Archivio per il Tag »Enrico Letta«
→ ottobre 29, 2021
“Le Fondazioni possono detenere partecipazioni di controllo solamente in enti e società che abbiano per oggetto esclusivo l’esercizio di Imprese Strumentali”. È singolare che, con tutto quello che è stato scritto in questi giorni sulla vicenda Montepaschi Unicredit nessuno, a meno di mia distrazione, abbia ricordato che cosa recita il comma 1 art 6 del decreto legislativo 17 maggio 1999 n. 153. Perché la Fondazione, frankensteiniana creatura della legge Amato per essere proprietaria della banca senese, ha posseduto la maggioranza assoluta delle azioni del Monte dei Paschi di Siena per più di due decenni, fino al 2012. Posso testimoniare che in tutto quel tempo l’anomalia venne più volte rilevata e segnalata: purtroppo nonostante le estenuanti discussioni su quella legge, a nessuno venne in mente di mettere la norma di chiusura: e se, avendo una partecipazione di controllo, non vogliono disfarsene, che cosa succede? Nulla: a Siena la Fondazione ha continuato a nominare gran parte del consiglio di amministrazione della banca, compreso il presidente e l’amministratore delegato. E siccome a Siena la nomina dei vertici della Fondazione erano appannaggio della politica locale, la Banca Monte dei paschi di Siena ha continuato ad essere pubblica fino a vent’anni fa. Pubblica non nel senso che era proprietà del Ministero dell’Economia, ma nel senso che veniva gestita nella logica e seguendo gli interessi della politica: E si sa quale “politica” fosse dominante a Siena, e meglio di tutti dovrebbe saperlo Enrico Letta, senatore recentemente eletto in quel collegio. Quei politici sono nei ritratti di famiglia del partito di cui è segretario. Quando lo si sente porre come condizione per la vendita il conservare la “senesità” dell’Istituto, vengono, a esser gentili, i brividi: che egli lo sappia o che non lo sappia a rovinare la banca sono state quelle gestioni. Quella è stata la “senesità” e da ben prima dell’acquisizione di Antonveneta nel 2007. Chi pensa ad un futuro pubblico della banca, dimentica che essa è stata sempre pubblica: locale o statale, la logica è sempre la stessa: per il lignaggio di quella che, come stucchevolmente si ripete, è la banca più antica del mondo, come per la livrea di Alitalia. Conta solo quanto costano oggi e quanto potrebbero fruttare domani.
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→ luglio 22, 2021
Al direttore.
Sul ddl Zan Enrico Letta per principio non accetta nessuna mediazione: preferisce correre il rischio che venga sbarrata la strada alla legge contro la omo e la transfobia per cui il Pd ha tanto a lungo combattuto. Sulla riforma Cartabia, su cui Draghi ha ottenuto l’approvazione all’unanimità del Consiglio dei ministri, Enrico Letta quasi invita a presentare emendamenti che conservino qualcosa dell’abolizione della prescrizione, la barbarie giustizialista della legge Bonafede, tema identitario del Movimento cinque stelle. Che, per Letta, l’alleanza a sinistra valga cedimenti sui principi, già lo sapevamo. Che prevalga anche sul primato del Pd nel sostegno al governo è una novità: per chi nel Pd ancora ci crede, novità stridente per i principi, pericolosa per le conseguenze.
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→ giugno 5, 2021
Gli apprezzamenti e le critiche alla proposta di Enrico Letta di aumentare l’aliquota della tassa di successione sono stati perlopiù rivolte da un lato al prelievo fiscale in sé, dall’altro al beneficio che esse andrebbero a finanziere; nell’ipotesi, quindi, del coeteris paribus, assumendo cioè che prelievo e destinazione non modifichino aspettative e comportamenti degli operatori, con conseguenze sull’economia generale.
Secondo la teoria economica standard la crescita dipende da un progresso tecnico prevalentemente esogeno. Per Schumpeter il motore primo della crescita sono le invenzioni, Per il Nobel Edmund Phelps invece le società moderne dal 19esimo secolo in poi si sono sviluppate perché anche la gente comune è capace di avere idee originali che possono avere applicazioni commerciali: c’è infatti una dimensione esperienziale ella moderna economia per cui vedere realizzata una propria idea dà alle persone il senso di fare qualcosa di diverso e di nuovo. Sperimentare, imparare dagli errori, curiosità, coraggio di fallire sono i caratteri dell’economia dell’innovazione.
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→ marzo 16, 2021
Riformare il capitalismo o riformare lo stato? Il duello che manca nell’éra di Letta
Dopo le elezioni del 2018, a sostenere la causa europeista, a riconoscere il valore delle competenze e della necessità di avvalersene per governare è stato sostanzialmente il solo Pd (Forza Italia era minoranza nella destra). A tre anni di distanza, di uscita dall’euro non parla più nessuno: europeisti, più o meno caldi, lo sono tutti; e quanto alle competenze, alla testa del governo c’è la persona che tutta l’Europa considera la più autorevole nel suo ruolo. Non male il bilancio per un partito che alle elezioni non era arrivato neppure al 20%. Vantarsene esplicitamente potrebbe destabilizzare gli equilibri nella coalizione, il governo Draghi non è il suo governo, ma nelle circostanze è quanto di più vicino alla propria cultura e alle proprie posizioni il Pd possa immaginare. Neppure ricordarlo quando dà le dimissioni colui che del partito in questo periodo è stato segretario è un fatto che suscita qualche interrogativo: anche perché il Pd è stato un soggetto attivo di questa evoluzione. O forse è proprio questo il motivo: perché sia il passaggio dal Conte 1 a Conte 2, sia quello successivo a Draghi sono dovuti alla visione e alla determinazione di Matteo Renzi. E questo è ciò che il Pd non vuole accettare.
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→ febbraio 15, 2014
Intervista di Antonio Vastarelli.
L’ex senatore del Pd: il potere di nomina e lo spoil system per innovare subito l’apparato.
«Reni è come un ciclista: deve pedalare per non cadere. Per questo deve espugnare i fortini del potere che ostacolano la sua corsa e bloccano il Paese: la dirigenza pubblica e il sindacato». L’ex senatore dei Ds Franco Debenedetti valuta positivamente l’irrompere del sindaco di Firenze sulla scena nazionale ma sospende il giudizio su un suo possibile governo: «Aspetto di vedere dice chi metterà nei ministeri principali e anchese avrà il coraggio di abolire l’articolo 18».
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→ febbraio 13, 2014
La ragione per cui tanti amano pensare che sia il naso di Cleopatra a decidere dei fatti della storia, è in fondo la stessa ragione per cui ci sono più persone che giocano d’azzardo inseguendo i “ritardi” dell’uscita di un numero al lotto o alla roulette, di quante giochino a scacchi studiando aperture e mosse di chiusura. E’ più confortante pensare che a decidere del nostro destino sia un caso al quale basterebbe poco per sottrarsi, piuttosto che il determinismo implacabile di forze e di mosse, difficile da capire e impossibile da modificare.
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