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→  gennaio 3, 2013


Intervista di Paolo Nessi

Il famigerato Fiscal Cliff, ovvero il baratro fiscale, una catastrofe recessiva, che avrebbe prodotto un aggravio contributivo per il 98% della popolazione americana, è stato evitato; senza l’accordo tra la Casa Bianca e il Congresso, sarebbero scaduti gli sgravi previsti dall’Amministrazione Bush, e quelli introdotti da Obama.
Contestualmente, sarebbe entrato automaticamente in vigore, dal primo gennaio, un piano di tagli alla spesa per un totale di 607 miliardi di dollari solo nel 2013. L’intesa raggiunta dal vicepresidente Joe Biden e dal leader della minoranza repubblicana al Senato Mitch McConnel prevede, a questo punto, l’aumento delle tasse per i redditi superiore ai 450mila dollari l’anno e rinvia di due mesi il piano dei tagli alla spesa. Franco Debenedetti, editorialista de IlSole24Ore, ci espone le sue valutazioni.

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→  dicembre 5, 2012


Non tutto si può ridurre a previsioni politico-economiche, per quanto ottimiste.

Al culmine della crisi greca, in un lungo appassionato articolo sulla Frankfurter Allgemeine, Martin Walser dipinge come “uno scenario di orrore” quello di un’Europa senza euro; cita Hölderlin, per mostrare come il suo tedesco trovi naturale espressione nella purezza della metrica greca. Questo per dire che non tutto si riduce a previsioni politiche, analisi economiche, tassi d’interesse: perché i fatti economici sono influenzati dalle opinioni degli uomini, e il futuro dei paesi è determinato dalle loro visioni.

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→  novembre 30, 2012


di Natale D’Amico e Franco Debenedetti

Tutti i governi devono aumentare le entrate fiscali. Quasi tutti pensano di tassare di più i ricchi. Lo dice (e probabilmente lo farà) Obama. Hollande vuole portare al 75% il prelievo sui redditi superiori a un milione di euro. Un po’ ovunque si parla di aumentare le imposte sui patrimoni più grandi. La Tobin tax – a dispetto di James Tobin – viene giustificata perché colpendo le transazioni finanziarie, colpirebbe selettivamente i ricchi.

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→  ottobre 18, 2012


Al direttore.

Mario Monti sull’Independent rievoca l’incontro che ebbe con Margaret Thatcher poco dopo l’introduzione di Maastricht. Avendole spiegato che gli italiani accettavano il trattato coscienti di aver bisogno di un vincolo esterno, la Lady di ferro replicò: “The British aren’t interested in the Maastricht Treaty because they have me”. Sono passati 20 anni, allora era Maastricht, adesso sono Fiscal compact e condizionalità: conta la differenza tra visione politica condivisa e vincolo economico subìto. E tra essere fatti “a vita” per governare o perché si è governato

→  ottobre 3, 2012


Recensione di Paolo Valentino

La denuncia di Minogue: l’etica del welfare uccide la libertà

Aveva probabilmente ragione Winston Churchill, quando argomentava che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre sperimentate finora. Ma il grande premier britannico non avrebbe mai immaginato che il suo livello qualitativo sarebbe sceso così in basso, al punto da metterne in discussione le fondamenta. E forse Churchill avrebbe condiviso molte delle critiche incendiarie e delle preoccupazioni, che Kenneth Minogue, professore emerito di Scienze politiche alla London School of Economics, formula in La mente servile. Come la democrazia erode la vita morale, uscito due anni fa in Gran Bretagna e Stati Uniti, ora finalmente pubblicato in Italia da Ibl Libri, con una prefazione di Franco Debenedetti.

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→  ottobre 1, 2012


Prefazione di Franco Debenedetti a:
La mente servile.

Come la democrazia erode la vita morale

di Kenneth Minogue
IBL Libri, 2012, pp.470
ISBN: 978-88-6440-081-5
Prezzo: 24,00€
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È raro che un ponderoso saggio di politica diventi attuale come un instant book: due anni dopo la stesura originale, la traduzione italiana esce nel momento in cui la crisi della democrazia europea sembra giunta al suo acme. È singolare che il libro di un filosofo della politica, che espone tesi così esplicitamente conservatrici, così marcatamente britanniche, contenga riflessioni pertinenti a un dibattito sorto e sviluppato su un terreno culturale affatto diverso, sul tema di una moneta che l’Inghilterra non ha voluto far propria. Se lo si dice, non è per aggiungere una ragione di interesse al libro, che non ne ha bisogno tanto è ricco di idee, di provocazioni, anche di arguzie; al contrario, è per indicare come gli strumenti che il libro ci offre possano servire per leggere la crisi in cui si trovano le istituzioni europee, per vedere i pericoli a cui stiamo andando incontro, per allargare la visuale a possibili alternative.

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