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→  agosto 14, 2008

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The UK, a country famous for its love of tradition, has begun one of its summer rituals. Every year, just as the grouse-shooting season starts, there is a mass outbreak of grousing about school exams not being as hard as they used to be.
Results from the A-level exams, taken by school leavers at 18, were released on Thursday. It is increasingly difficult to tell top students apart because one-quarter of all papers now receive the maximum A grade. Part of the problem is that A-levels are used to judge the performance of the government, of schools and of children. It is unsurprising that it measures none of their performances very well.

This aspect of the problem could be dealt with easily. The people with the greatest incentive for accuracy in grades are universities and colleges, so they should be given control of the exam system. But the debate about exam results misses the big picture.
Educational systems vary between England, Wales, Scotland and Northern Ireland, but they should all receive a failing grade. They get mediocre results on international tests and they all widen, rather than narrow, the gap between the poor and the middle class. Although Britain has an open economy and society, its social mobility is rigid. This is more than a moral dilemma, it is a huge economic problem.
A great number of young British people leave school lacking basic numeracy and literacy and, even in the recent period of record growth, have tended to drift directly into unemployment. This is a scandal. The British school system needs a radical overhaul.
The leading light in school reform is Sweden. The education system there is funded by vouchers. If parents wish to change school, they have the right to do so, and to take state funding with them. Schools must compete with one another to attract pupils. Any education provider has the right to set up a new school. Competition between schools is the key.
Despite endless cant about “choice”, the UK educational system stifles competition. In most areas of the country, local schools are closely controlled by a single local educational authority. They are cartels that actively prevent schools from competing.
In Sweden, good schools can expand and anyone can set one up. Both are technically possible in the UK, but local government rules advise against them if they mean more unfilled places at local schools. Banning the creation of extra places guarantees that children at bad schools have nowhere to go and stamps out competition.

Mechanisms for paying good teachers more than bad teachers and rewarding rarer skills (such as maths and science) are also too weak. Effective educational reform should mean an end to uniform national pay deals for teachers.
The evidence suggests that adopting the Swedish model would make the average UK school better, and lift weaker schools most of all. The opposition Conservative party has pledged to introduce it. But the challenge for any party bent on real reform is how to get there and still get elected. Sharp shocks that destabilise the system could turn parents and teachers against change.
School management must be dealt with carefully. British schools are, at the moment, incapable of running themselves and third party providers do not yet have the capacity to take many over. Expanding the City Academies programme must be part of the answer to how we achieve a network of independent schools. The academies scheme was a Tony Blair-era innovation that allowed private providers to take over individual failing state schools, as a way to inject competition into educationally backward areas. The Tories are right to have identified a big expansion of academies as a means of moving Britain closer to the Swedish model at a pace the sector can handle.
Their liberal position contrasts sharply with that of Ed Balls, schools secretary, who has reduced the academies’ freedoms and is setting them up under the control of the local cartels with which they are supposed to compete. Mr Balls is pandering shamefully to the left.
Allowing schools to decide on teachers’ pay will, at some stage, mean a confrontation with the unions. The government will probably need to increase school spending to cushion the cost of far-reaching reform, but also to counter union charges that this is slashing and burning public services.
While Conservative economic proposals are tainted with populism, their plans for schools and skills are on the right track. The state of British schools is little short of a national disgrace. Mr Balls still has time to avoid going down as the man who missed the reform boat.

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→  agosto 6, 2008

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da Peccati Capitali

Scandalo e preoccupazione grande aveva destato nel Paese la vicenda che, iniziata con la rivelazione di intercettazioni illegali, sarebbe stata ricordata come la storia de “Lo Spione e il suo Padrone”. Anche se alcune rivelazioni si palesarono inesatte e altre del tutto false, una cosa fu chiara: uomini dello Spione, al soldo del Padrone, si erano illegalmente intromessi nella vita e negli affari privati di migliaia di ignari cittadini.

