→ luglio 16, 1994

La politica economica del governo Ciampi era assolutamente corretta, ha avuto successo, e va coerentemente proseguita.
Chi autorevolmente lo afferma non è un’opposizione frustrata e nostalgica, ma il ministro delle Finanze del governo Berlusconi: è infatti quanto si ritrova nel documento di manovra economica varato ieri dal governo.
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→ febbraio 21, 1994

intervista di Alberto Papuzzi
«Io sono soltanto me stesso. Non sono l’aanti Berlusconi. Come potrei?». Il gran borghese Franco Debenedetti rifiuta le etichette e si irrita garbatamente se la sua candidatura nel polo progressista – collegio senatoriale numero 1 a Torino – viene messa in relazione con la rivalità tra Carlo Debenedetti, suo fratello, e Silvio Berlusconi, sua emittenza. Non è l’interprete di una guerra tra l’Ingegnere e il Cavaliere. «Però è vero – ammette – che la scesa in campo di Berlusconi mi ha dato ulteriori ragioni per essere nello schieramento progressista».
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→ febbraio 19, 1994

I disoccupati in Germania hanno superato il limite dei 4 milioni, il massimo livello dal dopoguerra, una cifra che, in valore assoluta, ricorda la grande depressione: la disoccupazione (come ha detto ieri Jacques Delors), è un problema europeo. E di natura strutturale: attiene allo sviluppo tecnologico, alla competitività della specializzazione tecnologica europea, alla globalizzazione dei mercati, all’apertura dei Paesi dell’Est, alle rigidità noir adattate la nostra struttura industriale e sociale alle dure nuove realtà.
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→ gennaio 24, 1994

Quanti posti di lavoro sarebbero sufficienti per fare i beni che oggi vengono prodotti, applicando il massimo livello di tecnologia disponibile? Il calcolo, per la Germania, porterebbe ad una disoccupazione del 38%: e per l’Italia non sarebbe probabilmente molto diverso. L’assurdità sta nel metodo o nell’impostazione concettuale con cui viene affrontato il problema della disoccupazione?
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→ dicembre 17, 1993

L’aumento prepotente delle nascite di figli illegittimi, cioè venuti al mondo al di fuori di un nucleo familiare tradizionale, deve considerarsi una normale evoluzione dei costumi delle società metropolitane, oppure un nuovo fattore di allarme e destabilizzazione? La domanda può forse scandalizzare i laici fautori dei diritti civili, ma su di essa riflettono pure gli economisti e i sociologi.
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→ novembre 29, 1993

Temo che, dopo l’articolo di Gianni Vattimo (“Ripensare il buon progressista” La Stampa di venerdi’), il numero di chi,come il sottoscritto, si considerava progressista si sia ridotto di molto: chi si riconosce in quella descrizione?
Progressista sarebbe colui che rifiuta le pure e semplici logiche delle leggi economiche. Il criterio rischia di produrre significative esclusioni: non vi rientrerebbe Keynes, che pur sarebbe difficile includere tra i conservatori; e tanto meno Marx, che proprio dalla ferrea logica di leggi economiche traeva la teoria dell’inevitabilità della crisi del capitale e che non risulta vedesse nella solidarietà il mezzo per travalicarne i limiti. E neppure lo stato sociale tedesco, basato su un calcolo economico rigoroso.
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