→ luglio 7, 2016
Al direttore.
Come se non bastassero quelli economici, sono politici i rischi che la questione bancaria sta facendo correre a Renzi. Se vuole avere l’esenzione dal bail-in dovrebbe sostenere che la crisi minaccia la stabilità finanziaria del paese: siccome la crisi non può essere il Brexit, che è a ogni evidenza una crisi sistemica, questo equivarrebbe a dire che è l’intero sistema bancario italiano a rischiare di essere trascinato a fondo dalla crisi di Montepaschi.
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→ luglio 2, 2016
Al direttore.
Il sentimento negativo sul referendum è dovuto soprattutto all’Italicum: non potendo votarci contro, gli elettori si rifaranno su Senato e Titolo V. Ma col prevalere del No si aprirebbe un percorso pressoché obbligato: il Senato resterebbe con la legge elettorale proporzionale di prima del 1993, la Camera avrebbe l’Italicum maggioritario della discordia. Renzi, se battuto, si dimette; Mattarella, constatato che due Camere elette con due sistemi elettorali opposti sono a cronico rischio di ingovernabilità, incarica il presidente del Senato di formare un governo che vari una legge al posto dell’Italicum. Che fatalmente sarà il proporzionale puro dettato dalla Corte costituzionale nel 2013: il Consultellum. Leggi proporzionali in generale non producono governi stabili, con l’attuale quadro politico l’instabilità sarebbe una certezza. E di conseguenza il crollo di fiducia dei mercati. Però Renzi non vuole sentir parlare di modificare l’Italicum, e non gli si può dar torto: sarebbe manifestazione di debolezza, ed è dubbio se cambiando guadagnerebbe più voti di quelli che perde.
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→ giugno 14, 2016
Il convegno su “Antonio Maccanico e il dibattito costituzionale”, tenutosi a Roma la scorsa settimana, a dieci anni dalla pubblicazione della raccolta delle sue riflessioni sul tema, è stata l’occasione per illustrare continuità e differenze riguardo a problemi presenti nel dibattito politico fin dalla promulgazione della Carta nel 1948. Cresciuti di importanza col passare degli anni e del succedersi degli infruttuosi tentativi di risolverla, sono diventati dominanti con l’avvicinarsi di ottobre, quando il popolo italiano dovrà esprimersi sul progetto di riforma che Matteo Renzi è riuscito a far approvare dal Parlamento. C’è stato chi (Giorgio La Malfa) ha visto nell’iniziativa l’indebito tentativo di arruolare alla causa del “sì” chi ha combattuto altre battaglie; è stata invece l’occasione per riscoprire le radici delle questioni di cui si tratta.
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→ luglio 7, 2015
Tutto sommato meglio così. Con un “sì” stiracchiato a un quesito mal posto, oggi staremmo a elucubrare su sviluppi politici, dimissioni, rimpasti, elezioni, coalizioni. La scelta del popolo greco è per tutti una scelta di fare chiarezza. Da oggi pensare all’euro e pensare alla Grecia sono due cose, entrambe necessarie ma distinte.
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→ giugno 14, 2011
Il quorum c’è stato, l’astensione non è bastata, i referendum sono passati. Ma con i numeri sono venute alla luce del sole le mistificazioni: ora le cose non saranno più facili, ma almeno sono più chiare.
Si parla di referendum, ma si intendono quelli sull’acqua. Infatti il risultato di quello sul legittimo impedimento era sostanzialmente indifferente perfino all’unico interessato. Quello sul nucleare per diversi anni non cambia nulla sul piano pratico (chi avrebbe comunque osato proporci di impiantare centrali che non abbiamo quando Angela Merkel decide di spegnere quelle che ha?): l’unica cosa che potevamo fare era un po’ di ricerca, e questa ce la precludiamo. Già importiamo tecnologia del solare e dell’eolico, vorrà dire che, quando ci si accorgerà che dell’atomo non si può fare a meno, importeremo anche quella del nucleare.
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→ giugno 10, 2011
Chissà perché non votare ai referendum sarebbe poco leale, una cosa al limite del lecito, magari da fare, certo da non dire. La soglia del 50% più un voto non è come l’asticella del salto in alto, messa lì per essere superata.
Se è la legge a stabilire una soglia, le conseguenze di starci sopra o sotto sono entrambe previste ed entrambe legittime: buoni cittadini sono gli elettori che votano tanto quanto quelli che non votano. Far mancare il numero legale è pratica corrente in assemblee societarie e in sedute parlamentari. Al Senato, non partecipare al voto ha un significato, è il modo per manifestare che ci si vuole astenere: è solo la conseguenza della regola per cui un provvedimento diventa legge dello Stato solo se ha la maggioranza dei voti a favore.
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