Archivio per il Tag »privacy«
→ aprile 22, 2020
di Franco Debenedetti, Fabrizio Davide, Francesco Vatalaro e Alessandro Vizzarri
L’idea della app sul modello Singapore non è male, ma il nostro stato è all’altezza? Dubbi e spunti
Il tracciamento dei contatti e l’analisi dei dati promette di essere uno strumento efficace nel contenimento della pandemia di coronavirus. Sta contribuendo positivamente in Estremo Oriente e, in particolare, il modello sviluppato a Singapore ha attirato in Occidente l’attenzione per le sue proprietà che bilanciano efficacia e rispetto della privacy. Diversi Paesi europei stanno lavorando per procurarsi una soluzione tecnologica in tempi brevi ed è certo una buona notizia che anche l’Italia abbia imboccato con decisione questa strada. Per il successo di questa iniziativa, tuttavia, non solo si richiede un notevole sforzo organizzativo delle pubbliche amministrazioni, ma anche l’adesione convinta dei singoli cittadini e l’impegno di imprese e organizzazioni private. Non ci si può permettere di sbagliare: il senso civico, dimostrato in modo così sorprendente in tutto il Paese, pur scosso da questa grande tragedia, volgerebbe facilmente in sfiducia proprio nel momento in cui c’è bisogno di rimettere in moto le energie di tutti per la ripresa economica e la ricostruzione del tessuto sociale. E’ in questo spirito che si fanno le considerazioni che seguono.
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→ aprile 22, 2020
di Franco Debenedetti, Fabrizio Davide, Francesco Vatalaro e Alessandro Vizzarri
L’idea della app sul modello Singapore non è male, ma il nostro stato è all’altezza? Dubbi e spunti
Il tracciamento dei contatti e l’analisi dei dati promette di essere uno strumento efficace nel contenimento della pandemia di coronavirus: il modello sviluppato a Singapore ha attirato l’attenzione per le sue proprietà che bilanciano efficacia e rispetto della privacy. Esso tuttavia, in Europa, richiede non solo adesione convinta dei cittadini ma anche coordinamento internazionale ed efficienza delle pubbliche amministrazioni nazionali.
La Commissione europea si è attivata per tempo e il 15 aprile ha pubblicato un documento di policy redatto da “e-Health network”, la rete che collega le autorità nazionali responsabili dell’assistenza sanitaria online, istituita ai sensi della direttiva 2011/24/UE. Nelle indicazioni che questa ha fornito sulle applicazioni mobili in supporto al contact tracing, al primo posto c’è l’interoperabilità delle soluzioni adottate. Anche in Italia dunque, sarebbe opportuno, senza pretesa di innovare, esaminare le tecnologie già in campo o in avanzato sviluppo e adottare quella con la maggiore probabilità di successo.
Il documento di Bruxelles ricorda che il 10 aprile Google e Apple hanno annunciato un’iniziativa congiunta di contact tracing che porterà nel mese di maggio al lancio di un applicativo che mira all’interoperabilità tra telefoni mobili Android e iOS, e nei prossimi mesi l’inserimento della funzionalità negli stessi sistemi operativi.
Ad ogni evidenza, si tratta di una soluzione che assicura universalità, evoluzione e manutenzione certa nel tempo. Entrambi i sistemi operativi già consentono, previo consenso, la localizzazione degli spostamenti tramite GPS, funzionalità indispensabile in questo caso e che il Garante della privacy nell’audizione alla Camera dei Deputati dell’8 aprile non ha escluso, purché impiegata nel rispetto dell’anonimato. Il suo impiego distribuito nei dispositivi d’utente, comunicando i dati volontariamente, consentirebbe la tracciatura immediatamente utilizzabile per la rivelazione dell’insorgenza di nuovi focolai di infezione.
Il Garante della privacy ha anche ricordato che, per l’efficacia, si stima occorra un’adesione minima del 60%, una percentuale altissima: anche per questo è necessario affidarsi ad una soluzione in sviluppo e di prevedibile alto grado di adozione. Avendo optato per la volontarietà dell’adesione, ciò potrebbe non bastare; si potrebbe pensare ad incentivi a carico dello Stato e a beneficio dei cittadini che la adottano, dai Giga di traffico dati, alle ricariche telefoniche, a partnership con i gestori telefonici e con imprese over-the-top.
Entro la fine aprile, se risulteranno positivi i chiarimenti che la Commissione ha richiesto a Google e Apple, si dovrebbe abbracciare questa soluzione, mettendo da parte quelle nazionali o regionali.
Sarebbe però un errore pensare che sia l’applicativo il “cuore” della soluzione. Per raggiungere lo scopo, individuare con tempestività da un lato le persone infette da inviare in quarantena, e dall’altro i potenziali contagiati per verificarne lo stato di salute, bisogna che esista e sia funzionante un sistema messo in campo in tempi brevi dal Servizio Sanitario Nazionale. Esso tra l’altro dipende dalla gestione dei tamponi, che sinora si è dimostrata problematica.
Serve una macchina organizzativa molto complessa, provvista di grande impegno umano unito a solida professionalità. La procedura di tracciamento dei contatti, come raccomanda l’agenzia di prevenzione europea ECDC, richiede che la lista dei contatti di una persona trovata positiva sia elaborata attentamente, senza che, ad esempio, vi siano invii automatici di messaggi. E’ richiesto un lavoro simile a quello investigativo, che riconcili il numero del telefono cellulare individuato automaticamente con la reale identità del contatto, verifichi l’attendibilità del dato e dia seguito con chiare istruzioni impartite a voce. Il tutto dovrà essere svolto da personale che ne ha l’autorità. Non sappiamo in che misura siano già state preparate le strutture del SSN atte a svolgere questo lavoro, che si aggiunge all’erogazione dei tamponi ed alla gestione degli isolamenti.
