→ luglio 25, 2013
Sono molti quelli che, pur professandosi estimatori di Matteo Renzi per le doti di comunicatore, per la franchezza, per il coraggio di attaccare i castelli (e i castellani) ideologici della sinistra, gli rimproverano di essere una pagina bianca e gli chiedono di riempirla: vuoi andare al Governo, per che fare? Renzi non risponde, e fa bene, non per prudenza, ma per chiarezza. Chi fa questa domanda si aspetta una risposta in termini di programmi, cioè di policy, mentre la domanda ha senso solo se viene posta in termini di visione, cioè di politics.
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→ maggio 9, 2013
Articolo di Marco Valerio Lo Prete
Per Franco Debenedetti, il governo Letta non si valuta dalle riforme ma dal ritorno di una dialettica normale
Ce la farà il governo Letta? Ce la faremo noi a tirarci fuori dalla crisi economica realizzando qualcosa di serio nei prossimi tre anni? Sì ce la faremo, risponde Franco Debenedetti, manager e già senatore dei Democratici di sinistra, a patto di non concentrarci freneticamente sul “che fare”, ma sul “come”. “Se il problema rimanesse la cosiddetta ‘agenda’ delle riforme, allora la priorità diventerebbe la sospensione della dialettica tra i partiti della maggioranza, Pd, Pdl e Scelta civica. Al contrario, quello che conta davvero per far invertire rotta al paese è riportare la dialettica tra le parti a una normalità europea e occidentale”.
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→ aprile 27, 2013
Caro Direttore,
Non è bastata la soddisfazione per l’incarico affidato ad un proprio esponente di punta a fare rientrare i contrasti all’interno del PD; essi restano un ostacolo sul cammino di Enrico Letta, e quindi sulla possibilità di trarre qualche risultato positivo da questa legislatura. All’origine di tutto ciò sta la mancanza nel PD di una forte identità condivisa. Un fatto conclamato, dopo le oscillazioni del Bersani “esploratore”, dopo i voti per Rodotà di Fabrizio Barca +7, le dichiarazioni di Rosy Bindi, le variazioni “alla turca”, dopo i distinguo, le riserve, i paletti che si sono manifestati in direzione.
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→ aprile 19, 2013
Un Parlamento spaccato in tre, sostanzialmente ingovernabile. Un partito, il Pd, che perfino i non simpatizzanti, ancora consideravano comunque affidabile e politicamente avveduto, lacerato da divisioni interne, attraversato da faglie che si intersecano, guidato in modo ad un tempo erratico e cocciuto. L’entrata in scena di una forza, il M5S, che programmaticamente si contrappone alla forma del sistema di rappresentanza parlamentare. Personaggi che hanno alle spalle una lunga storia politica e che accettano di essere candidati in base a sondaggi tra frequentatori di un web, non si sa quanti né come selezionati. E si potrebbe continuare, con lo sfarinamento di chi avrebbe dovuto rappresentare una soluzione nuove, e l’arroccarsi della destra. Questo mentre il Paese è nella situazione che conosciamo. Mai come adesso c’è stato da temere il peggio.
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→ aprile 16, 2013
Al direttore
A coloro che, incuranti del fatto che i calambour sui cognomi non sono eleganti, usano il titolo del già famoso romanzo di Jerome K. Jerome per almanaccare sulle nomenclature pd, suggerisco di non dimenticarne un pezzo: per non parlar del cane. Parentesi e punti esclamativi compresi.
→ aprile 15, 2013
Molti di coloro che hanno votato M5S avevano in passato votato PD. Constatazione ovvia, da qualche parte i voti persi dal PD devono pure essere andati. Ma che rivela una visione strabica dei flussi elettorali, perché conta solo quelli in uscita e non quelli in entrata. Dimentica cioè gli elettori che o non avrebbero votato, o avrebbero altrimenti votato, e che invece hanno scelto il PD ritenendolo lo strumento più affidabile per battere il grillismo.
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