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→  ottobre 23, 2010


di Giuliano Ferrara

I gruppi TLC le vogliono, le TV locali sono cintrarie a cederle ma Tremonti vuole racimolare soldi. Riuscirà?

Il governo cerca di incassare un paio di miliardi di utili per il decreto Milleproroghe o per un decreto pro sviluppo. Le tv, in particolare quelle locali, non vogliono cedere gratuitamente un bene che dicono di utilizzare ancora. E le compagnie di telefonia mobile reclamano maggiore spazio nell’etere per i nuovi servizi. Sulle frequenze televisive è in corso una partita, giocata finora a carte coperte, che intreccia politica, authority, società televisive e gruppi telefonici.

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→  ottobre 22, 2010


Che cosa hanno in comune le fondazioni bancarie e le frequenze televisive? A entrambe si guarda per reperire risorse per progetti che il bilancio dello stato non riesce a finanziare: al primo posto dell’elenco, accanto alla sempreverde rete a banda larga, si è da poco insediata la riforma Gelmini. Si tratta di risorse effettivamente disponibili? Nel caso della Fondazioni, tre lustri dopo laegge Ciampi Pinza, si dovrebbe sapere che farci entrare progetti di questo genere sarebbe una forzatura di quanto statuti e di legge prescrivono per investimenti dei patrimoni e destinazione dei redditi. Nel caso dei proventi dalla vendita delle frequenze liberate dalla transizione al digitale, varrebbe la pena verificare se quel “un bel pò di miliardi” di cui parla Pier Luigi Bersani (sul Corriere del 14), e Eugenio Scalfari (su Repubblica del 17) precisa essere 3, sono effettivamente disponibili.

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→  ottobre 21, 2010

Le solite cose da fare per la prosperità e che non si fanno

Lettera al direttore

Caro Direttore,

“vendere con intelligenza”, ammonisce Luigi Zanda. Vendere con un obbiettivo, vorrei precisare: che non è il 120% (stock del debito), ma il 2% (tasso di crescita reale). Per ridurre il debito c’è solo la crescita. Con un tasso del 2% reale all’anno e un bilancio in pareggio negli anni normali, il debito va a posto, anno dopo anno: non c’è fretta, nessuno attacca un Paese che marcia su quella strada.

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→  ottobre 20, 2010


di Luigi Zanda

Domanda del senatore pd: il federalismo demaniale verso cui andiamo è compatibile con l’alienazione del patrimonio statale?

Al direttore.

Sul Foglio di lunedì lei affronta il problema dei problemi, quello del nostro mostruoso debito pubblico. Non scioglie però il nodo del rapporto tra debito pubblico e federalismo. E cioè se il debito pubblico di uno stato che si trasforma da unitario in federale non debba essere imputato, almeno in parte, alle regioni che hanno concorso a formarlo. Cosa deve fare un paese con un debito spaventoso, pari al 118 per cento del pil, per ridurlo consistentemente e, nel contempo, finanziare una spesa qualificata (precondizione di ogni politica di crescita) e aiutare la circolazione di capitali privati agganciandoli “a una strategia della ripresa”?

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→  ottobre 20, 2010


di Carlo Stagnaro

Tra beni immobiliari e società controllate, gran parte del patrimonio pubblico è di regioni e comuni. Tremonti li incalzi

Il programma con cui il Pdl ha vinto le elezioni prevede la “liberalizzazione dei servizi privati e pubblici” e la “liquidazione delle società pubbliche non essenziali”. Le due cose vanno assieme, o non vanno: la privatizzazione di un monopolio è il mero trasferimento di una rendita, la liberalizzazione in presenza di colossi pubblici è fatalmente monca. In più, la cessione di beni mobiliari e immobiliari può sia fornire risorse al governo, sia rivitalizzare il mercato. Ma quali sono gli asset alienabili?

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→  ottobre 19, 2010


da Peccati Capitali

La cantina, nuova risorsa dell’interior design. Non quella umida, dove le bottiglie venivano tenute ad invecchiare, ammassate per terra, ma quella da arredamento, come status symbol. Teche di vetro e legni pregiati, dove le preziose bottiglie sembrano galleggiare su esili supporti tecnologici che consentono di intravvedere etichetta ed annata, a formare pareti e divisori. La tecnologia consente di avere microclimi adatti per ogni tipo di vino. Con il multitasking che sovrappone le nostre attività, non esistono più i luoghi deputati in cui svolgerle, le enoteche possono arredare qualsiasi stanza, studio, salotto, perfino stanza da bagno: banalmente, anche la sala da pranzo. Nel reportage sul Wall Street Journal – e dove se no? – si racconta anche del sommeiler elettronico, che memorizza etichette, date, collocazione, ranking aggiornato su Wine Spectator.

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