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→  maggio 1, 2014


di Michele Magno

Al direttore.

Seguo con vivo interesse il dibattito ospitato dal Foglio sul libro di Thomas Piketty. Sebbene non l’abbia ancora letto e non sia un economista, mi consenta lo stesso un paio di considerazioni.

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→  maggio 1, 2014


di Maurizio Stefanini

In realtà, più che socialista, Thomas Piketty è il nuovo Henry George (m. 1897), segue quella linea che va da Platone a Ezra Pound e forse a Giulio Tremonti, passando per Maometto. Il titolo, “Le capital au XXIe siècle” nell’originale francese, passato quasi inosservato se non fosse stato per la traduzione in inglese, ammicca chiaramente a Marx. Anche se Piketty, figlio di genitori trotzkisti e sessantottini, dice espressamente di appartenere a una generazione che avendo compiuto 18 anni mentre cadeva il Muro di Berlino non ha rimpianti per il comunismo o l’Unione sovietica.

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→  aprile 30, 2014


di Giuliano Ferrara

Se Paul Krugman dice che il libro di questo Thomas Piketty è la nuova edizione per il nostro secolo dell’anatomia della società civile dell’Ottocento contenuta nel Das Kapital di Marx (in realtà Krugman è spicciativo, scrive in tono entusiasta che è fantastico, il miglior libro da decenni in qua), devo credergli. Se un verbale di commissariato parigino afferma che Piketty le suonava alla moglie, Aurélie Filippetti, ora ministro della Cultura, devo credergli. Se il Wall Street Journal trova il saggio che fa tendenza a Washington ideologico e confuso quanto a dati e interpretazioni, devo credergli.

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→  aprile 30, 2014


Al direttore.

Investire 15 anni in ricerca, distanziare i concorrenti con 1.000 pagine dense di numeri e tabelle, confezionare una tesi populista: finisce che il primo 1 % della categoria accumula più consensi dell’ultimo 30%. Gli economisti nel XXI secolo, secondo Piketty.

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→  aprile 22, 2014


Sono 33 le false verità sull’Europa, recita il titolo del libro di Lorenzo Bini Smaghi, uno dei numerosi che, elezioni propiziando, stanno uscendo sul tema. Sono però 30 anche gli anni da che “ il tasso medio di crescita italiana sta declinando”: se continua così, “fidarsi di un Paese con un debito troppo grande per essere salvato e per non trascinare il resto d’Europa nella propria instabilità” più che “problematico”, come scriveva Carlo Bastasin l’11 Aprile su queste pagine, diventa impossibile. Il sogno europeo della ever closer union è un obiettivo, non un’assicurazione, un impegno a raggiungere i primi, non a salvare gli ultimi. Uscire dall’euro è consentito dall’art. 50 di Maastricht ma comporterebbe essere lasciati soli al giudizio dei mercati: non ci andrebbe molto ad accorgersi che è meglio prendere ripetizioni da Bruxelles che i voti da loro.

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→  marzo 18, 2014


Per gli italiani George Soros è quello dell’attacco alla lira, dell’uscita dallo Sme, della svalutazione del 1992. Speculatore con un acuto senso delle linee di faglia dei mercati, filantropo generoso nel diffondere l’idea di società aperta nei Paesi usciti dal comunismo, pensatore con una visione esagerata di sé («Volevo essere un riformatore economico, come Keynes, o meglio ancora, uno scienziato, come Einstein»), Soros è davvero un personaggio singolare. La tragedia dell’Unione europea: disintegrazione o rinascita? è il libro che raccoglie quattro interviste che gli ha fatto Gregor Peter Schmitz, giornalista dello Spiegel; tre nell’estate 2013, l’ultima a dicembre, dopo le elezioni tedesche e il compromesso sull’unione bancaria.

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