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→  ottobre 31, 2008


di Filippo Ceccarelli

Le parole, le immagini, i titoli dei libri non arrivano mai per caso, e se rimbalzano proseguendo e replicandosi nel tempo, nello spazio e nelle relazioni vuol dire che davvero sono in grado di aprire spiragli di verità, non di rado oscura e fuggevole perché scomoda e anche dolorosa. Così nel marzo del 2006, poco prima di quelle elezioni che furono il più classico dei pareggi, ma che la sinistra si sforzò di considerare come una mezza vittoria uscì per Laterza un impietoso ritratto dell’allora già disastrata classe dirigente dell’Ulivo, così come veniva fuori dagli articoli di quel magnifico giornalista e direttore che fu Claudio Rinaldi. Un’antologia di figuracce e cantonate dei leader della sinistra, dalla “gioiosa macchina da guerra” ai fasti dell’Unipol, e che di conseguenza Rinaldi volle intitolare: I sinistrati.

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→  luglio 21, 2008

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di Massimo Giannini

Non c’è bisogno di aver letto Carl Schmitt sul ruolo della banca centrale tedesca ai tempi di Weimar, per capire quanto contino, in una democrazia degna di questo nome, le autorità indipendenti. Per comprendere quanto pesino, in uno Stato ad economia liberale, i cosidetti «poteri neutri». Eppure qualche lettura colta non farebbe male ai leader del centrodestra che oggi guidano l’Italia all’insegna della dottrina (schmittiana anche questa) dello «Stato governativo». Si eviterebbero mostruosità come quella che hanno appena compiuto ai danni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Passato quasi sotto silenzio, ad eccezione di poche e isolate grida d’allarme, il blitzkrieg notturno con il quale la Lega ha azzerato i vertici dell’Authority, con un banale ma micidiale emendamento alla manovra, è un «atto sedizioso». Così l’avrebbe chiamato Guido Carli.

Con la scusa di un apparente ampliamento dei poteri dell’istituto alle attività di «concessione, autorizzazione o convenzione per l’avvio della produzione di energia nucleare», è stato ridotto da 5 a 4 il numero dei membri, ed è stato rimosso il presidente in carica. Guarda caso, proprio quell’Alessandro Ortis che si era «permesso» di sollevare dubbi sulla possibile «traslazione» sui consumatori della Robin Hood Tax, e che aveva «osato» proporre la separazione proprietaria di Snam Rete Gas dall’Eni. Il governo non aveva gradito. Scajola aveva bacchettato il grand commis: «Non travalichi le sue competenze istituzionali». Colossale fesseria ministeriale: è esattamente nei poteri delle Authority suggerire soluzioni tese alla migliore efficienza dei mercati su cui sono chiamate a vigilare. Ma il rimbrotto non era bastato. E così è arrivato il siluro.

Non si era mai vista una purga staliniana ai danni del presidente di un’autorità amministrativa indipendente a due anni dalla scadenza del suo mandato. Stupisce che gli economisti e i commentatori liberali non se ne siano accorti, ma è un precedente di una gravità inaudita. Alla fine anche i «colbertisti» l’hanno capito. E così, a quanto pare dalle cronache parlamentari, lo scempio leghista è stato riparato in Commissione, con uno stralcio inserito all’ultimo minuto nel maxiemendamento alla stessa manovra. Ma l’incidente rimane agli atti. E la dice lunga, purtroppo, sulla cultura politica di questa maggioranza. A quando un bel repulisti anche alla Banca d’Italia o alla Consob, come lucidamente si chiede Franco Debenedetti sul sito lavoce.info? La domanda è tutt’altro che retorica.

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di Franco Debenedetti – La Voca, 15 luglio 2008

→  febbraio 25, 2008

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Intervista a Tremonti

*In rosso, le porzioni di testo evidenziate da Franco Debenedetti

La distribuzione. Per fermare i prezzi stop alla globalizzazione. Lo Stato dovrebbe acquistare beni di prima necessità da distribuire alle famiglie più bisognose

ROMA – Onorevole Tremonti, l’inflazione cresce e il problema del potere d’acquisto è sempre più urgente. Veltroni vi accusa di avere bloccato la restituzione del tesoretto. Cosa replica?

«Sul set – risponde il vicepresidente di Forza Italia – è già tutto pronto per il ciak della scena prima. La sequenza: “imbarco-uscita in mare della nave”. I riflettori sono accesi, la nave è nuovissima, il comandante iconografico nella sua uniforme, l’ascensore sociale – quello della mobilità e dei talenti – sta portando sul ponte di prima classe bella gente: affascinanti e attempati gentiluomini, ricercatrici avvenenti, figli di industriali. Tutto intorno si cominciano ad occupare con garbo elegante le chaise longue. La lista dei passeggeri di seconda e terza classe non è ancora nota. Ma in fondo non è importante. La rotta della nave è quella della felicità: nel discorso di Milano si stabilisce “il diritto alla felicità” e sulla banchina se ne distribuisce il biglietto. La nave si chiama Titanic, l’iceberg contro cui andrà a sbattere si chiama Istat. Quanto al tesoretto non è che noi abbiamo detto no, è che non esiste».

