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→  febbraio 3, 2009

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ROMA (MF-DJ)- Fiat sta ancora studiando l’alleanza con Chrysler, ma punta a chiudere l’accordo presto, entro il 17 febbraio. Entro quella data, infatti, l’azienda di Detroit dovrebbe presentare un piano per richiedere ulteriori aiuti al Governo federale, e in questo ambito l’accordo con Fiat sarebbe un elemento chiave. E’ quanto afferma l’a.d. di Fiat, Sergio Marchionne, intervistato dal Wall Street Journal.

Fiat, spiega Marchionne, fornirà utilitarie e motori ad alta efficienza, di cui il colosso statunitense ha bisogno e il cui sviluppo costerebbe almeno 3 mld di dollari. In cambio dovrebbe acquisire il 35% delle azioni della compagnia. Tuttavia per Fiat, prosegue l’a.d., l’alleanza con gli americani è “un biglietto della lotteria” che potrebbe non valere nulla se Chrysler non uscirà dalla crisi. L’obiettivo e’ “avere il 35% di un’azienda che vale qualcosa, io non voglio trovarmi per i prossimi cinque anni a possedere il 35% di niente. L’obiettivo è portare valore per gli azionisti di Fiat”.

L’alleanza con Fiat ha sollevato dubbi sul fatto che il sostegno del governo federale possa implicare il sostegno a un produttore straniero, ma Marchionne afferma che Fiat non toglierà un dollaro a Chrysler fino a quando non avrà rimborsato il prestito al Governo.

In base all’accordo, ha spiegato inoltre Marchionne, Fiat potrebbe vendere i veicoli propri, e quelli dei marchi che il Lingotto controlla, a partire da un anno dalla chiusura dell’accordo. Per permettere a Chrysler di uscire dalla crisi, Fiat investirà 3-4 mld in tecnologia nei prossimi anni: “daremo un supporto dove possiamo a livello operativo”.

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Dato che si impara anche dai successi, la storia dello spettacolare turn around della Fiat di Sergio Marchionne, oltre che oggetto di compiacimento, ammirazione e soddisfazione, diventerà oggetto di studio. E’giusto che egli ci ricordi quanto giochi, in ogni storia industriale di successo, la componente schumpeteriana, le culture di origine o di elezione, Machiavelli o Dickens.

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→  ottobre 23, 2006


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Nell’ottobre del 2000, proprio mentre la Fiat prendeva la decisione di chiudere lo stabilimento dell’Alfa Romeo di Arese, la casa automobilistica giapponese Nissan annunciava di voler produrre in Europa un suo nuovo modello destinato al mercato comunitario. Si candidarono un sito industriale spagnolo, uno francese e uno inglese. Da noi, invece, a candidare lo stabilimento di Arese, con i suoi duemila operai in procinto di perdere il posto, non ci pensò nessuno. Fu distrazione? No. Il sistema italiano dei rapporti di lavoro e sindacali non avrebbe neppure consentito di aprire una trattativa sulla base delle proposte della casa nipponica.
La gara venne vinta dalla Gran Bretagna. Bassi stipendi? Lavoro precario? Niente affatto: nello stabilimento inglese, scelto poi dalla Nissan, il lavoro è retribuito il doppio di quello dei metalmeccanici italiani, è sicuro e altamente qualificato. Ma è regolato da un accordo sindacale incompatibile con il contratto collettivo italiano di settore.

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