Nè la politica nè il capitalismo di relazione: l’ad ha solo pagato il prezzo delle sue scelte.
Leggere l’avvicendamento come la metafora bancaria del cambiamento di governance del paese che é nel’aria, spiega poco e confonde molto.
La delusione è palpabile: ma non era questo il miglior banchiere, attento alla banca e sordo alla politica? E le Fondazioni in questo caso non aveva esemplarmente anteposto la banca da sviluppare all’orticello da innaffiare? Mentre nell’avidità dei banchieri governanti e premi Nobel vedevano la causa della crisi, non era forse per la frugalità dei nostri risparmiatori e per la (relativa) moderazione dei nostri incentivi se gli impiegati non erano dovuti uscire dalle banche con i loro scatoloni e i Governi entrarci con i soldi dei contribuenti?
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