Editoriale di Giuliano Ferrara
Curare i gay” è una scemenza col botto, un gesto di piccola intolleranza ignorante. Sono molto sorpreso da Costanza Miriano, una scrittrice popolare e ben disposta verso la scorrettezza connaturale alle idee; da Luigi Amicone, un ciellino che mi pare vivace e autentico; da Roberto Maroni, sassofonista e politico di talento ma ambiguo, oggi inzuppato nel nazionalismo macho dei tombini di ghisa in mancanza di meglio. Tutti abbiamo bisogno di essere curati e soprattutto di essere lasciati in pace. A tutti sono dovuti rispetto, libertà personale, privacy. La lettura del Simposio platonico o del Fedro, lo studio delle biografie di Anselmo d’Aosta e del cardinale Newman, una scorsa ai romanzi di Isherwood sono attività facoltative, e anche le tirate di s. Paolo contro i sodomiti sono le benvenute, perché parlano di peccato e non di malattia, sono illuminate dal precetto che “il giusto vivrà per la fede” e non dal positivismo burlesco della cattiva ideologia contemporanea. Invito caldamente i nominati, nel giorno del convegno lombardo al quale hanno promesso di partecipare, giorno ch’è imminente, a starsene a casa o a organizzare la protesta contro l’insegnamento nelle scuole milanesi dell’ideologia del gender o dell’indifferenza sessuale, senza dimenticare che la sola radiografia del fenomeno da parte di un prete di curia milanese ha indotto l’arcivescovo a scusarsi per l’iniziativa. Le sentinelle leggano libri buoni in piedi invece di mettere in provetta, con l’assistenza di psichiatri psichiatrizzabili e di tradizionalisti senza il senso della tradizione, chimismi, ormoni in pillola e altre vaghezze dagli scaffali del farmacista Homais. Il buco della serratura e il comune senso del pudore lasciatelo alla dottoressa Boccassini, una specialista.
Un tetro silenzio della ragione, mascherato da lago d’amore, ha preso il posto vuoto lasciato dalla generosa e apocalittica abdicazione al soglio di Ratzinger. Tutto quello che era pensiero strutturato, elegante, mite, forte e intenso, si è come volatilizzato in un batter d’occhio. Da un lato abbiamo il cedimento intellettuale di un pensatore debole come monsignor Bruno Forte, che ha sostituito Karl Barth con Roland Barthes; dall’altro l’irrigidimento caricaturale e clinicizzante dei materiali culturali non negoziabili che furono lo stigma d’intelligenza di una lunga stagione cattolica e laica del contemporaneo. Quelli della Manif pour tous in Francia hanno trovato spesso modi sensati e colorati di sense of humour per esprimere il rigetto del dottrinarismo di gender e delle teorie omosessualiste ortodosse, qui ci balocchiamo con il dottrinarismo terapeutico e altre perversioni da capofamiglia. Ma scherziamo? Ratzinger aveva spiegato in tutta la sua teologia e predicazione che il mondo moderno era diventato – esso sì – relativisticamente dottrinario, che stava crescendo come una schiuma noiosa e infeconda di pregiudizi, insultante per la fede alleata della ragione. Dottrinario sarà lei – era il suo insegnamento – i libri cristiani e il libro cristiano aiutano a pensare anche il tempo e la storia oltre le sue miserie, oltre la banalizzazione del peccato, oltre il pensiero unico, esclusivo, irregimentato. E noi vogliamo riportare la cultura cristiana e cattolica dentro le ossessioni ideologiche del tempo, mettendo la psicologia comportamentale e altre bellurie dentro la nuova evangelizzazione. Almeno andate al cinema, se siete interessati alle visioni del mondo. C’è The imitation game in tutte le sale: se avessero messo Alan Turing in un sanatorio per froci, oggi saremmo tutti sudditi del Terzo Reich, molto probabilmente.
E prendete nota della biografia di Winston Churchill scritta da Boris Johnson, il machissimo e rutilante sindaco di Londra. Raggiunsero affannati Churchill nella quiete dalla campagna mentre scriveva. Gli dissero che era stato trovato un alto funzionario del governo mentre si faceva un militare della guardia su una panchina di Hyde Park alla fine di novembre, alle tre del mattino, e che lo scandalo sarebbe scoppiato in poche ore. Churchill sollevò il capo dai fogli e chiese conferma. Era avvinghiato a una guardia? Su una panchina del parco? Alle tre del mattino? Con questo tempaccio? “Ma c’è di che rendere orgoglioso lo spirito britannico”, concluse.