→ giugno 23, 2020
Quella che per lui sarebbe una pars construens, fare un’unica società della rete in fibra ottica, in mano pubblica, e rinazionalizzare Tim, ne è invece la pars destruens di una delle poche grandi aziende del Paese
Beppe Grillo non è mai stato tenero con Telecom Italia: intorno al 2010 ne frequentava le assemblee; una sera Santoro mi invitò ad Annozero per discutere con lui di una questione di immobili che l’incumbent di telecomunicazioni stava vendendo. È quindi con una certa sorpresa che si è letto la sua accusa, anzi condanna, com’è nel suo stile, contro Open Fiber, il concorrente creatole da Renzi nel 2014.
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→ febbraio 15, 2009
Torna il progetto di evoluzione in fibra ottica e si apre l’ incognita dei soci
di Massimo Mucchetti
Nell’autunno del 2006, il progetto di staccare da Telecom Italia l’infrastruttura di rete per attribuirla a una nuova società partecipata dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp) venne accolto con critiche sdegnate da parte dell’opposizione di centro-destra, dell’intellettualità liberista e dei vertici della Confindustria. Il progetto, che Angelo Rovati, consigliere economico di Prodi, aveva inviato in via confidenziale all’allora presidente di Telecom, Marco Tronchetti Provera, fu eletto a simbolo del ricatto statalista contro la libertà dell’impresa. Nella primavera del 2009, la stessa idea viene riproposta con incalzante pubblicità dal responsabile economico di Forza Italia, Pierluigi Borghini, senza che i censori di ieri elevino analoghe proteste. Eppure, anche adesso, Telecom è una società privata guidata da un amministratore delegato, Franco Bernabé, contrario al piano Rovati comunque riverniciato. Potremmo finirla qui sottolineando come, per l’ennesima volta, l’Italia si riveli un Paese senza memoria votato alla polemica strumentale. Ma oggi c’è dell’altro. L’Italia ha interesse a far evolvere la rete telefonica in rame in una nuova e assai più potente rete in fibra ottica. Prima si fa e meglio è: per modernizzare il Paese e sostenere keynesianamente l’economia.
A Telecom, invece, conviene diluire nel tempo l’investimento per poter via via intercettare la nuova domanda di banda larghissima e non appesantire troppo il debito ereditato dalle vecchie gestioni. Paese e azienda potrebbero avvicinarsi riducendo l’onere dell’investimento grazie all’utilizzo delle frequenze radio che, con il passaggio dall’analogico al digitale, non saranno più necessarie alle tv, e dunque dovrebbero tornare nella disponibilità del Tesoro. In Europa e Usa questo è il dividendo digitale che i governi reinvestono a favore dell’intera economia. Nell’Italia, dove Mediaset considera le frequenze proprietà privata, non avviene. Vogliamo parlarne? L’attribuzione della rete a una nuova società può migliorare la concorrenza? Bene. Non abbiamo mai pensato che bastasse evocare il fantasma dell’Iri per bocciare un’idea. La svolta pro-concorrenziale di Forza Italia non può far che piacere. Purché non celi il diavolo nei dettagli. L’azionariato ideale della nuova società, riferisce il Sole 24 Ore, comprenderebbe Telecom, la Cdp, il fondo F2i, Mediaset, Fastweb e i fornitori. In un simile schema i conflitti d’interesse sono evidenti: i fornitori che, da soci, concorrerebbero a fare il prezzo delle forniture; il supercliente, la tv del premier, che, forse deluso dalla sperimentazione sarda sul digitale terrestre, guadagnerebbe con poca spesa l’accesso privilegiato alla Ip television.
Il cavo Telecom che porta Internet consentirà, in prospettiva, di personalizzare gli spot con un sensibile miglioramento dei ricavi pubblicitari. Un conto è se Mediaset accede a questa piattaforma in regime di par condicio con i concorrenti attuali e potenziali. Un altro conto è se lo fa da azionista comunque più influente della società della rete, visto che Berlusconi presiede un governo che ha il 70% della Cdp e detta le regole per Mediobanca, Intesa, Generali e Autostrade, azionisti eccellenti della stessa Telecom.
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di Orazio Carabini – Il Sole 24 Ore, 18 febbraio 2009
Scorporo rete nel piano Caio
di Carmine Fotina – Il Sole 24 Ore, 13 febbraio 2009
L’opposizione di Telefonica e il pressing dell’Argentina
di Antonella Olivieri – Il Sole 24 Ore, 13 febbraio 2009
→ ottobre 1, 1994
Come saranno le ‘autostrade informatiche’?
Larghe e a doppia corsia. Per far passare rapidamente le informazioni necessarie a poter scegliere tra centinaia di film, effettuare videoconferenze o diagnosi mediche, per lavorare da casa avendo a disposizione tutti i documenti che servono, per sfogliare il catalogo di un grande magazzino, e magari ordinare un vestito su misura vedendo sul video ‘l’effetto che fa’, è necessario disporre di canali di comunicazioni larghi (più esattamente a banda larga); non bastano più i due fili di rame del normale telefono, e neanche il cavo coassiale che è largamente diffuso in altri paesi, ci vuole la fibra ottica. (Ci sarebbe anche il satellite, ma sembra meno… vicino).
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