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→  novembre 11, 2013


The Borsetta Party
Cena Annuale Istituto Bruno Leoni
VI Premio Bruno Leoni
11 Novembre 2013
Nhow Milano
Via Tortona 35


Non so quanti di voi abbiano visto il film “The spirit of 1945”. Descrive l’Inghilterra del dopo guerra, quando Churchill che aveva vinto quella contro i tedeschi perse le elezioni conto i laburisti di Attlee. Il regista è Ken Loach, e quindi chiaro fin dall’inizio l’intento di glorificare quella esperienza. Ma vi assicuro che quando vengono declamate, come tante vittorie, le nazionalizzazioni che si succedono una dopo l’altra– carbone, ferrovie, elettricità, automobile –non si può non percepire, perfino amplificato dall’intento propagandistico, la tristezza, la pesantezza che quell’esperimento politico aveva fatto gravare sull’Inghilterra. Finisce che il filma fa capire la ragione del successo di chi, in nome della libertà, a quell’ideologia aveva saputo rispondere No, No, No. Magaret Thatcher.

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→  ottobre 28, 2013


Intervista di Federica Meta a Tommaso Valletti

Secondo l’economista “agitarsi” attorno al tema della sicurezza e dell’occupazione “è tipico di un mondo che vuol conservare lo status quo e vuole trovare pretesti da dare in pasto al grande pubblico”. Le operazioni fatte in difesa dell’italianità “servono solo a trasferire risorse”

L’italianità della rete? Un grimaldello. Lo scorporo? Avrebbe un vantaggio per il Paese, a patto che avvenga in un quadro di regole certe. Tommaso Valletti, ordinario di Economia all’Imperial College London e all’università Tor Vergata di Roma, analizza gli scenari economici e industriali legati all’operazione Telefonica.

Come giudica l’operazione Telefonica su Telco?
Per analizzarla vanno considerate tre questioni diverse tra loro: i debiti di Telco, il prezzo pagato da Telefonica e le conseguenze per Telecom Italia.

Andiamo nel dettaglio.
I debiti ci sono da oltre dieci anni, in parte per via dei giochi di potere tipici del nostro capitalismo, le famose “operazioni di sistema”. Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo che nel passato si erano prestate volentieri a questo gioco, ora non sono più disposte ad investire. Per cui c’erano poche alternative alla salita degli spagnoli. Sul prezzo pagato, Telefonica ha fatto un buon affare dato che ha acquisito il controllo di Telco con pochi spiccioli. Ma questo lo consente la legge italiana sull’Opa che non tutela affatto gli azionisti di minoranza.

Le conseguenze per Telecom quali saranno a suo avviso?
La compagnia dovrà probabilmente dismettere, per motivi antitrust, le attività in Sud America. Ovviamente queste operazioni non avranno ricadute dirette sull’Italia, trattandosi di mercato separati. Ma comunque spiegano l’interesse di Telefonica per Telecom. Analizzando il mercato italiano, invece, non mi aspetto grandi cambiamenti: Telefonica, dal punto di vista industriale, è una società simile a Telecom Italia, più grande forse, ma con un volume di indebitamento simile. Le sinergie tra mercati sono poche, visto che le due società operano su mercati con connotazione geografica molto spinta. Semmai, se il mercato riconoscerà a Telefonica un minor rischio rispetto a Telecom Italia, il costo del capitale potrebbe diminuire e gli investimenti crescere un pochino.

L’operazione ha riacceso il dibattito sull’italianità della rete. Secondo lei ha un senso difenderla?
Assolutamente no. Gli spauracchi che si agitano sulla sicurezza e sull’occupazione sono tipici di un mondo che vuol conservare lo status quo e trova pretesti da dare in pasto al grande pubblico. È talmente ovvio che tutte le operazioni per difendere l’italianità che abbiamo fatto sino ad oggi – Alitalia in testa – non hanno comportato altro che il trasferimento di risorse dalla tasche dei cittadini a quelle di qualche gruppo privato.

Ma perché ci ricaschiamo ogni volta, allora?
Ci deve essere un errore di comunicazione o di informazione. Nel caso specifico non cambia nulla sulla sicurezza delle rete, checché ne dica il Copasir. Voglio dire che se la rete era già poco sicura, lo rimane. E poi mi pare che la memoria sia corta: problemi di sicurezza ce ne sono stati durante la gestione dell’italianissimo Marco Tronchetti Provera.

Altro tema sotto i riflettori è lo scorporo della rete. Ha ancora un senso strategico e/o economico?
Lo scorporo non ha un senso strategico per TI perché è l’asset non replicabile più importante che possiede, anche se ovviamente tutto dipende dal “prezzo”: se venisse “strapagata” la rete, ovvio che gli azionisti ci guadagnerebbero. Potrebbe avere un senso economico per il Paese: senza separazione vi è il rischio che l’operatore integrato verticalmente metta in atto comportamenti anti-competitivi nei confronti dei rivali a valle; cosa puntualmente sanzionata dall’Antitrust. Con la separazione invece questi comportamenti verrebbero meno. Detto questo, i problemi che vedo legati allo scorporo superano i vantaggi.

