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Archivio per il Tag »Beppe Grillo«

→  giugno 23, 2020


Quella che per lui sarebbe una pars construens, fare un’unica società della rete in fibra ottica, in mano pubblica, e rinazionalizzare Tim, ne è invece la pars destruens di una delle poche grandi aziende del Paese

Beppe Grillo non è mai stato tenero con Telecom Italia: intorno al 2010 ne frequentava le assemblee; una sera Santoro mi invitò ad Annozero per discutere con lui di una questione di immobili che l’incumbent di telecomunicazioni stava vendendo. È quindi con una certa sorpresa che si è letto la sua accusa, anzi condanna, com’è nel suo stile, contro Open Fiber, il concorrente creatole da Renzi nel 2014.

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→  febbraio 13, 2018

Sir, According to Bill Emmott (“Five Star struggles to be Italy’s agent of change”, February 9), the Five Star Movement is the Italian En Marche. It might be appropriate to recall some of its proposals for the upcoming election.

It wants to repeal the Fornero pension reform, which in 2011 saved Italy, then on the brink of bankruptcy, and reduce the age of retirement; to abolish mandatory vaccination of children; to allow the deficit to rise above 3 per cent of gross domestic product and to abolish commitment to a balanced budget (a constitutional mandate which has never been obeyed). On public debt its “theory” is that it is a macroeconomic problem only because it is denominated in euros: it therefore proposes to redenominate it in lire, placing the Bank of Italy once more under the control of the Treasury, obliging it to buy the debt that would not be financed by the market.

If these policies resemble those of Emmanuel Macron’s movement, your previous reporting on French politics seems less than accurate.

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→  giugno 3, 2014


Le elezioni europee hanno creato il momento propizio agli europeisti pragmatici: a patto di leggerne bene il risultato.
Che non è quel 30 per cento che si ottiene sommando tutti i voti dati ai partiti antieuropeisti, questo è ciò che pensano quanti considerano che “più Europa” sia la risposta a ogni e qualsiasi problema, euroscetticismo compreso; traggono spunto dal fatto che quel 30 per cento circa non forma un progetto politico positivo per raddoppiare i propri appelli alla sempre più stretta integrazione “verso gli Stati Uniti d’Europa”. Invece, mai come questa volta le elezioni europee sono state elezioni mid term nazionali: di fronte ai problemi l’elettore europeo guarda in primo luogo al proprio governo nazionale. L’euroscetticismo è un elemento comune di posizioni politiche affatto diverse: Marine Le Pen è neofascista, Nigel Farage conservatore, Grillo chissà. Affermate da Grillo, negate da Renzi, al centro della campagna elettorale nostra sono state le conseguenze che il risultato avrebbe avuto sul governo, addirittura sulla legislatura. In Francia e in Inghilterra, la campagna elettorale è stata un posizionarsi di partiti e candidati in vista delle prossime elezioni politiche. E quando non rappresenta uno strumento per la lotta politica interna, l’euroscetticismo è l’esito di un’Europa che, persa dietro al miraggio federalista, risponde con più centralizzazione e più produzione di norme a qualsiasi problema.

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→  marzo 29, 2013


Tutto ruota intorno al Quirinale: ma nessuno può offrire garanzie sul risultato di un’elezione a scrutinio segreto a Camere riunite con aggiunta dei rappresentanti delle regioni. Non esiste strumento per prendere impegni, tanto meno quando tra adesso e il voto c’è lo spazio di un mese, nel quale ci sarà la formazione del governo con assegnazione di ministri e sottosegretari. Il governo è ciò che più di ogni altra cosa può determinare l’esito di quella votazione: la nomina a Palazzo Chigi come strumento per la nomina al Quirinale.

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→  marzo 14, 2013


Più che democrazia, ne sembra una parodia il metodo con cui nel M5S si sono selezionate le persone da mandare in Parlamento. La democrazia diretta, con cui il movimento vorrebbe sostituire quella rappresentativa, funziona con soddisfazione generale nei Paesi dell’Appenzell,(che però, a poca distanza, hanno le banche e gli gnomi di Zurigo). Ma come potrebbe funzionare quando venisse pantografata sul governo dell’ottava economia mondiale? ”

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→  marzo 7, 2013


Erano “discorsi seri a uomini faceti” quelli che Palmiro Togliatti rivolgeva al leader dell’Uomo Qualunque, Guglielmo Giannini, nel dicembre del 1946: “Qualcuno mi ha detto che [a lui] non conviene rispondere […] perché si tratta d’un commediografo e non di un uomo politico”. Altri tempi, altri comici, deve pensare il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani. Lui, per tenere insieme il partito, deve stare cocciutamente attaccato allo scoglio del suo esiguo vantaggio di voti, e non ammettere altre alternative: o me o si rivota. Il che, visto come stanno le cose, in realtà equivale a dire “o Grillo o si rivota”. Bersani è persona concreta e navigata, non può credere che offrendo di introdurre il reato di tortura o una legge sull’eutanasia – queste alcune delle proposte del produttore cinematografico Procacci – Beppe Grillo gli dia i voti che gli mancano: avrà invece cercato di rappresentarsi quali sono gli interessi veri del leader di M5s e immaginato come soddisfarli.

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