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→  luglio 3, 2011


di Massimo Mucchetti

Con «Annozero» la tv di Telecom avrebbe problemi. E così Bernabé…

Due cattivi pensieri? Ecco il primo: il premier non è intervenuto su Telecom Italia per bloccare l’ ingaggio di Michele Santoro a La 7; è stato Franco Bernabé a usare la minaccia Santoro per stoppare il ministro Romani, che voleva inserire l’ esproprio della rete Telecom nella manovra sui conti pubblici. Un tale provvedimento avrebbe vanificato tre anni di resistenza dell’ azienda al governo e ad alcuni dei suoi stessi soci, Cesare Geronzi in primis.

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→  giugno 27, 2011

Comunicato stampa

Lunedì 27 giugno 2011

Ho rassegnato stamane le dimissioni da Consigliere di Amministrazione della Banca Popolare di Milano.

L’Assemblea straordinaria di sabato scorso ha respinto la proposta, avanzata dal Consiglio di Amministrazione, di aumentare il numero delle deleghe da 3 a 5, cosa che avrebbe consentito una maggiore partecipazione di soci alle deliberazioni assembleari. E’ stata così respinta un’iniziativa, pur di non sconvolgente portata, di mettere mano alla riforma della governance della Banca.

Ritengo che questo sia il problema centrale della BPM, e che già iniziare ad affrontarlo seriamente consentirebbe di fare emergere il valore della Banca, del suo posizionamento geografico, e della sua rete di vendita.

Le dimissioni, dopo due anni di mandato, sono il modo per dare rilievo a questo mio fermo convincimento.
Franco Debenedetti

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Intervista a Il Riformista
intervista di E.P. a Franco Debenedetti – Il Riformista, 01 luglio 2011

«Rassegno le dimissioni, ma servono nuove regole»
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 26 giugno 2011

«Sabato la svolta o mi dimetto»
di Franco Debenedetti – Il Sole 24 Ore, 22 giugno 2011

→  giugno 24, 2011


Intervista di Monica D’Ascenzo a Giorgio Benvenuto

«Il dibattito sull’incremento delle deleghe è diventato ormai ideologico ed emotivo e non posso afferrarne la drammaticità. Ritengo che dovendo affrontare il nodo ben più grande di un aumento di capitale importante non ci si debba chiudere in un fortino». Giorgio Benvenuto, ex segretario Uil e oggi membro del cda di Bpm, trova fuori luogo la spaccatura tra le diverse anime dell’azionariato della banca in un momento in cui sarebbe necessaria l’unità per affrontare cambiamenti importanti in linea con i rilievi dell’ispezione di Banca d’Italia.

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→  maggio 19, 2011


di Diego Novelli

In un’intervista su “La Stampa” di oggi, 19 maggio, a pagina 9, il mio amico Valentino Castellani spiega come per ben due volte riuscì, nel ballottaggio, a superare il suo concorrente che al primo turno aveva raccolto un maggior numero di preferenze.

Poiché nel 1993 il suo concorrente ero io debbo dire che le cose andarono in modo radicalmente diverso da come le ricorda Castellani. Vale la pena, se non altro per i posteri, ricordare quella vicenda. Non avevo alcuna intenzione di ricandidarmi, anche se il mio nome era stato fatto circolare sui giornali da alcuni dirigenti di Rifondazione Comunista, partito al quale non sono mai stato iscritto. Alla vigilia della apertura della campagna elettorale venne a casa mia il segretario provinciale del Pds, Sergio Chiamparino, per conoscere direttamente il mio pensiero. Gli confermai quello che avevo già espresso, cioè di non ricandidarmi.

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→  maggio 5, 2011



Per chi lo ha sentito suonare è difficile criticare il conduttore e pianista israelo-argentino Daniel Barenboim.
Inoltre, gli artisti israeliani non si sono mai sottratti alle provocazioni e di politica parlano sempre nei loro romanzi, nei loro film, nelle loro performance. Eppure il concerto che Barenboim ha tenuto ieri a Gaza, bastione di terrore e sharia retto da Hamas, è stato un passo falso anche all’interno della generosa militanza filopalestinese di Barenboim. Il maestro non è nuovo a provocazioni (è stato lui a suonare per primo in pubblico in Israele le opere di Richard Wagner), ma per la prima volta ha diretto nell’enclave di Hamas un’orchestra di musicisti provenienti da tutta Europa, inclusa la Scala di Milano.

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→  aprile 28, 2011


di A. PI.

Il mercato ha dato un titolo al caso Parmalat: il nuovo Papocchio. Senza voler togliere nulla all’esordio da regista di Renzo Arbore negli anni 8o, gli sviluppi politico-finanziari della scalata al gruppo di Collecchio sarebbero perfetti per la trama di un film tragicomico. Si voleva impedire ai francesi di conquistare la Parmalat, ma invece di bloccarli al loro 29% li si costringe a prendere il 100%. Si voleva creare una cordata industriale italiana alternativa a Lactalis, e invece nella migliore delle ipotesi si costringerà la Cdp a convivere con il gruppo francese in una holding franco-italiana senza logica industriale e soprattutto nazionale. Non solo: se passerà, come si dice, l`idea che i francesi dovrebbero lanciare ‘Opa non a 2,6 euro, ma a 2,8 euro perchè questo è il prezzo più alto pagato perglí acquisti di titoli, allora oltre al danno ci sarà anche la beffa.

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