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→  aprile 12, 2011


«Se è caro dev’essere strategico»: la battuta sarcastica di un manager per un’acquisizione discussa, mi ha reso diffidente. Usato in modo proprio, «strategico» qualifica come razionale un piano volto a un obiettivo; ma a volte si usa al contrario, per giustificare l’obiettivo e far passare per razionale il piano per raggiungerlo.
È il caso del piano antiscalate che l’Economia sta approntando: sembra razionale a patto di dichiarare strategico l’obiettivo dell’italianità.

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→  aprile 12, 2011


di Isabella Bufacchi

La fortezza che custodisce il risparmio postale, la Cassa depositi e prestiti, da ieri opera anche come holding perché può «assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale». Direttamente o indirettamente, tramite veicoli societari o fondi di investimento, anche con risparmio postale. Così recita la modifica allo statuto approvata all’unanimità dall’assemblea straordinaria degli azionisti, convocata in gran fretta per recepire il decreto legge entrato in vigore nei giorni scorsi e ispirato a voglie anti-scalata sulla vicenda Parmalat-Lactalis.

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→  aprile 12, 2011


di Isabella Bufacchi

La mission della Cassa depositi e prestiti è rimasta invariata dal 1850, anno della fondazione, a oggi: l’istituto di via Goito opera da sempre senza deviazioni nell’interesse generale pubblico, per il bene del Paese e della comunità, a sostegno dello sviluppo e dell’economia. Attinge storicamente e prevalentemente dal bacino del risparmio postale, attorno ai 200 miliardi, e quindi da sempre è prudente negli investimenti e negli impieghi, guardiana del capitale dei risparmiatori. È quindi difficile tracciare una netta linea di demarcazione tra la “vecchia” e la “nuova” Cassa, perché non c’è: persino nell’ultima modifica allo statuto, quella apportata ieri che le consente di acquisire direttamente o indirettamente capitale di rischio in società di «rilevante interesse nazionale», nella grande novità permane l’intramontabile principio di mettere il denaro in investimenti solidi e redditizi.

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→  aprile 5, 2011


Una reazione parossistica. È il giudizio che vien da dare tirando la somma a oggi della vicenda Parmalat, mettendo a confronto l’entità del fatto e le reazioni che ha scatenato. Una società di un Paese membro dell’Europa che insieme abbiamo fondata, con cui condividiamo la moneta fin dal suo primo giorno, una società che gestisce da anni aziende del “Bel Paese”, sale al 30% di partecipazione in una nostra impresa quotata, acquistando azioni già detenute da fondi esteri: tanto basta perché da un lato si senta l’imprescindibile urgenza di ridefinire principi scritti in trattati di rango costituzionale e di prospettare lo Stato come investitore di ultima istanza, dall’altro si ceda all’irrefrenabile tentazione di flagellarsi compiangendo la debolezza della nostra imprenditoria e lamentando la fragilità del nostro capitalismo.

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→  aprile 2, 2011


Facciamo cordate e non cordoni.
Al sistema Italia serve un capitalismo più dinamico e meno protetto.


Che danni provoca all’economia del Paese una sua azienda che cambia passaporto? Evocata dalla vicenda Parmalat, la domanda richiama problemi di fondo del nostro capitalismo. Senza farsi scoraggiare dalle iniziative di un Governo che, ormai alla caccia di qualsiasi populismo, “libera la CdP su Parmalat”, vale la pena discuterne con quanti ne hanno ancora a cuore il futuro.

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→  marzo 29, 2011


di Marco Ferrante

Nel dibattito sulla Fiat di Marchionne e sugli anni di Marchionne a Torino, uno degli aspetti della discussione è stato quello del rapporto tra l’amministratore delegato e la nuova classe dirigente aziendale, in parte selezionata da lui, in parte ereditata dalle precedenti storie della Fiat, e quasi sempre – secondo le analisi – condizionata dalla personalità accentratrice del Marchionne leader.

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