuzione, “video, denunce, querele, aggressioni fisiche e verbali si susseguono ogni giorno”. Invocano la legge: l’art 173 commi 2 e 3 del codice della strada esonera dal divieto le forze armate, e l’art 138 comma 11 anche i conducenti di veicoli adibiti al trasporto pubblico. E a loro volta denunciano gli “Zorro conterranei, i giustizieri” col videofonino.

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→  gennaio 8, 2011


Dal PD ostaggio della Cgil, ai partiti che condizionano gli operai.

In primo luogo, e a prima vista, il “caso Fiat” è essenzialmente una questione sindacale: CISL e UIL contrapposte frontalmente a FIOM, CGIL impegnata nell’acrobatico esercizio di distinguersi da questa senza uniformarsi a quelle e i partiti nel tentativo di dare una risposta politica ai problemi che il “caso” ha sollevato. Ma é davvero questa la dinamica della vicenda? Per quanto riguarda il PD, i problemi del ciclone Marchionne si abbattono sul partito in un momento particolarmente critico: la questione sindacale funge da detonatore di una partita politica. Sostenere che alla base dell’irrigidimento della FIOM ci sia il disegno politico di far precipitare l’evoluzione del PD, di arrivare allo show down tra chi vorrebbe spostare il partito a sinistra e chi invece vede nel centro i suoi naturali alleati, è probabilmente azzardato. Ma è certo che, “oggettivamente”, esso agisce in quella direzione.

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→  settembre 2, 2010



di Innocenzo Cipolletta

Tra le vittime della vicenda Fiat di Pomigliano c’è sicuramente il ricorso ad accordi sindacali separati, che nel corso degli ultimi dieci anni ha caratterizzato le relazioni industriali italiane. Senza un sistema di regole sulla rappresentanza, gli accordi sindacali separati finiscono per essere non gestibili o non applicabili.
Se l’accordo non coinvolge tutte le parti, è necessario disporre di un sistema di regole che verifichi le rappresentanze, determini chi abbia diritto a negoziare e definisca le modalità di approvazione e di applicazione dei contenuti del negoziato verso tutti i lavoratori.

Invece, fino ad oggi, l’applicazione degli accordi sindacali è rimasta alla prassi che si era consolidata quando non c’erano accordi separati.

Ne può essere considerato un precursore l’unico accordo separato che venne effettivamente applicato nel passato, quello sulla predeterminazione della scala mobile nel 1984. Infatti quello fu un accordo tra governo da una parte e Confindustria, Cisl e Uil dall’altra, con l’esclusione della Cgil. La particolarità di quell’accordo era che il governo aveva la capacità di emanare una legge per ratificarlo e renderlo applicabile a tutti. Per questo venne tentato un referendum abrogativo nel 1985, dove vinsero i no e sancirono definitivamente la validità dell’accordo.

Ma le parti sociali non hanno capacità legislativa. Fiat, Confindustria, Cisl o Uil non possono fare una legge per dare validità erga omnes ai loro accordi. Possono tentare di applicare gli accordi separati, ma devono accettare il rischio di contestazioni. Se non ci sono regole chiare per l’applicazione dei contratti, gli accordi vanno ricercati con tutte le sigle sindacali che hanno un peso rilevante nelle aziende. È questa la sola garanzia che poi essi possano essere applicati.

Come ha ricordato Franco Debenedetti su questo giornale (il 24 agosto) occorre definire regole per le deroghe ai contratti nazionali e per l’applicazione delle clausole di tregua al fine di rendere applicabile l’accordo di Pomigliano. In assenza di queste norme è bene ricercare un accordo con tutte le sigle sindacali, come è sperabile che avvenga presto, a interesse del paese e dei lavoratori coinvolti.

La positiva risposta dell’amministratore delegato della Fiat e del segretario della Cgil alla sollecitazione del presidente Napolitano a riprendere il dialogo rappresenta forse l’ultima speranza che questa vicenda si chiuda positivamente, senza nessuno che si senta sconfitto.
Nel passato, ossia negli ultimi decenni del secolo ormai trascorso, la pratica della ricerca di un accordo con tutte le principali sigle sindacali era la norma. Essa poteva essere lunga e defatigante, ma alla fine portava a risultati positivi. È con essa che è stata eliminata la scala mobile nel 1993, ciò che ha definitivamente portato nel futuro le relazioni industriali italiane.
Occorre sottolineare che la ricerca di un accordo con tutte le parti non dava a nessuna di esse il diritto di veto, come banalmente qualcuno ha affermato. Al contrario, poiché si trattava di decidere su questioni rilevanti per i soggetti coinvolti (lavoratori e imprese), le parti erano caricate della responsabilità di non trascinare i negoziati oltre certi limiti.

