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→  aprile 15, 2009

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Oggi è la comunità nazionale che paga i danni delle catastrofi naturali, con la fiscalità generale, e a volte con tributi specifici; sovente paga anche gli ingenti utili che alcuni fanno con le catastrofi. Ma chi propone un’assicurazione obbligatoria contro questo tipo di danni, non lo fa per risolvere più equamente e limpidamente un problema distributivo. L’obbiettivo è quello di ridurre i costi, agendo alla loro origine.

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→  marzo 8, 2009

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Ricette anticrisi

In tutto il mondo, mentre i governanti si affannano sui modi con cui affrontare una crisi sempre più dilagante, altri guardano oltre, al “come eravamo” che l’ha causato, e al “come saremo” che avrà prodotto. Appartiene a questo filone di riflessioni il discorso tenuto mercoledì e giovedì scorso da Romano Prodi alla Taylor Institution di Oxford.

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→  febbraio 11, 2009

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Dopo le frasi su “Eluana ammazzata”

MILANO – la polemica scoppiata in Senato sulla morte di Eluana Englaro va oltre Palazzo

Madama. Arrivando ad incrinare i rapporti tra personaggi dei rispettivi schieramenti fino ad

oggi portati al dialogo e al rispetto reciproco.

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→  febbraio 11, 2009

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da Peccati Capitali

C’é rapporto tra Carlo De Benedetti che lascia gli incarichi operativi nelle aziende che ha creato, e il clima politico seguito alla grande crisi finanziaria? In una prima fase, anni ’70 e ’80, Carlo De Benedetti é stato il simbolo di un capitalismo nuovo per il nostro Paese, trasgressivo verso l’establishment dei salotti buoni e aggressivo nel cogliere le opportunità delle prime liberalizzazioni: chiamato a raddrizzare le Fiat, ne esce dopo 100 giorni sbattendo la porta, salva l’Olivetti, espugna in Francia la Valeo, sfida Craxi sulla Sme e Berlusconi in Mondadori, lancia un’OPA sul Credito Romagnolo, rompe con Omnitel il monopolio Telecom.

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→  febbraio 10, 2009

Roma, 10 febbraio 2009

Gaetano Quagliariello
Presidente Onorario
Fondazione Magna Carta, Roma

Caro Presidente onorario,

ieri sera sono rimasto sorpreso e colpito vedendo in televisione le tue reazioni alla notizia della morte di Eluana Englaro.

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→  febbraio 4, 2009

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di Gian Carlo Caselli

Molto si è scritto sul tema delle intercettazioni. In particolare sugli emendamenti del governo al progetto di legge ancora in discussione. Si sa, quindi, che mentre per mafia e terrorismo le intercettazioni richiederanno «sufficienti indizi di reato», per tutti gli altri delitti (dalla rapina all’omicidio, dal traffico di droga allo stupro, dalla corruzione all’aggiotaggio) occorreranno «gravi indizi di colpevolezza»: si potranno disporre intercettazioni solo se saranno già accertati i colpevoli. Ma se si conoscono i colpevoli, manca l’altro requisito richiesto dagli emendamenti (l’intercettazione è data «quando è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini»), per cui l’intercettazione non sarà mai data. Escluso il perimetro mafia-terrorismo, bloccando le intercettazioni in tutti gli altri casi, si sacrifica la sicurezza dei cittadini, la possibilità stessa di difenderli efficacemente dalle aggressioni d’ogni sorta di pericolosa delinquenza. Conviene?

Ma c’è un altro punto degli emendamenti governativi di cui meno si è parlato, mentre presenta anch’esso profili d’incongruenza: la disposizione relativa ai procedimenti contro ignoti, per i quali l’intercettazione dev’essere richiesta «dalla persona offesa, sulle utenze o nei luoghi nella disponibilità della stessa, al solo fine di identificare l’autore del reato». Prendiamo un caso tipico, il sequestro di persona a scopo di estorsione. Il sequestrato non potrà chiedere l’intercettazione del suo telefono; semmai lo potranno fare i familiari. Ma questi, per tutelare l’integrità del loro caro, potrebbero avere interesse a vedersela direttamente coi sequestratori con una trattativa privata, baipassando la polizia e la magistratura (soprattutto nei casi «di sequestri mordi e fuggi»). In tal modo sarebbe rimessa alla discrezionalità di un privato, scosso dal delitto che ha colpito la famiglia, la difficile scelta se mettere o no sotto controllo i suoi telefoni, che all’inizio dell’indagine sono di solito l’unica strada per non brancolare nel buio.

Anche le estorsioni danno quasi sempre vita, all’inizio, a procedimenti contro ignoti (pensiamo all’incendio doloso d’un negozio o cantiere, presumibile opera di un racket, che spesso non è mafia). La vittima, specie quella (statisticamente frequente) che fa di tutto per escludere ogni riferibilità a estorsioni, si guarderà bene dal chiedere che il suo telefono sia messo sotto controllo. Magari perché bloccato dalla paura degli estortori (che conosce o intuisce chi possano essere). Di nuovo: una scelta difficile, che potrebbe aprire l’unica via possibile all’accertamento della verità, rimessa a un privato. Mentre ci sono in giro gruppi di balordi o bande che praticano estorsioni e sequestri, delinquenti che occorre neutralizzare nell’interesse della sicurezza generale, oltre che dei singoli soggetti coinvolti (facilmente ricattabili dai delinquenti con minacce di ritorsioni in caso di collaborazione con le autorità). Può poi accadere che si sospetti qualcosa che porta all’ambiente di lavoro del sequestrato o dell’estorto (tipico il caso del dipendente infedele «basista»), ma senza la richiesta della vittima niente intercettazioni «nei luoghi di sua disponibilità». Non credo di esagerare dicendo che tanti gravi delitti potranno essere di fatto agevolati. Muovere in questa direzione, con il tanto parlare che si fa di sicurezza e tolleranza zero, mi sembra a dir poco paradossale.

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di Franco Debenedetti – La Stampa, 03 febbraio 2009

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di Luca Ricolfi – La Stampa, 31 gennaio 2009