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→  gennaio 14, 2011


di Ezio Mauro

Due, tre cose sulla Fiat e il Paese prima che si conoscano i risultati del referendum di Mirafiori. Prima, per ragionare fuori dall’ orgia ideologica di chi si schiera sempre con il vincitoree di chi pensa che i canoni della modernità e del progresso – oggi – sono sanciti dal rapporto di forza. Il voto e la sfida di Torino non disegneranno un nuovo modello di governance per l’ Italia, come sperano coloro che oggi attendono da Marchionne quel che per un quindicennio ha promesso Berlusconi, senza mai mantenere. Soprattutto non daranno il via né simbolicamente né concretamente – purtroppo – ad una fase generale di crescita del Paese. Il significato della partita di Mirafiori è un altro, e va chiamato col suo nome: la ridefinizione, dopo tanti anni, del rapporto tra capitale e lavoro.

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→  gennaio 13, 2011


di Pietro Ichino

Bersani ha concluso la riunione della direzione del Partito Democratico facendo esplicitamente sue le considerazioni proposte nel mio intervento sulle questioni sollevate dagli accordi di Pomigliano e Mirafiori.

Quello che segue è il testo scritto dell’intervento che ho svolto, in forma più sintetica per rispettare i limiti di tempo, alla Direzione del Pd il 13 gennaio 2010 – Poichè il giorno dopo la maggior parte dei media ha voluto dare l’immagine di un partito spaccato su questo tema (come su altri), va detto invece che proprio nel dibattito svoltosi in quella sede quasi tutti gli interventi dedicati a questa materia, pur con qualche sottolineatura diversa, hanno segnato una convergenza sostanziale su tre punti: 1) è di vitale importanza per il Paese che il piano industriale Fiat sia attuato e che quindi i relativi accordi vengano confermati, ma con una drastica correzione nella parte relativa alla rappresentanza sindacale in azienda; 2) per questo è urgente una legge che colmi la grave lacuna dell’ordinamento vigente, ponendo con chiarezza le regole necessarie per l’efficacia e l’effettività dei contratti collettivi negoziati dalla coalizione sindacale maggioritaria, ma al tempo stesso garantisca anche al sindacato che sceglie di non firmare il contratto il diritto alla rappresentanza in azienda; 3) è inoltre urgente che si promuova la possibilità di scelta, mediante accordo aziendale, tra una ampia gamma di forme di partecipazione dei lavoratori nell’impresa, che garantiscano a questi ultimi la necessaria informazione e possibilità di controllo su ogni aspetto dell’attuazione dei piani industriali.

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→  gennaio 8, 2011


di Alessandro Baricco

Alle volte la storia della cultura diventa un enigma di tale eleganza da rendere incomprensibile l’ istinto dei piùa occuparsi di altro. Per rimanere a questioni del tutto marginali, ma su cui ci giochiamo la nostra identità, una cosa che è diventata ormai difficilissima da capire, ad esempio, è il rapporto che c’ è tra noi e la modernità novecentesca (chiamiamo infatti moderne cose che nascevano quando morivano i padri dei nostri nonni). Il problema, paradossale, è che spesso il pubblico non ha ancor digerito delle novità che nel frattempo sono diventate reperti del passato. Ciò che è moderno non è più contemporaneo ma è ancora traumatizzante. Che senso ha? È come se fossimo ancora lì che cerchiamo di imparare a usare il magnetofono, senza riuscirci. Ha senso insistere,oè meglio passare direttamente all’ Ipod?

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→  gennaio 8, 2011


di Alex Ross

Le note senza pubblico

Benché sia trascorso ormai un secolo da quando Alban Berg e Anton Webern riversarono sul mondo le loro aspre sonorità, i classici moderni sono considerati tuttora indigesti da buona parte del pubblico dei concerti. All’ ultima stagione della New York Philharmonic, al momento dell’ esecuzione dei Tre pezzi per orchestra di Alban Berg decine di persone hanno lasciato la sala; e un gruppo altrettanto nutrito ha disertato Carnegie Hall quando la Filarmonica di Vienna ha affrontato le Variazioni per orchestra di Schoenberg.

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→  gennaio 5, 2011


di Alberto Mingardi

La filantropia è finita in un circolo vizioso? Come ha notato il Financial Times, le misure di austerità hanno un impatto sul welfare che “chiama” un maggiore impegno di associazioni benefiche e mecenati privati. Nel contempo, la perdurante incertezza influisce sulle aspettative dei donatori più abbienti, che hanno ridotto le elargizioni.

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→  dicembre 29, 2010


di Angelo Panebianco

C’è qualcosa che accomuna l’opposizione della Fiom all’accordo Fiat-sindacati su Mirafiori e quella del Partito democratico alla riforma Gelmini dell’università, appena varata dalla maggioranza di governo. Sono le due più recenti manifestazioni di quella strenua difesa dello statu quo in qualunque ambito della vita sociale, politica, istituzionale, che è ormai da tempo la più evidente caratteristica della sinistra italiana, nella sua espressione sindacale come in quella politico-parlamentare. Si tratti di scuola, di rapporti di lavoro, di magistratura, di revisioni costituzionali o quant’altro, non c’è un settore importante della vita associata in cui il conservatorismo della sinistra non si manifesti con forza.

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