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→  luglio 23, 2008

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da Peccati Capitali

“Il tuo padrone non ti ha insegnato a non farla nel mio ufficio?” diceva, in piemontese, una matura “cattiva  signorina”, quando il cane, a cui da ragazzo dovevo far fare la passeggiata serale, mostrava particolare interesse per l’angolo della strada in cui eserciva il suo antico mestiere.

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→  luglio 22, 2008

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di Oreste Pivetta

I casi Telecom, quello dello spionaggio e quello sulle strategie economico finanziarie proprietarie dell´impresa, si stanno riaprendo grazie ai magistrati e, un´altra volta, con la mano dei giornali. C´è da immaginare che si debba attendere parecchio prima che i capitoli si chiudano e c´è da dubitare, dato il groviglio, che lascino scritte pagine di verità. Marco Tronchetti Provera, ex presidente ed ex azionista di riferimento, è convinto invece che alla verità (giudiziaria) si sia comunque arrivati. «Sono molto contento e soddisfatto – ha dichiarato – della conclusione cui sono giunti i giudici dopo tre anni e mezzo di indagine: dopo che sono stati sentiti centinaia di testimoni, che si sono viste migliaia di carte, è emersa con chiarezza la verità».

Ma il presidente del Gruppo Pirelli, letti i giornali, ha avuto anche molto da recriminare: «Sono peraltro sconcertato che continui una campagna che, malgrado ogni evidenza, cerchi di alterare la verità. È davvero inaccettabile, incomprensibile». Se lo si poteva sommariamente considerare fuori dalla brutta storia (insieme all´amministratore delegato Carlo Buora), a ributtarlo nel mare dei sospetti è stata Repubblica che ieri gli dedicava un titolo in prima e due pagine intere (con un inquietante avviso: continua) in cui si rappresentavano in dettaglio i pensieri e la storia di Giuliano Tavaroli, avvertendo solo all´ultimo che «la sua è la ricostruzione di un indagato».

Dalle prime righe di Giuseppe D´Avanzo (accanto alla foto, oculatamente scelta, dello spione Tavaroli vicino al padrone Tronchetti), si poteva dedurre che l´idea di Repubblica fosse un po´ quella di respingere la tesi del pubblico ministero di Milano: «Più o meno si sostiene che fossero all´opera in Telecom, soltanto un mascalzone (Giuliano Tavaroli) e un paio di suoi amici d´infanzia… La combriccola voleva lucrare un po´ di denaro per far bella vita e una serena vecchiaia». Conclusione: l´affaire Telecom, spiegato così, si sgonfia come un budino malfatto. A ritirarlo su, al cielo dei vasti intrighi internazionali, ci pensa dunque Tavaroli, che traccia la ragnatela che tutto accoglie e raccoglie e quasi tutti assolve (assolvendo in primo luogo se stesso, all´opera solo per “cause di forza maggiore”): servizi segreti, Abu Omar, generali, Pollari e Speciale, grandi manager (ma Scaroni nega d‘aver mai visto in vita sua Giuliano Tavaroli), un ex presidente (Cossiga), uffici romani, detective di casa nostra e naturalmente Tronchetti Provera («Mi hanno detto di ballare su una zona di confine. E io ho ballato. Me ne ha dato atto, quando mi ha liquidato, anche Tronchetti») e, infine, il Corriere della Sera.

