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→  giugno 6, 2013


Fu uno schiaffone a cambiargli la vita. Il giovane Alexander aveva una bella voce da basso, e una passione incontenibile per cantare. Ma Pereira padre voleva che il suo figliolo facesse qualcosa di serio nella vita, lo fece assumere all’Olivetti Deutschland, dove allora c’era Franco Tatò. Berlino, Francoforte, calcolatori da vendere di giorno, lezioni di canto nel tempo libero, Con Alexander Pereira, una volta che me lo portarono in ufficio, ci capimmo subito: dopo poco eravamo lì a parlare del Don Carlo. Molto brillante nel salire i gradini della carriera in azienda, lo era un po’ meno nel calcare le tavole del palcoscenico. Finì che una volta, dopo una recita che egli stesso definisce disastrosa, il soprano, incrociandolo davanti a camerino, gli appioppò un sonoro ceffone. “Allora ho capito che il mio mestiere non era cantare, ma far cantare.” La sola parte in cui Pereira continua ad esibirsi, famoso e apprezzato, è quella dello Haushofmeister nella Ariadne auf Naxos di Richard Strauss: che, come è noto, non canta, ma recita. Ma è lui che organizza lo spettacolo.

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→  maggio 9, 2013


Articolo di Marco Valerio Lo Prete

Per Franco Debenedetti, il governo Letta non si valuta dalle riforme ma dal ritorno di una dialettica normale

Ce la farà il governo Letta? Ce la faremo noi a tirarci fuori dalla crisi economica realizzando qualcosa di serio nei prossimi tre anni? Sì ce la faremo, risponde Franco Debenedetti, manager e già senatore dei Democratici di sinistra, a patto di non concentrarci freneticamente sul “che fare”, ma sul “come”. “Se il problema rimanesse la cosiddetta ‘agenda’ delle riforme, allora la priorità diventerebbe la sospensione della dialettica tra i partiti della maggioranza, Pd, Pdl e Scelta civica. Al contrario, quello che conta davvero per far invertire rotta al paese è riportare la dialettica tra le parti a una normalità europea e occidentale”.

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→  maggio 3, 2013


Al direttore

Stefano Di Michele scrive un magistrale epicedio per un partito che ha creduto “nel mito della società civile”. Vorrei aggiungere solo due righe per quanti, della società civile, hanno creduto che il partito, mito mai, ma almeno soluzione potesse esserlo.

→  aprile 16, 2013


Al direttore

A coloro che, incuranti del fatto che i calambour sui cognomi non sono eleganti, usano il titolo del già famoso romanzo di Jerome K. Jerome per almanaccare sulle nomenclature pd, suggerisco di non dimenticarne un pezzo: per non parlar del cane. Parentesi e punti esclamativi compresi.

→  marzo 7, 2013


Erano “discorsi seri a uomini faceti” quelli che Palmiro Togliatti rivolgeva al leader dell’Uomo Qualunque, Guglielmo Giannini, nel dicembre del 1946: “Qualcuno mi ha detto che [a lui] non conviene rispondere […] perché si tratta d’un commediografo e non di un uomo politico”. Altri tempi, altri comici, deve pensare il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani. Lui, per tenere insieme il partito, deve stare cocciutamente attaccato allo scoglio del suo esiguo vantaggio di voti, e non ammettere altre alternative: o me o si rivota. Il che, visto come stanno le cose, in realtà equivale a dire “o Grillo o si rivota”. Bersani è persona concreta e navigata, non può credere che offrendo di introdurre il reato di tortura o una legge sull’eutanasia – queste alcune delle proposte del produttore cinematografico Procacci – Beppe Grillo gli dia i voti che gli mancano: avrà invece cercato di rappresentarsi quali sono gli interessi veri del leader di M5s e immaginato come soddisfarli.

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→  marzo 1, 2013


Intervista di Matteo Rigamonti

Intervista a Franco Debenedetti, che analizza il voto: «Bersani? Se l’obbiettivo è solo “smacchiare il giaguaro”, si fa la fine della “gioiosa macchina da guerra”».

«Il verdetto delle urne dimostra che se l’obbiettivo è solo “smacchiare il giaguaro”, si fa la fine della “gioiosa macchina da guerra”». Secondo Franco Debenedetti, a pesare nella disfatta del Pd è stata soprattutto la gestione un po’ “vecchio stile” del partito e delle primarie. Ma a fronte dell’affermazione decisa del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, a uscire con le ossa rotte dalle urne sono stati anche Berlusconi («c’è un limite a quello che si può ottenere con gli strumenti della comunicazione») e soprattutto Monti, che difficilmente avrà «la possibilità di rientrare nei giochi». Il premier uscente, afferma Debenedetti a tempi.it, ha commesso anche un “peccato capitale”, per dirla con il linguaggio del suo ultimo libro (Il peccato del professor Monti, edito da Marsilio Editori): inseguendo a tutti i costi la sostenibilità dei conti pubblici ha coltivato il suo «pregiudizio negativo verso la vita politica».

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