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→  maggio 22, 2018


Quanti saranno quelli che domenica mattina hanno perso il treno? Chi, per viale Monza o per Melchiorre Gioia andava verso il centro, trovava tutti gli accessi verso la Stazione Centrale bloccati da auto della Polizia municipale, a protezione di una fiumana di magliette verdi con la scritta PoliMIRun. Non so quelli che hanno svoltato: chi, come me, ha seguito verso Sud ha dovuto andare oltre il Politecnico. Già su «la» maratona di Milano ci sarebbe da ridire: quella però è una manifestazione sportiva ben nota. Ma è lecito infliggere a decine di migliaia di cittadini fastidi così rilevanti per consentire ad alcune centinaia di persone di trotterellare o di camminare stringendo in un cerchio il centro della città? Quali esternalità positive lo giustificano? Per quelle negative, esistono modi almeno per ridurle. Potrebbe essere un ottimo paretiano lasciare in funzione i semafori ad alcuni incroci: si consentirebbe ai mezzi l’accesso al centro cittadino, si offrirebbe ai “maratoneti” la pausa di cui evidentemente necessitano. Ci sono certo tecnologie per indicare tempestivamente le deviazioni necessarie, e alla peggio ci son sempre i vecchi cartelli gialli. La soluzione radicale sarebbe far svolgere la manifestazione in parchi ameni: minore visibilità, ma anche minore pubblicità negativa, proprio a quelle competenze ingegneristiche di cui abbiamo tanto bisogno.

→  aprile 20, 2018


Al direttore.

Ci sarà poco da gridare “aiuto”, come ha scritto ieri, nel caso di un governo “macronista” tra Pd e M5s. Infatti le cose a cui il Pd dovrà dire no, il M5s le venderà ai suoi elettori come la prova provata di chi si oppone alla realizzazione dei loro fantastici programmi. E quello a cui inevitabilmente dovrà dir di sì, verrà acquisito da metà partito come sana correzione di presunti rigori. Così il paese perderà due volte: il M5s non sarà costretto a rendere conto delle sue menzogne, e il Pd avrà smarrito per strada la sua credibilità.

→  aprile 8, 2018


Caro Aldo,
naturale pensare che a indurre Cassa depositi e prestiti, i cui vertici sono, com’è noto, in scadenza, a un intervento così muscolare nella contesa tra due soggetti privati, ci sia il desiderio di disporre le vele per prendere il vento del nuovo clima politico che sta dilagando nel Paese. Se il risultato sarà separare la rete dell’«incumbent», e riunirla a «Open Fiber» sotto il controllo dello Stato, avremo ricostituito il monopolio, e ridotto Tim a una catena di negozi. Chi ha demonizzato quella della telefonia come la peggiore delle privatizzazioni, potrà essere fiero di ciò che ha ottenuto: la rete rinazionalizzata, e una delle nostre poche grandi aziende dissolta.

→  marzo 24, 2018


Grazie, signora Giulia. Non sa quante volte, l’ultima ieri pomeriggio, mi son detto “ma perché non avere la vecchia Rai Radio 5 e la sua musica?”: lei invece ha scritto “la rivoglio”. Avevo sospettato qualcosa un anno fa, cercando il palinesto (allora non conoscevo Shazam): l’avevano cambiato. Perché cambiare una cosa che funziona bene e a cui il cliente è abituato?

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→  marzo 3, 2018


Al direttore

Ieri ho preso la tessera del Pd. In questa desolante vigilia elettorale, una sola cosa positiva mi sembra da augurarsi: che il Pd prenda più voti.

→  febbraio 10, 2018


Al Direttore.

Ai primi di Gennaio Bill Emmott scrive per Project Syndicate: “The Bunga Bunga Party returns to Italy”. Berlusconi, spiega, potrebbe finire per essere il salvatore politico dell’Italia, non escludetelo. Però, posto di fronte all’alternativa scalfariana, chi sceglierebbe tra Berlusconi e Di Maio, risponde che “Se fossi costretto sceglierei Di Maio”. Ieri, sul Financial Times, in un articolo intitolato “Five Star is Italy’s equivalent to En Marche in France. The trouble is it lacks an Emmanuel Macron” spiega: è vero che “manca dell’esperienza, dell’abilità, e del savoir faire di Macron”; ma se dopo il 4 marzo, il solo governo possibile sarà quello espresso da una grande coalizione con Berlusconi come kingmaker, Di Maio potrà solo dare la colpa a se stesso: “Avrà fallito l’obiettivo di soddisfare i suoi elettori affamati di cambiamento e avrà fallito quello di salvare l’Italia”. Bill Emmott è il direttore dell’Economist che nel 2001 firmò la copertina che fece il giro del mondo: “Why Berlusconi is unfit to lead Italy”. Adesso sappiamo perché Bill Emmott è unfit a capire qualcosa di questo paese. E, in generale, di politica.

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