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→  aprile 30, 2014


di Giuliano Ferrara

Se Paul Krugman dice che il libro di questo Thomas Piketty è la nuova edizione per il nostro secolo dell’anatomia della società civile dell’Ottocento contenuta nel Das Kapital di Marx (in realtà Krugman è spicciativo, scrive in tono entusiasta che è fantastico, il miglior libro da decenni in qua), devo credergli. Se un verbale di commissariato parigino afferma che Piketty le suonava alla moglie, Aurélie Filippetti, ora ministro della Cultura, devo credergli. Se il Wall Street Journal trova il saggio che fa tendenza a Washington ideologico e confuso quanto a dati e interpretazioni, devo credergli.

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→  aprile 30, 2014


Al direttore.

Investire 15 anni in ricerca, distanziare i concorrenti con 1.000 pagine dense di numeri e tabelle, confezionare una tesi populista: finisce che il primo 1 % della categoria accumula più consensi dell’ultimo 30%. Gli economisti nel XXI secolo, secondo Piketty.

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→  aprile 18, 2014


Gelosie e ripicche, sgambetti e vendette, lotte e battaglie nel mondo della lirica ci sono sempre stati: i castrati di Haendel a Londra, Mozart e Salieri a Vienna, Rossini e Mayerbeer a Parigi, la Callas e la Tebaldi a Milano. I nobili sentimenti di eroi ed eroine diventano acuti e colorature di tenori e soprani, finiscono nella partigianeria degli appassionati: è il mondo della lirica. Ma il gran polverone che si è alzato intorno al nuovo sovrintendente della Scala prima ancora che passasse dalla nomina alla delega presenta caratteristiche diverse, quasi che fosse mosso da forze diverse.

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→  aprile 17, 2014


Nelle aziende private, l’allineamento dell’interesse della proprietà con quello dell’azienda è un fatto naturale e diretto, in quelle pubbliche complesso e indiretto

“Come sono le nomine di Renzi?”, mi arriva sfasata di sei ore la mail di un amico temporaneamente negli Usa. Mi accorgo che non so rispondergli: “Come sono” rispetto a che cosa, “come sono” rispetto a chi?

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→  aprile 11, 2014


Siamo in deflazione? “Come sempre, la risposta di Mario Draghi è stata delfica” commenta il Financial Times: i tassi rimangono dov’erano e le nuove politiche monetarie non convenzionali restano nel cassetto, però la Banca centrale europea è unanime nel riconoscere la necessità di rispondere adeguatamente ai rischi di un periodo troppo lungo di bassa inflazione.

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→  marzo 18, 2014


di Antonio Pilati

Entro marzo un comitato di 11 esperti, presieduto da Gertrude Trumpel-Gugerell e incaricato di studiare le modalità di attuazione dell’impegno di rientro ventennale sotto soglia assunto con il trattato fiscal compact dai Paesi che superano la quota del 60% nel rapporto debito/Pil, dovrà presentare al Presidente della Commissione Ue Barroso le sue proposte operative. Il comitato di esperti, dove non ci sono italiani, sta lavorando su una proposta, avanzata dal German Council of Economic Experts, che prevede di costituire un Redemption Fund dove confluiscono le porzioni di debito degli Eurostati che eccedono la soglia del 60%: il Fondo, in quanto dispone di una garanzia europea, potrà collocare titoli a tassi – è da ritenere – piuttosto bassi. Ritorna l’idea degli eurobond, lanciata da Tremonti e Juncker, poi ripresa e allargata da Prodi e Quadrio Curzio: in apparenza una buona notizia per chi, come l’Italia, sfiora il 133% nel rapporto debito/Pil e quindi potrebbe conferire al fondo europeo di redenzione una quota pari al 73%. In realtà l’idea degli esperti è a doppio taglio e la seconda lama fa molto male all’Italia: è infatti previsto che dal gettito fiscale degli Stati partecipanti si attui ogni anno un prelievo automatico pari a1/20 del debito apportato al Fondo. Nel progetto le risorse raccolte dal fisco nazionale passano in via diretta, tagliando fuori le autorità degli Stati debitori, alle casse del Fondo.

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