Anche le parti più estremiste alla fine cedevano, magari scaricando sugli alleati più malleabili la responsabilità di aver dovuto “mollare” su specifici temi. Ma questa è, da sempre, la logica dei negoziati, dove c’è chi è più pronto a chiudere e chi non vorrebbe terminare mai.

Aver dato luogo alla pratica degli accordi separati ha tolto ai più litigiosi la responsabilità di bloccare una trattativa che riguarda più persone. Questo ha finito per esaltare la loro capacità di resistenza, certi che comunque non impediranno un accordo che comunque verrà fatto senza di loro. Così gli accordi si firmano più rapidamente “solo con chi ci sta”, ma il risultato è quello di aver creato incertezza e distrutto le basi per futuri accordi.

In queste condizioni, le strade sono due. O si torna a negoziare con tutti, oppure si stabiliscono norme precise per valutare il peso specifico delle rappresentanze sindacali e procedure certe per l’applicazione degli accordi negoziati con una parte dei lavoratori rappresentati.

In parlamento già ci sono progetti di legge pronti per essere discussi e approvati. Ultimi quelli del senatore Pietro Ichino che ha proposto un testo organico per una semplificazione del diritto al lavoro (Dl n. 1.872 del novembre 2009) e norme specifiche per consentire una deroga ai contratti nazionali e l’applicazione della clausola di tregua anche ai lavoratori come singoli, in assenza di un accordo tra le parti che regoli il tutto (aprile 2010).

Queste norme potrebbero essere approvate in tempi brevi, se le parti interessate facessero sentire la loro voce. Ciò che è strano in questa vicenda è che le parti che più hanno fatto ricorso ad accordi separati in questi anni non siano affatto quelle più attive per far approvare queste norme sulla rappresentanza. E questo getta una strana luce sulla possibilità di perseguire anche in futuro accordi separati.

ARTICOLI CORRELATI
Senza tregua non c’é crescita
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 24 agosto 2010

→  agosto 31, 2010


Lo psicoromanzo Fiat.

Caro Direttore,

Si nasconde un’ambiguità di fondo nell’usurato adagio, secondo cui ciò che è bene per la Fiat (o per GM) è bene per il Paese, tant’è che la frase la si può anche girare al contrario. Che cosa viene prima? E’ il bene dell’azienda a produrre quello del Paese o viceversa? Questa ambiguità può dar ragione a Sergio Marchionne dei malintesi, anche illustri, che hanno indotto a considerare alla stessa stregua due episodi, Melfi e Pomigliano, che sono invece di natura affatto diversa.

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→  agosto 24, 2010


Da Pomigliano a Melfi: Il Governo non vuol sentir parlare di una riforma. L’opposizione pare trovare conveniente lo stallo per non perdere voti a sinistra.

La clausola si può regolare per legge, come avvenuto nei servizi pubblici, oppure grazie a un accordo interconfederale firmato anche da Fiom-Cgil.

Sono un imprenditore, il mio mestiere è correre il rischio dell’investimento, la mia responsabilità è ridurre quanto possibile le incertezze sul suo impiego effettivo; stipulo, con un sindacato che rappresenta la maggioranza dei lavoratori, un contratto che prevede misure efficaci contro l’assenteismo abusivo e definisce il quadro entro cui si esercita il diritto di sciopero: che garanzie ho che il contratto venga rispettato? Oggi, in Italia, la risposta è: nessuna.

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→  agosto 23, 2010



di Pietro Ichino

Il nodo è il rischio di paralisi del progetto per il veto di un sindacato minoritario

Caro direttore,

è davvero difficile capire il comportamento della Fiat a Melfi. Questo scontro sulla reintegrazione dei tre lavoratori licenziati pone al centro del dibattito una scelta nella quale l’azienda ha probabilmente torto, perché l’ordinanza cautelare del giudice deve essere rispettata integralmente, anche se la si ritiene sbagliata. Lo scontro di Melfi distoglie invece l’attenzione dell’opinione pubblica dalle questioni assai più importanti sollevate – con piena ragione, queste – dall’amministratore delegato della Fiat, quando ha proposto al nostro Paese il suo colossale piano industriale.

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