→ febbraio 22, 2012

dalla rubrica Peccati Capitali
Una telepredica violentemente denigratoria di Adriano Celentano, una danza millimetricamente spericolata di Belen Rodriguez. Per venire al sodo, lo scandalo di Sanremo è tutto lì, un’esibizione e un’esternazione (o viceversa, i termini sono intercambiabili). Perché star lì a strologare per pagine e pagine ( o tweet e tweet) su cosa ci fosse dietro l’una o sotto l’altra quando siamo abituati a ben altro? Lo scandalo é solo che vadano in onda sulla trasmissione più vista della TV di stato, finanziata dal canone.
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→ febbraio 21, 2012

Sudditi.
Un programma per i prossimi 50 anni.
a cura di Nicola Rossi
Istituto Bruno Leoni
di prossima pubblicazione
1. Un contro – senso.
Il diritto è un insieme di norme che regolano i rapporti dei cittadini tra di loro e del cittadino con lo stato. La sovranità è del popolo, il Parlamento fa le leggi, il governo le fa applicare: ma nonostante la struttura istituzionale preveda la formale separazione dei poteri, nonostante la Corte Costituzionale vigili sulla coerenza delle leggi al dettato costituzionale e la magistratura sulla loro imparziale applicazione, rimane un’irriducibile asimmetria: nella piramide del potere, in alto stanno sia coloro che fanno le leggi sia coloro che le fanno applicare, in basso sta il cittadino. Sicché quando si sente la parola “abusi”, subito si pensa ad atti compiuti a danno di quelli che stanno nella parte bassa della piramide da parte di quelli che stanno nella parte alta. E quando essi compiono l’abuso avvalendosi delle norme di diritto che essi stessi hanno scritto, allora il cittadino sente di essere stato privato di quella sovranità che teoricamente è sua e di essere ridotto a suddito. Quando l’abuso è abuso a mezzo di diritto, non resta più neppure l’illusione del mugnaio prussiano che invocava “un giudice a Berlino”.
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→ febbraio 13, 2012

La coscienza imperfetta
Le neuroscienze e il significato della vita
di Arnaldo Benini
Garzanti, 2012
pp. 248
Il mondo vero è un grigio contenitore di molecole, silenzioso e opaco, null’altro che atomi e campi elettromagnetici in vibrazione. Invece nella nostra esperienza la realtà è una tavolozza di colori, odori, sapori, un flusso ininterrotto di emozioni, desideri, sentimenti. Il mondo in cui viviamo è dunque creato dal cervello. Ma perché vediamo le case e l’albero? Il suono è nella nostra mente, e però lo proiettiamo nell’orchestra oppure nel fastidioso motorino che sfreccia sotto casa. Che cosa ci fa credere che il contenuto della coscienza non sia dentro di noi, ma fuori, nello spazio e nel tempo?
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→ febbraio 8, 2012

Al direttore.
Avevo seguito con distacco la querelle tra goyim, al più vedendo, in quell’apostrofo lanciato a troncare il nome degli epigoni, la punizione divina per le tante teste mozzate durante le crociate dalle spade degli antenati. Ma ora che, con forzata analogia, si allarga l’apostrofo a spazio, e si voglion dividere i nipoti di Israel, e tra di loro seminar zizzania, è d’uopo precisare: sia dagli atti di matrimonio e dai testamenti redatti quando nei ghetti angusti dovevansi risparmiar anche minuti spazi, sia dai registri della scuola elementare Clava, sia dalle iscrizioni anagrafiche quando spazi si aprirono per accedere a professioni liberali e per fondare fior di imprese, senza dubbio si evince che i Debenedetti astigiani sempre attaccati furono.
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→ gennaio 31, 2012

Debtor Nation: The History of America in Red Ink
by Louis Hyman
Choice’s Outstanding Academic Books, 2011
pp. 392
Before the twentieth century, personal debt resided on the fringes of the American economy, the province of small-time criminals and struggling merchants. By the end of the century, however, the most profitable corporations and banks in the country lent money to millions of American debtors. How did this happen? The first book to follow the history of personal debt in modern America, Debtor Nation traces the evolution of debt over the course of the twentieth century, following its transformation from fringe to mainstream–thanks to federal policy, financial innovation, and retail competition.
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→ gennaio 18, 2012

di Cesare Cavalleri
Vilfredo Pareto (1848-1923), oltre che economista e sociologo, è anche un ottimo scrittore, il che non guasta. Appartiene alla schiera degli economisti “marginalisti” il cui capostipite è Léon Walras, al quale Pareto succedette nella cattedra di economia dell’Università di Losanna, nel 1894. Sia Pareto, sia Walras provenivano da studi d’ingegneria.
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