In che senso?
Bisogna chiedersi chi stabilisce il prezzo? A chi spetta il controllo della rete separata? Sotto quali regole di accesso? Domande regolarmente eluse nel dibattito attuale, perché tacciate di mera “tecnicalità”, ma talmente importanti da non poter avviare alcuna discussione altrimenti. Uno scorporo così vago non lo considero altro che un modo di ripianare debiti privati con risorse pubbliche – nel caso il pubblico si presti a partecipare in qualche modo, lasciando eventualmente il controllo effettivo della rete nelle mani di TI – senza risolvere alcun collo di bottiglia. Le operazioni di scorporo sono delicatissime e hanno bisogno di tempo, esperienza e risorse di altissima qualità. Non mi sembra ci siano i presupposti nel nostro paese.

I sindacati chiedono di non fare lo spin off, ma di puntare ad un aumento di capitale, anche riservato a Cdp. La proposta può avere un senso?
Non credo che la Cdp abbia le competenze per gestire una rete nazionale. E mi si perdoni il leit motiv: Cdp è esattamente il canale che serve alla classe politica affamata di spazi da occupare e nomine da controllare.

È partito l’allarme occupazione. C’è il rischio di perdere posti di lavoro?
Dipende dagli investimenti: se questi salgono, anche l’occupazione ne potrà risentire positivamente. Non mi aspetto molto da Telefonica, ma sono leggermente ottimista. Non posso dimenticare che gli investimenti di Telecom negli ultimi anni son stati sotto la media europea, quindi spero che si possa invertire questo andamento. Basta prendere statistiche “neutrali”, e non di parte: secondo la Digital Agenda Scoreboard 2013 della Commissione Europea, l’Italia è ultima come rapporto Capex/ricavi tra i 18 paesi analizzati (12,2%, la metà del Regno Unito ndr). Siamo anche ultimi come copertura della Nga e sempre nella parte molto bassa della classifica per la penetrazione della banda larga. Solo nel mobile ce la caviamo bene.

Governo e Parlamento stanno lavorando – rispettivamente – alla golden power e alla revisione della legge sull’Opa. La strategia scelta per stoppare Telefonica la convince?
La legge sull’Opa andrebbe cambiata, a prescindere dall’operazione Telefonica. Sulla golden power il mio giudizio è negativo. L’interferenza politica è una delle cause dei nostri mali. Ma mette tutti d’accordo: capitalisti indebitati che non rischiano di proprio, sindacati che proteggono le proprie posizioni, il grande pubblico male informato che cerca rassicurazioni. Arriva la politica che fa da deus ex machina e salva l’italianità Un copione già visto. La golden power, dunque, non fa altro che guadagnare del tempo per cercare di trovare anche questa volta la “soluzione di sistema”.

→  ottobre 23, 2013


di Salvatore Bragantini
Telecom Italia (TI), con margini ancora alti ma grandi debiti, non è cosa per azionisti deboli quali Banca Intesa, Generali e Mediobanca. Il controllo di TI tramite la finanziaria Telco gli scottava in mano e lo cedono alla spagnola Telefonica. Questa però non pensa a svilupparla investendo anche in Italia, ma a spolparla pro domo sua in America Latina.

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→  ottobre 21, 2013


I debiti eccessivi, si sente dire, che siano conseguenza di scalate a debito, o che siano il risultato di fusioni con partner indebitati, pregiudicano il futuro dell’azienda. Le aziende, si sente pure dire, in cui la struttura proprietaria è congegnata in modo da consentire il controllo a una minoranza, tendono a essere meno efficienti di quelle dove ogni azione dà diritto a un voto: la scatole cinesi sono da evitare.

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→  ottobre 20, 2013


Intervento di Franco Debenedetti a Incontri di Radio24, condotto da Gianfranco Fabi

“Diffondere le idee è la cosa più difficile, ma è anche la più importante, se si vuole creare un terreno favorevole per la nascita di nuove imprese”. Illustrando le finalità dell’Istituto Bruno Leoni, di cui è presidente, Franco Debenedetti spiega che oggi lo stato non ha i mezzi per fornire le protezioni alle imprese e sono quindi le imprese stesse che si devono proteggere da sole.

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→  ottobre 17, 2013


Condividendo al 99 per cento il testo dell’appello “Contro il riflusso statalista” promosso dal Foglio, l’ho firmato. Più che esplicitare a cosa sia dovuto l’1 per cento mancante, mi sembra interessante ragionare sul perché di questo rigurgito statalista, e a quali interessi esso serva.

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