Come sarebbe potuto mancare il Corriere: sta nella più o meno recente tradizione spionistica-piduistica italiana. Ci racconta Tavaroli che Tronchetti non aveva alcun interesse per Telecom, voleva il Corriere (al quale è approdato da tempo, sedendo onorevolmente nel patto di sindacato, cioè al tavolo di comando). Tronchetti aveva una passione per il giornale di via Solferino, «un´istituzione essenziale per la democrazia italiana». «In quei mesi – testimonia l´indagato Tavaroli – stava acquisendo posizione e posso credere che si preparasse a lanciare una offerta pubblica di acquisto…». Tanta voce a Tavaroli (il seguito oggi) e tanto accanimento contro Tronchetti non sarà solo “scoopismo”, anche perchè della vicenda si sa già tutto, compresi i nomi dei “pedinati” (anche impiegati o sindacalisti di Telecom). Una possibilità è che Tavaroli monti un´architettura complottistica “esterna”, per giustificare se stesso, obbligato da neanche tanto oscuri poteri superiori. Un´altra possibilità è che si rimonti il “teorema”, quello che proprio il Corriere di ieri, nel fondo di Sergio Romano, dava ormai per smontato. Il fine e colto ex ambasciatore sta alle “carte”, all´avviso di conclusione delle indagini, che avrebbero «implicitamente scagionato» l´azionista Rcs Marco Tronchetti Provera (e Carlo Buora). Sergio Romano non prende partito: ragiona con ottimismo per dimostrare che tra corruzione, mafie, conflitto d´interessi, eccetera eccetera, ogni tanto succede qualcosa che ci fa pensare che la nostra “classe dirigente” sia meno peggio di quanto si creda, che “noi” siamo meno peggio di quanto si creda. Quanto si sia consumato (e si consumi) di potere, di politiche, di risorse, alle nostre spalle, ovviamente non ci è dato sapere: la Telecom di Tronchetti Provera ha divorato, come è noto, quattrini (anche quelli che Tronchetti Provera e i suoi aiutanti sono riusciti ad intascare, andandosene) e credibilità politiche (come dimenticare l´incontro a Cernobbio con Prodi, il piano Rovati, la bocciatura di Telefonica o quella di At&T e via tra perdite e piani dismessi).

Proprio domenica sul Sole24Ore Franco Debenedetti poneva la domanda giusta: quanto spionaggio e killeraggio hanno guidato o influenzato o inquinato la vicenda industriale e finanziaria di Telecom, espropriando gli azionisti? L´opacità è la regola d´oro dei nostri tempi. Chissà che cosa ci toccherà in futuro. Di sicuro ci toccherà di pagare ancora. Tronchetti Provera saprà sicuramente che in fondo all´elenco degli indagati compaiono, al trentacinquesimo e al trentaseiesimo posto, anche la Pirelli e la Telecom, persone giuridiche, non avendo adottato un «modello organizzativo al fine di prevenire la commissione di reati» fino al maggio 2003 «e comunque dal momento dell´adozione, non avendolo efficacemente attuato e non avendo adeguatamente vigilato sull´osservanza dello stesso…». Siamo alla legge 231 (siamo al 2001). Se sentenza di condanna ci sarà, perché è mancata la vigilanza del vigilante, non ci sarà presidente o ex presidente di mezzo: a rispondere ci sarà Telecom, ci saranno gli azionisti (di tasca loro).

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La favola dello spione e del suo padrone
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→  giugno 13, 2008

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Riflessi di indagine

“Sai consigliarmi un buon ospedale intercettato?” mi ha chiesto un mio amico che deve farsi ricoverare per un piccolo intervento. Domanda assolutamente logica. Se è vero gli orrori della clinica Santa Rita non si sarebbero scoperti senza le intercettazioni, allora vuol dire che queste sono uno strumento normale e necessario di sorveglianza, ed è logico che il paziente prudente, come si informa della perizia dei medici che vi lavorano, chieda ragguagli anche sulle intercettazioni protettive.

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→  dicembre 20, 2007

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A Perugia, dopo settimane, non sono riusciti ancora a scoprire chi dei quattro ha ucciso Meredith. A Garlasco, dopo mesi, si brancola nel buio. “Cognizzazione” è il neologismo creato per indicare l’intorcigliarsi di perizie e controperizie senza raggiungere la prova che elimina ogni dubbio.

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