→ marzo 10, 2015
Caro Direttore,
“se non è zuppa è panbagnato” scrive Eugenio Scalfari (I benefici che Draghi procurerà all’Italia e a Renzi, La Repubblica 8 Marzo). La “zuppa” essendo gli eurobond, e il “panbagnato” quel 20% di bond dei singoli stati, che la BCE acquisterà senza la garanzia delle banche centrali, per un valore di 240 miliardi di euro.
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→ marzo 8, 2015
di Eugenio Scalfari
IL NOSTRO Lucio Caracciolo, direttore del prestigioso Limes e nostro collaboratore, cita una parola molto efficace: democratura, che nasce dalla fusione tra democrazia e dittatura e con essa definisce la Russia di Putin: c’è il demos, cioè il popolo e c’è Putin che comanda da solo. Il Parlamento, cioè la Duma, non conta niente, si limita a ratificare. Neppure il governo conta, serve solo a trasmettere alle province dell’Impero gli ordini del dittatore e a farli eseguire dalla burocrazia. Alcuni ministri invece, insieme a Putin, al capo dei Servizi di sicurezza e qualche grande manager economico, costituiscono l’oligarchia, il gruppo che, guidato da Putin, amministra l’Impero.
Questa democratura esiste ed è sempre esistita in tutti gli Imperi, nei quali bisogna amministrare una grande quantità di diverse etnie, diversi linguaggi, diverse culture ed economie. Nel presente di oggi lo troviamo in Cina, in Giappone, in Usa. In Europa no perché l’Europa non è uno Stato. I vari statarelli conservano ancora una democrazia più o meno solida. Ma la tentazione verso la democratura in alcuni di essi è abbastanza forte. Diciamo che la democrazia è difficile da conservare negli Imperi e negli statarelli la tentazione esiste ma di solito non si realizza. Per fortuna, perché ove mai si verificasse diventerebbe una tirannide vera e propria.
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Matteo Renzi, con quella mobilità e quell’intelligenza tattica che lo distinguono è andato nei giorni scorsi prima a Kiev e il giorno dopo a Mosca. Ovviamente ha recitato due diverse parti in commedia: con Poroshenko ha promesso che avrebbe sostenuto l’autonomia sovrana dell’Ucraina nel suo incontro del giorno successivo. A Putin ha detto che le sanzioni dovrebbero essere abolite da entrambe le parti in causa (Russia e alleanza euroamericana) e che bisognava pacificare gli animi e i cannoni. Ha accennato ad una soluzione del tipo Alto Adige per le province russofone dell’Ucraina e poi ha cambiato argomento chiedendo a Putin di sostenere nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu una missione navale che controllasse l’emigrazione verso la costa europea del Mediterraneo mentre la stessa Onu avrebbe dovuto nominare un negoziatore molto autorevole e possibilmente italiano che realizzasse la pacificazione tra le tribù della Libia.
Putin ovviamente ha dato le più ampie rassicurazioni per quanto riguardava la Russia nel Consiglio di Sicurezza. Poi il discorso si è spostato sui rapporti economici italo-russi e lì c’era una nostra delegazione di imprese e i suoi interlocutori russi che hanno per una giornata intera studiato gli incentivi affinché la collaborazione economica fosse ampliata e rafforzata. Insomma un incontro positivo, almeno a parole. I fatti dovrebbero vedersi presto perché il tempo non è affatto disponibile.
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Poi il nostro presidente del Consiglio è tornato a Roma e la sua prima uscita è stata quella di avvertire i dissidenti del Pd che la legge elettorale non sarebbe stata modificata neppure di una virgola e così pure la riforma del Senato. E guai se qualche parlamentare del Pd non osserverà la disciplina di partito. Non si può dire che affiori in queste parole la tentazione verso la democratura, ma insomma qualche passo in quella direzione si sta compiendo. Probabilmente avviene in modo inconscio ed è quindi l’inconscio che gioca la sua partita, ma in politica esso può fare a volte danni irreparabili.