È un problema di processi, che non possono essere lasciati all’improvvisazione. Pensiamo solo al flusso che riguarda l’evento di un nuovo tampone positivo per un utente della app. La comunicazione di ogni nuovo caso positivo va inviata in tempo reale al gestore di servizio della app, il quale dovrà estrarre dal sistema la lista dei contatti del nuovo caso di infezione, il tutto nel rispetto di tutte le regole di protezione dei dati e dell’identità personale. Giacché i contatti della lista saranno persone che possono risiedere in tutto il territorio nazionale (o addirittura in altri paesi europei) il gestore deve indirizzare la comunicazione alla sola regione di competenza o meglio alla specifica ASL di competenza territoriale, per rendere più rapide le azioni successive.
Anche per l’alta complessità e la grande dimensione dei processi è necessario che la componente tecnologica sia acquisita da chi dà una assoluta garanzia del risultato, consentendo di concentrare tutti gli sforzi su ciò che si dovrà organizzare a livello nazionale e regionale.
→ agosto 14, 2019
Philip Stephens is correct: there is certainly no bigger mistake than to confuse cause and effect (“Europe must set its own digital rules”, August 9). But if Europe lags behind the US in the knowledge economy, and now in the race for artificial intelligence, that is the cause of its lacking “companies of sufficient scale to compete with the Americans”, of its struggling “to nurture a culture of innovation”, and of not producing “enough top-flight computer scientists”; in no way can it be the effect. Companies don’t grow, and people don’t choose, in a vacuum.
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→ marzo 29, 2018
Adesso che si è mossa la Federal Trade Commission, la vicenda Facebook si è istituzionalizzata e prende un indirizzo preciso. L’ufficio per la protezione dei consumatori ha reso noto che prende molto sul serio le notizie stampa che sollevano forti preoccupazioni su come Facebook protegge la privacy, e che ha iniziato un’indagine non pubblica sulle pratiche adottate dall’azienda. Sarà particolarmente severa, dato che a Facebook erano già stati imposti provvedimenti. Finora invece la vicenda era stata descritta nei modi più disparati. “Scandalo”, il più frequentato, una valutazione morale che nulla dice della causa. “Sfruttamento dei dati personali”, con riferimento alla polemica sul loro valore venale. “Pericolo per la democrazia” per il (reale? potenziale?) potere dei messaggi. “Fallimento”, come sulla copertina dell’Economist, per la perdita in valore delle azioni del gigante di Menlo Park. E l’onnicomprensivo “BAADD” (Big, Anti-competitive, Addictive and Destructive to Democracy), buono per tutti i BigTech. Adesso si sa di che si parla: di possibile lesione dei diritti di privacy dei consumatori, in questo caso di social media.
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→ marzo 28, 2013
Era contenuto nel decreto SalvaItalia del governo Monti l’obbligo di comunicare all’agenzia delle entrate tutti i dati su conti correnti, movimentazioni, investimenti, carte di credito, cassette di sicurezza: allora l’emergenza era economica e finanziaria. Il decreto diventa esecutivo oggi, quando l’Italia sta attraversando un’altra emergenza, di natura politica. Il provvedimento evidentemente è volto al contrasto all’evasione: aumenteremo del 30% il gettito, promette Attilio Befera. Ma l’evasione fiscale è “emersa” da tempo immemorabile: non è un’emergenza, è una cronicità. Se fosse mirato all’emergenza, il decreto sarebbe a tempo: invece è permanente. E’ quindi permanente anche il cambiamento che esso introduce nel rapporto tra stato e cittadini: questo è oggetto per eccellenza della politica, ed è quindi per gli aspetti politici che il decreto va esaminato.
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→ agosto 18, 2011
di Albert-Lászlo Barabási
“Oggi quasi tutto ciò che facciamo lascia briciole digitali in qualche database. [...] Certo, l’esistenza di queste registrazioni solleva questioni enormi legate alla privacy, un problema di estrema importanza. Ma crea anche un’opportunità storica, offrendo per la prima volta dati oggettivi con un livello di dettagli senza precedenti sul comportamento non di un singolo, ma di milioni di individui. Negli ultimi anni questi database sono finiti in laboratori di ricerca di vario genere, dove informatici, fisici, matematici, sociologi, psicologi ed economisti hanno potuto analizzarli con l’aiuto di potenti computer e di una vasta schiera di nuove tecnologie. Le conclusioni sono mozzafiato: i dati dimostrano in modo convincente che la maggior parte delle nostre azioni è guidata da leggi, schemi e meccanismi che in quanto a riproducibilità e capacità predittiva uguagliano quelli individuati nelle scienze naturali. [...] Seguendo le tracce di queste scoperte arriveremo a considerare i ritmi della vita come segni di un ordine più profondo che caratterizza il comportamento umano, ordine che può essere esplorato, previsto e senza dubbio sfruttato. [...] Più a fondo le esamineremo, più sarà evidente che le azioni umane seguono schemi semplici e riproducibili, governati da leggi di vasta portata. Dimenticate il lancio dei dadi e le scatole di cioccolatini come metafore della vita. Pensatevi come un robot sognante guidato dal pilota automatico e sarete molto più vicini alla verità”.
Lampi
di Albert-Lászlo Barabási
Einaudi, 2011, pp. 324