Archivio per il Tag »giornalismo«
→ ottobre 23, 2021
I media e la fabbrica delle notizie nell’èra dei social e dopo Trump
“II punto di non ritorno per il collasso del sistema di produzione e distribuzione dei giornali si situerà tra la metà e la fine degli anni 20. Una lunga serie di chiusura di giornali continuerà fino a metà degli anni 30: cinque anni di agonia, seguiti da dieci anni di convulsioni, e poi la morte”. E’ perentorio Andrey Mir, fin dal titolo del suo libro, “Il post giornalismo e la morte dei giornali”. Le nuove tecnologie di comunicazione hanno messo in moto il processo, ma sono fatti demografici a renderlo inevitabile. L’idea che i giornali siano importanti per preservare la democrazia è legata a fattori generazionali: scomparsa la generazione che nutre queste idee, non ci sarà più ragione per la loro esistenza: le ragioni di mercato sono già scomparse, e quelle sociali sono legate alla restante vita dell’ultima generazione che ha letto giornali. La fine dei giornali non è la loro transizione al digitale: il giornalismo come lo conosciamo non sopravvivrà nello spazio digitale. Non è una crisi ciclica, è la fine di un’epoca.
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→ marzo 25, 2017
Il 20 marzo Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, dà un’ampia intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung: compiti della Commissione, insistenza di Schaeuble a far rispettare strettamente le regole, sostegno di Draghi, solidarietà dimostrata dai paesi del nord dell’Eurozona con i paesi in crisi. Alla fine, affermato che “come socialdemocratico ritengo la solidarietà estremamente importante”, conclude: “Ma chi chiede solidarietà ha anche dei doveri. Io non posso spendere tutti i miei soldi per alcol e donne e subito dopo invocare il suo sostegno. Questo principio vale sul piano personale, locale, nazionale e appunto anche europeo”.
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→ luglio 15, 1999
L’Economist quasi sempre, liberal qualche volta, gli altri quasi mai. Questa la mia personale consuetudine di lettura dei settimanali. E dunque quanto segue è influenzato da questa premessa: che del resto i direttori dei settimanali conoscono bene, visto che si tratta di uno strumento editoriale che più di tutti gli altri ha pagato un duro prezzo all’affermarsi della televisione, privo com’è rimasto della capacità sia di produrre notizie – vista la contrazione frenetica dei tempi avvenuta negli ultimi anni – che di aspirare approfondimenti esclusivi, prima che sia schermo a farlo.
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