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Domani la Bce comincerà a comprare titoli e obbligazioni pubbliche nei vari Paesi dell’Eurozona e soprattutto in Italia ed in Spagna. Qualche critico nei confronti di Mario Draghi ha osservato che il suo è un intervento tardivo, ma forse dimentica che analogo intervento in tema di liquidità fu compiuto nel 2012 per un importo totale di mille miliardi di finanziamento in gran parte destinato alle banche ordinarie dell’Eurozona. Questa volta l’intervento avviene sul mercato secondario e riguarda soprattutto titoli dei debiti sovrani dei vari Paesi. Alla domanda rivolta a Draghi da un giornalista tedesco che gli ha chiesto se il 20 per cento di questi titoli che saranno acquistati direttamente dalla Bce sarebbe stato trasformato in bond dell’Unione europea, Draghi ha risposto che riteneva questa operazione altamente improbabile. Certamente sarà così, il che non toglie che quei titoli si troveranno nel portafoglio della Bce. Ce ne sono sicuramente già molti in quel portafoglio e il nuovo lotto si aggirerà sui 240 miliardi di euro, cifra non certo trascurabile. Non si trasformeranno in bond europei ma stanno nella cassa-titoli di un’istituzione europea della quale sono azionisti i Paesi dell’Eurozona. Se non è zuppa è pan bagnato.
La nostra economia ed il nostro governo trarranno molti benefici effetti dal quantitative easing della Bce: un forte incentivo alle esportazioni, una liquidità del sistema bancario destinata a finanziare le imprese, una discesa dei tassi di interesse delle banche ai privati e infine la diminuzione degli oneri che il Tesoro deve pagare per l’emissione di nuovi titoli del debito pubblico. Si aggiunga a tutto ciò anche l’acquisto diretto della Bce di obbligazioni emesse da imprese pubbliche e private con tassi di interesse in discesa per finanziare una ripresa di investimenti.
Questo vasto programma di interventi avrà soprattutto il risultato di modificare verso l’ottimismo le aspettative e quindi di fare aumentare investimenti e consumi. Questo è il regalo che Draghi farà all’Europa e in particolare all’Italia, alle imprese e ai lavoratori. È auspicabile che Renzi dica un grazie collettivo alla Bce e alla Banca d’Italia che comprerà l’80 per cento della liquidità messa in campo dal sistema Bce. Al nostro governo spetterà di trasformare questo beneficio in una forte ripresa di interventi pubblici che provochino l’aumento delle scorte, degli investimenti e quindi dell’occupazione, giovanile e nel Sud in particolare.
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Ma Renzi non riceverà soltanto i benefici che gli provengono dalla Bce. Ce n’è un altro che riguarda la persona stessa del nostro presidente del Consiglio: l’Europa non vuole a nessun patto una crisi politica in Italia che produca la caduta del governo attuale. Una crisi del genere in un Paese dove il debito pubblico è uno dei più grandi del mondo, riporterebbe le aspettative dall’ottimismo al pessimismo e sconvolgerebbe i mercati vanificando in gran parte gli interventi della Bce.
Quindi Renzi e il suo governo sono inamovibili. Per lui è una polizza d’assicurazione fantastica; almeno fino al 2016 è assicurata la sua inamovibilità. Del resto non ci sono alternative nella politica italiana in generale ed anche dentro il Pd. Forse nel Pd del 2016 sarà emersa la figura di un altro leader che possa costruire un partito di sinistra in luogo del partitone che Renzi ha messo al centro della politica italiana. E forse si starà profilando una nuova destra che non sia quel nanerottolo guidato da Alfano.
Ma da qui ad allora la tentazione della democratura si farà sempre più forte ed è questo che si deve evitare. Alla Germania, alla Francia, alla Spagna ben poco importa, ma a noi italiani, o almeno a quelli consapevoli e motivati alla difesa dei diritti che abbiamo e del dovere di difendere la democrazia, importa moltissimo. La scelta spetta a Renzi e all’oligarchia che gli sta accanto. Non può continuare a spogliare il potere Legislativo e avviarsi verso un Esecutivo accentratore, dove non contano neppure i ministri ma piuttosto lo staff di Palazzo Chigi. I ministri ormai contano molto poco, le leggi si preparano tutte alla presidenza del Consiglio e poi vanno in commissione e in aula e lì si debbono votare per disciplina. È giusto se non sono passi ulteriori verso la democratura. Altrimenti vanno fermati nell’interesse generale del Paese.
