Archivio per il Tag »public company«
→ luglio 27, 2004
La public company e i suoi nemici
di Mark J. Roe
Prefazione di Franco Debenedetti
Il Sole 24 Ore S.p.a., 2004
pp. 309
Le società a proprietà diffusa sono uno strumento potente per la creazione e la distribuzione della ricchezza. Ma esse sembrano essere una caratteristica del solo mondo anglosassone. Capire quali sono le condizioni che ostacolano e quali quelle che favoriscono il loro formarsi è questione politica della massima importanza.
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→ marzo 8, 2003
Capitalismo e mercato
Perché in Italia non riescono ad affermarsi le public company? Realizzando la separazione tra proprietà e controllo, consentono di superare i limiti che la disponibilità di risorse del controllante pone alla crescita dell’impresa. Capire perchè a noi manchi questo strumento di sviluppo, è quindi pertinente al tema della competitività, che è il centro dell’intervista del Presidente di Confindustria. La spiegazione va cercata nella politica – sostiene Marc Roe nel suo ultimo libro, Political Determinants of Corporate Governance (Oxford University Press, 2003) – nel modo in cui essa influenza i rapporti tra sistemi legislativi, concorrenzialità dei mercati, e struttura d’impresa.
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→ giugno 25, 2000
«Not with a bang but with a whimper», non con un botto ma con un sospiro. Il famoso verso di T.S. Eliot ben si addice alla fine dell’Iri: venduto quanto era vendibile, passato al Tesoro quanto si continua a considerare strategico, rinviato quanto non si è riuscito a risolvere, ora inizia la lunghissima dissolvenza della liquidazione.
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→ marzo 30, 2000
“Nella vicenda Fiat Gm, ha avuto un ruolo importante la consapevolezza di appartenere a una comunità e di assolvere anche a un dovere sociale. Certamente per una public company quei valori non avrebbero contato”. Se avesse letto questa frase di Sergio Cofferati (Era ciò che aspettavamo, La Stampa del 15 Marzo) un sorriso divertito avrebbe illuminato gli occhi vivaci del mio amico Mark Roe. In quella frase Mark che insegna diritto societario alla Columbia Law School, ed il cui Manager forti, azionisti deboli (ed. Il Sole 24 Ore) é famoso anche da noi, tanto da essere più citato che letto avrebbe trovato conferma alla sua tesi dalla incompatibilità tra public company e socialdemocrazia, e delle ragioni per cui in Francia e Italia persiste il modello del capitalismo familiare.
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→ aprile 13, 1999
A sentire le opinioni che incominciano a circolare e a cui Massimo Riva dà voce nel suo articolo di sabato (Se la moneta cattiva scaccia la buona, «la Repubblica» del 10 aprile) la colpa di Colaninno e soci sarebbe quella di avere traviato con il cattivo esempio Franco Bernabè e il vertice Telecom, inducendoli a seguirne l’esempio sulla «sciagurata rincorsa all’indebitamento».
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→ gennaio 10, 1998
Non e’ affatto detto che un libro intitolato ” Strong managers, weak owners” inviti ad “accettare la formula manager forti, ossia indipendenti, e padroni deboli, ossia discreti, che li lasciano lavorare”, come scrive Bernardo Valli a conclusione del suo “Viaggio tra gli imprenditori” ( Repubblica del 5 Gennaio): in modo opposto la pensa infatti l’autore del libro, Mark J. Roe.
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