Ma l’iceberg inflazione c’è per tutti. Voi come lo eviterete?

«Prima di partire bisogna conoscere il mare in cui entri. Quello uscito con l’Istat non è il solito dato congiunturale sull’inflazione, è un dato strutturale sul “carovita”. Un fenomeno nuovo che viene dall’Asia e impatta violentemente e verso il basso sulle masse popolari dell’America e dell’Europa. E’ il portato della globalizzazione, un fenomeno disegnato, creato e cantato da quelli che hanno governato l’Occidente, l’Europa e l’Italia negli Anni Novanta e che ora si ricandidano a farlo. Artefici e vittime di un destino che non hanno capito. Quella che vendevano come l’età dell’oro è durata solo per un pugno di anni, ora stanno arrivando tempi di ferro. La globalizzazione ci sta presentando il suo primo conto. Quando nel 1995 ho scritto il “Fantasma della povertà” nessuno ci credeva!».

Ha portato guai davvero così terribili la globalizzazione?

«Un fenomeno che altrimenti avrebbe occupato decenni e decenni è stato prima compresso e poi fatto esplodere in pochi anni: la Cina è entrata nell’Organizzazione del commercio mondiale solo l’11 dicembre 2001. L’India in parallelo. È così che di colpo sono cambiate la struttura e la velocità del mondo. Un miliardo di persone sono passate di colpo dall’autoconsumo al consumo, dal mercato chiuso al mercato aperto e hanno cominciato a vivere con noi, come noi, insieme a noi. Se il petrolio che c’è nel mondo, se gli animali da carne che ci sono nel mondo, se il grano che c’è nel mondo restano uguali ma la domanda cresce violentemente, i prezzi esplodono. Quello che voglio dire è che la causa del drammatico impoverimento popolare che sta arrivando non è interna ma esterna. E qualcosa di simile non si è mai visto nella storia. Il secondo conto della globalizzazione è quello della crisi finanziaria, una crisi che sta piegando l’economia americana e con questa l’economia dell’Europa e dell’Asia. È una alternativa drammatica: se la globalizzazione continua come oggi la massa della nostra popolazione sarà più povera, se la globalizzazione entra in crisi finanziaria sarà ancora peggio. Le cause, le colpe, i rimedi li ho scritti in un libro che uscirà ai primi di marzo».

Che propone di fare?

«Per cominciare bisogna dire che cosa non fare. Non entrare in questo scenario con il pensiero debole, con il populismo leggero, con il relativismo, con il sincretismo, con il veltronismo. Nei dodici punti di Veltroni c’è tutto tranne l’essenziale. Ci trova il congedo di paternità, il Sud che diventa un hub, l’energia pulita con il sole e con il vento come nel Mulino Bianco, le centrali di sapere, le infocittà, i cento campus ecc. ecc. Non trova le tre parole che invece marcheranno i prossimi anni: la parola crisi, la parola solidarietà pubblica, la parola Stato. Ricorda quando parlavo di colbertismo? Le annuncio il clamoroso necessario ritorno del pubblico! Veltroni pensa a “chiamare il mercato” per risolvere i problemi sociali. Io penso che, in tempi di ferro, questo lo debba e lo possa fare molto di più lo Stato. Veltroni è arrivato alla Terza Internazionale essendosi preparato sui libri della Seconda. E’ arrivato a copiare il Berlusconi del 1994 solo che Berlusconi lo faceva nel 1994 oggi siamo nel 2008, in un mondo totalmente diverso».

Il vostro programma invece ha la ricetta giusta?

La nostra bozza di programma incorpora il tempo duro che c’è e che arriva. Se ci fa caso comincia dall’Europa, dalla protezione delle nostre industrie e dei nostri capannoni, del nostro lavoro. Quando la chiedevamo con Bossi, Veltroni ci accusava di barbarie economica adesso le stesse cose le chiedono Obama e McCain. Un dettaglio che non è un dettaglio: prevediamo che il governo compri beni di prima necessità e li distribuisca ai comuni e al volontariato per aiutare chi non arriva a fine mese».

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Caro Direttore, è dettato dal calendario politico, dunque casuale, che Walter Veltroni abbia annunciato sabato che il Pd alle prossime elezioni correrà da solo. Ma non è senza significato che l’abbia fatto intervenendo alla nona Assemblea di Libertà Eguale a Orvieto.

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→  gennaio 16, 2008

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“Quali dovrei togliere?” si dice sia stata la risposta di Mozart alle “troppe note!” criticate dall’imperatore Giuseppe II.

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→  settembre 18, 2007

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