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→  luglio 12, 2010

di Pietro Ichino

A Pomigliano i fatti confermano le buone ragioni di una rivendicazione storica della CGIL: quella di un sistema di misurazione della rappresentatività nelle aziende, che realizzi il principio di democrazia sindacale – oggi quella riforma, attuaa con accordo interconfederale o in via sussidiaria per legge, consentirebbe alla FIAT di attuare il suo piano e alla CGIL di rimanere parte del sistema di relazioni industriali nello stabilimento campano, pur non sottoscrivendo l’accordo

Quando, nel 2001, Fim-Cisl e Uilm-Uil firmarono senza la Fiom-Cgil il rinnovo del contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici, Sergio Cofferati – allora segretario generale della Cgil – disse: “Non contesto la firma separata in sé; contesto che il contratto firmato da una parte soltanto dei rappresentanti dei lavoratori si applichi a tutti i lavoratori interessati, senza che venga misurata la rappresentatività di chi firma e quindi senza che si applichi un elementare principio di democrazia sindacale”.

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→  giugno 28, 2010


di Pietro Ichino

Caro Direttore, senza la firma di tutti i sindacati, alcune parti cruciali dell’ accordo di Pomigliano perdono ogni utilità pratica: proprio quelle su cui la Fiom-Cgil pone il veto. Chiedere a Marchionne di andare avanti lo stesso significa di fatto chiedergli di accettare quel veto; e significa, soprattutto, chiudere gli occhi su di un difetto grave del nostro sistema di relazioni industriali.

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→  giugno 25, 2010


di Antonio Polito
Uno passa buona parte della sua età adulta a sostenere che il berlusconismo non è un fenomeno criminale ma politico, che il Cavaliere ha successo perché ha un messaggio e non soltanto un mezzo (televisivo), che vince le elezioni perché incarna un’idea e una speranza e non perché l’Italia è fatta di una maggioranza di corrotti e di evasori che si identifica con lui.

Uno passa gli anni a dire che il berlusconismo va compreso e non demonizzato, che perfino nelle sue menzogne c’è del vero. Che, certo, lui si fa le leggi per salvarsi dai processi, ma anche i processi che gli fanno non sono proprio tutti a prova di bomba. Che, di sicuro, non si può permettere di insultare la magistratura e di contestare l’autonomia costituzionale del potere giudiziario, ma che a vedere come si comportano certi magistrati e come talvolta usano la loro indipendenza si capisce che la Giustizia italiana ha comunque urgente bisogno di una radicale riforma.

Uno ci mette la faccia e ci rimette anche qualche rapporto di amicizia per spiegare che perfino l’immunità pro-tempore per il capo del governo non è in sé una bestemmia, che anzi in alcuni paesi è prevista, e che comunque esiste la necessità di proteggere l’esercizio del mandato popolare.

Poi Berlusconi, con il favore delle tenebre, senza dire niente a nessuno, nomina l’amico, sodale e imputato Aldo Brancher ministro del nulla, e Aldo Brancher attua immediatamente – invece del federalismo – il legittimo impedimento per evitare il suo processo. E ti chiedi dove hai sbagliato.

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Il caso Brancher segna il tramonto del Cavaliere
di Franco Debenedetti – Il Riformista, 06 luglio 2010

→  giugno 24, 2010


di Pietro Ichino

Sul primo punto sollevato da Giorgio Conti e da altri lettori. Ho lavorato per quattro anni come sindacalista della Fiom-Cgil (in una zona della Brianza), poi per altri sei anni alla Camera del Lavoro di Milano, in mezzo agli operai e con una retribuzione pari alla loro. Conosco da vicino la fatica del loro lavoro. In seguito, il mio lavoro è sempre stato di natura intellettuale e non manuale; ma ho sempre lavorato per sette giorni alla settimana e per almeno dieci ore al giorno: ne è prova quello che ho fatto fin qui, e chiunque può controllarlo direttamente sul mio sito (www.pietroichino.it) e nell’Archivio dei miei scritti. Insomma, so che cosa è il lavoro.

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→  giugno 18, 2010


di Pietro Ichino

Le due clausole dell’accordo che la Fiom-Cgil denuncia come contrarie alla legge, e per alcuni aspetti anche alla Costituzione, sono queste: una in materia di malattia, che esclude il pagamento della retribuzione per le giornate di astensione dal lavoro in cui si verifichino aumenti anomali dei tassi di assenza in corrispondenza con eventi esterni di natura diversa da epidemie (per esempio: la partita di calcio giocata al mercoledì); l’altra in materia di sciopero, che vieta la proclamazione di – e la partecipazione dei singoli lavoratori a – scioperi volti a “rendere inesigibile” l’attuazione dell’accordo stesso (per esempio: uno sciopero dello straordinario, che renda inesigibili le 80 ore annue di “straordinario obbligatorio” previsto in funzione della variabilità delle esigenze produttive).

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→  giugno 17, 2010


di Mario Pirani

L’economia non possiede regole eterne. È accaduto, peraltro, in diverse fasi della storia, che milioni di uomini abbiano creduto nella loro immutabile valenza, tanto da farne articolo di fede. Quando ciò è avvenuto ne sono spesso derivati sconquassi catastrofici. Questa riflessione, di cui sono convinto da tempo, in particolare dopo il crollo del comunismo, mi ha stimolato qualche suggerimento in seguito alla lettura di due articoli di grande interesse, l’uno sul nostro giornale (6 giugno) di Joaquìn Navarro-Valls (“La marea nera e i falsi ambientalisti”), l’altro (“Corriere” del 6 giugno) di Claudio Magris su “I limiti (e i pregi) del capitalismo”.

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