Quasi tutti gli analisti politici sono critici verso Trump: chi per le sue menzogne inutili e indifendibili, chi per avere dilapidato in 17 giorni quello che l’America si era conquistata in 70 anni di soft power, chi per gli alleati ingiustamente umiliati (Messico) e i nemici spericolatamente corteggiati (Putin). Non così lo storico Niall Ferguson, che invece lo apprezza per la razionalità della sua geopolitica. Una considerazione che va presa molto sul serio: perché mentre in altri campi, dal bando agli immigrati alla guerra di dazi, ci resta la speranza che l’opposizione del suo partito e le reazioni del suo stesso popolo evitino disastri planetari, è difficile bloccare la visione strategica di un presidente.
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