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Archivio per il Tag »regolamentazione«

→  settembre 13, 2019


Fake news, hate speech, interferenze sulla sicurezza nazionale: quando i Big Tech fanno male. Ma una regolamentazione privata dei contenuti è preferibile a una pubblica

Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che proibiscano di professarla liberamente, o che limitino la libertà di parola o di stampa, o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti”.

Il Primo Emendamento della Costituzione americana sancisce l’inviolabilità della libertà di parola; parola è la “materia” di cui sono fatti i social media. Questa intersezione, tra il pilastro su cui si fondano la società e la cultura americana e il nuovo prodotto dell’industria e della tecnologia americana, è stata cruciale per il formarsi dei social media e per le decisioni su come regolamentarli; consente anche di capire il diverso sviluppo che essi hanno avuto in Usa e nell’Unione europea.

Oggi i social media sono al centro di molteplici accuse: di favorire una parte politica rispetto a un’altra, di essere strumento di interferenze straniere nelle elezioni, di non eliminare messaggi che diffondono odio e falsità, di intrappolare i loro utenti in bolle cognitive. Donde le richieste che un intervento governativo ne regolamenti i contenuti. John Samples, in un paper per il Cato Institute (“Why the Government Should Not Regulate Content Moderation of Social media, Policy Analysis”, Cato Institute, 9 aprile 2019, nr. 865) approfondisce le implicazioni giuridiche del testo costituzionale, e ne deriva una conclusione che suona eretica nel nostro discorso politico: che è preferibile il controllo privato della parola, e che i tentativi di un controllo pubblico normalmente falliscono; per cui è bene che a controllare i contenuti siano soggetti privati e non funzionari pubblici.

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→  luglio 6, 2010



estratto da una recensione di Giorgio Basevi

Al tema generale proposto l’anno scorso per le serate sui classici –Il dio denaro— si potevano dare almeno due impostazioni: una relativa al significato etico-filosofico che i classici attribuivano al denaro, l’altra a quello più propriamente tecnico-economico.
La relazione di Debenedetti, ispirata all’attuale crisi finanziaria internazionale, solleva un tema, fra gli altri, cioè quello della regolamentazione e sorveglianza dei mercati finanziari. Debenedetti non è particolarmente favorevole a tale regolamentazione, timoroso che essa possa soffocare il funzionamento dei mercati.

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→  ottobre 10, 1995


Il ministro delle Poste Gambino ha consegnato il disegno di legge che dovrebbe liberalizzare le Tlc. Quale ne è la filosofia di fondo? «Ci si rende conto – si legge nella relazione – che si tratta di norme di particolare vincolo allo sviluppo integrato dei vari settori della comunicazione. Tuttavia sia il parlamento che questo governo ritengono che nell’attuale assetto del mercato della comunicazione sia necessario evitare il formarsi o il consolidarsi di posizioni dominanti». La frase rivela un errore concettuale: Gambino, col pretesto di evitare il rafforzarsi di posizioni dominanti, consente la convergenza tra telefono e Tv solo a soggetti condannati, per i limiti posti dalle legge, a non poter mai competere con il monopolista: che così viene protetto.

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→  febbraio 3, 1995


Un qualunque ragionamento sui media finisce, quando non incomincia, con un richiamo, solenne o appassionato, all’obbiettività nel dare le notizie. Discorso antico: Umberto Eco, parlando martedì sera, ospite della Presidenza del Senato, su “Stampa e mondo politico oggi” ricordava come il tema fosse stato oggetto di un convegno ancora negli anni 60: l’unica notizia obbiettiva, si diceva già allora, sarebbe il bollettino meteorologico; la selezione stessa delle notizie da dare, il giustapporlo nell’impaginazione determinano il modo con il quale la notizia viene percepita; all’estremo opposto la sovrabbondanza delle informazioni ne determina praticamente una casuale selezione. Si dimostra così come sia impossibile realizzare quell’imparzialità e obbiettività che pure costituisce, nella mente di tanti, il punto ideale cui dovrebbe tendere l’informazione.

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