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→  marzo 24, 2013


Perché tirarla fuori adesso? La tesi della ineleggibilità di Berlusconi è in circolazione da diciannove anni, è stata confutata in diritto, respinta in Parlamento, superata nell’urna. In 7 elezioni politiche, milioni e milioni di italiani hanno trovato il nome di Berlusconi sulla scheda, e circa la metà di loro l’ha votato: tirarla fuori oggi è come accusare Romita dei brogli nel referendum del 1946. Se fossero solo gli irriducibili sodali di Micromega, li si guarderebbe come gli orleanisti dei salotti du coté des Guermantes. Ma quando si legge che anche un personaggio come Luigi Zanda si è unito all’appello, vien da chiedersi: perché adesso? Perché una persona come lui, abbastanza moderata e molto navigata, appena nominato capogruppo del PD al Senato, si sente in dovere di aderire a una proposta così bislacca?

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→  marzo 19, 2013


Decidere di fare il bail out; di non attivare il meccanismo dell’ESM; di farne invece pagare il costo in buona parte ai clienti delle banche; o solo a quelli che hanno conti superiori ai 100.000 €; o un po’ meno sotto e un po’ di più sopra la soglia, variamente modulando entità del “prelievo di sangue” con entità del deposito.

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→  marzo 17, 2013


di Gianfranco Sabattini

Accettare i vincoli posti dai Paesi europei presunti virtuosi, non è servito a risolvere i problemi della società italiana.

Secondo Franco Debenedetti, noto esponente di una famiglia di imprenditori, ex vicepresidente e amministratore delegato dell’Olivetti, senatore per tre legislature eletto nelle liste del PDS e DS, attualmente membro autorevole di alcuni consigli di ammnistrazione, di fondazioni e istituti (Cir, Cofide, Piaggio, Fondazione Rodolfo Debenedetti, Istituto Bruno Leoni), in occasione delle elezioni politiche italiane 2013, dopo aver dichiarato una preferenza per il partito “Fare per Fermare il Declino”, ha dato alle stampe un pamphlet il cui titolo “Il peccato del professor Monti. L’Europa, i tecnici e le identità politiche degli italiani”, esprime esaustivamente il contenuto.

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→  marzo 14, 2013


Più che democrazia, ne sembra una parodia il metodo con cui nel M5S si sono selezionate le persone da mandare in Parlamento. La democrazia diretta, con cui il movimento vorrebbe sostituire quella rappresentativa, funziona con soddisfazione generale nei Paesi dell’Appenzell,(che però, a poca distanza, hanno le banche e gli gnomi di Zurigo). Ma come potrebbe funzionare quando venisse pantografata sul governo dell’ottava economia mondiale? ”

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→  marzo 7, 2013


Erano “discorsi seri a uomini faceti” quelli che Palmiro Togliatti rivolgeva al leader dell’Uomo Qualunque, Guglielmo Giannini, nel dicembre del 1946: “Qualcuno mi ha detto che [a lui] non conviene rispondere […] perché si tratta d’un commediografo e non di un uomo politico”. Altri tempi, altri comici, deve pensare il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani. Lui, per tenere insieme il partito, deve stare cocciutamente attaccato allo scoglio del suo esiguo vantaggio di voti, e non ammettere altre alternative: o me o si rivota. Il che, visto come stanno le cose, in realtà equivale a dire “o Grillo o si rivota”. Bersani è persona concreta e navigata, non può credere che offrendo di introdurre il reato di tortura o una legge sull’eutanasia – queste alcune delle proposte del produttore cinematografico Procacci – Beppe Grillo gli dia i voti che gli mancano: avrà invece cercato di rappresentarsi quali sono gli interessi veri del leader di M5s e immaginato come soddisfarli.

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→  marzo 1, 2013


Intervista di Matteo Rigamonti

Intervista a Franco Debenedetti, che analizza il voto: «Bersani? Se l’obbiettivo è solo “smacchiare il giaguaro”, si fa la fine della “gioiosa macchina da guerra”».

«Il verdetto delle urne dimostra che se l’obbiettivo è solo “smacchiare il giaguaro”, si fa la fine della “gioiosa macchina da guerra”». Secondo Franco Debenedetti, a pesare nella disfatta del Pd è stata soprattutto la gestione un po’ “vecchio stile” del partito e delle primarie. Ma a fronte dell’affermazione decisa del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, a uscire con le ossa rotte dalle urne sono stati anche Berlusconi («c’è un limite a quello che si può ottenere con gli strumenti della comunicazione») e soprattutto Monti, che difficilmente avrà «la possibilità di rientrare nei giochi». Il premier uscente, afferma Debenedetti a tempi.it, ha commesso anche un “peccato capitale”, per dirla con il linguaggio del suo ultimo libro (Il peccato del professor Monti, edito da Marsilio Editori): inseguendo a tutti i costi la sostenibilità dei conti pubblici ha coltivato il suo «pregiudizio negativo verso la vita politica».

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