Nel frattempo la Ue ha deciso di inviare in Iran un rappresentante al massimo livello per discutere con le Autorità iraniane i gravi problemi esistenti in Iraq e in Siria a causa delle stragi operate dal Califfato. Spettava dunque alla Mogherini andare a Teheran con quella missione ma l’alto rappresentante della politica estera europea ha ceduto il suo posto alla signora Catherine Ashton che l’aveva preceduta in quella carica da lei ora occupata ma è rimasta per decisione della Mogherini sua consulente particolare. A Teheran dunque sarà la signora Ashton ad andare perché la Mogherini così ha deciso. Che saggezza, che spirito di squadra. Dove la si trova un’altra così?
→ settembre 27, 2013
Appelli di economisti non sono una novità di questi tempi. Neppure una novità è drammatizzare le conseguenze, in termini soprattutto di disoccupazione, delle politiche di austerità europee. Ma l’appello promosso da Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo (intervistato anche sul Foglio del 25 settembre) e sottoscritto da ben 300 firmatari è singolare per molti motivi: perché la lettera che lo illustra è stata pubblicata su quattro colonne dal Financial Times del 23 settembre; perché, uscita proprio il giorno del trionfo della Merkel, diventa quasi un appello alla futura cancelliera, ritenuta simbolo del rigore tedesco imposto ai paesi del sud Europa; ma soprattutto per il paragone storico su cui si basa, e su cui il Financial Times fa il titolo: “I governi europei stanno ripetendo gli errori del trattato di Versailles”.
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→ giugno 15, 2012
Prima che l’Italia e altri pensino comunque ad Eurobond, dovrebbero abbattere il loro grande indebitamento.
Sono numerosi i meccanismi finanziari escogitati per riportare il costo del debito dei paesi dell’eurozona al livello che c’era nei primi anni della moneta comune, e i mercati credettero che così si azzerasse il rischio paese. Diversamente confezionati, essi sono tutti varianti dello stesso principio, mettere in comune il debito, oppure munirli di una garanzia comune, oppure sostarli in un resolution trust. In Italia, Governo e buona parte dell’opinione pubblica si uniscono al coro di chi preme sulla Germania perché consenta l’introduzione di simili misure, e al più presto. Ma davvero gli eurobond sono nell’interesse dell’Italia? Davvero l’Italia non ha altri mezzi per fronteggiare questa difficoltà, finché la situazione non si stabilizzi?
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→ giugno 15, 2012
Intervista di Carlo Maria Pinardi
Sono giornate decisive per il futuro dell’Euro e dell’Europa. Lagarde dice che ci sono tre mesi per salvare l’Euro…
Il maggior contributo che potrebbero dare tutti quelli che, signora Lagarde in testa, gridano al pericolo, è di dire che cosa vogliono e che cosa propongono. Credo che nessuno voglia l’euro come è oggi, e quasi nessuno non vuole più l’euro in nessun modo. Provo a suggerire un primo passo logico: dire esplicitamente quali si pensa siano, per ciascuno, le condizioni perché l’euro possa uscire da questa crisi, e quali perché non precipiti nella successiva.
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→ agosto 25, 2011
Il dibattito sugli Eurobond si è arricchito della proposta di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio. Fin dal nome, Eurounionbond, appare evidente che lo scopo è di creare uno strumento non puramente finanziario, ma funzionale a un preciso obbiettivo di politica industriale a livello europeo. Infatti tutte e quattro le caratteristiche innovative che gli autori vantano – nella formazione del capitale, nelle risorse con cui remunerare i bond, nel modo con viene investito il ricavato, nei vantaggi che questo strumento offrirebbe – la politica industriale ricopre un ruolo essenziale.
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