→ marzo 24, 2002

Intervista di Giuliana Ferraino
«Un chiodo troppo piccolo a cui appendere una manifestazione troppo grande». E’ l’immagine che Franco Debenedetti usa per sottolineare la «sproporzione» che osserva tra la reale portata delle modifiche che il governo vuole introdurre per modificare l’articolo 18 e l’entità della protesta. Il senatore diessino, a suo tempo autore di una progetto di riforma dell’articolo 18, vede però, due conseguenze della dimostrazione organizzata dalla Cgil ieri a Roma. La prima per il sindacato, che «impostando tutta la protesta sulla difesa assoluta di un diritto, rinuncia ad essere protagonista nelle riforme importanti». L’altra per la sinistra, che «si ricompatta e trova un leader, ma su una linea che ben difficilmente le consentirà di ritornare a governare questo Paese». Anche il governo, però, esce sconfitto dallo scontro, perché «si è infilato in un vicolo cieco, senza saper affrontare i grandi temi per modernizzare il mercato del lavoro».
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→ febbraio 21, 2002

L’opposizione e l’articolo 18
Fa infuriare un ministro tanto da fargli esautorare con ignominia un sottosegretario, per giunta del suo stesso partito; spacca il Governo, divide la maggioranza seminando veleni tra gli ortodossi e la fronda centrista; provoca crepe sotto l’intonaco del muro dei sindacati; in Confindustria, riapre vecchie ferite tra grande e piccola industria.
Tutto questo riesce a combinare la proposta di modifica, oltretutto parziale e sperimentale, dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori, quello sui licenziamenti.
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→ novembre 17, 2001

Intervista di F. For.
«L’articolo 18 non può più essere un tabù per una sinistra moderna e riformista». Il senatore Franco Debenedetti ha ripresentato il suo disegno di legge di riforma della disciplina del licenziamento per giustificato motivo economico. Ma è critico sulla delega chiesta da Berlusconi per alleggerire le rigidità sui licenziamenti. «Condivido il principio — spiega — ma la trovo timida in quello che toglie e avara in quello che dà».
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→ ottobre 18, 2001

Senza l’abrograzione dell’art. 18 qualsiasi incentivo rimarrà lettera morta
Per Guidalberto Guidi della Confindustria «è come parlare di Bin Laden»: ma già ben prima dell’attacco dei terroristi era chiaro che l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello in base al quale il giudice può reintegrare il lavoratore licenziato, sarebbe rimasto l’ultimo, insuperabile tabù. E’ un peccato, perché il libro bianco di Maroni ha spunti interessanti. Ma anche le innovazioni coraggiose, se servono solo a scacciare la paura, finiscono per avere effetti negativi.
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→ settembre 6, 2001

Da Governo, Sindacati e Confindustria, nessuna proposta davvero coraggiosa
“Libertà di assumere, non libertà di licenziare”. Con questo ineccepibile richiamo agli impegni del programma elettorale, Giulio Tremonti ha chiuso la discussione sull’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, innescata dall’intervista di Antonio Marzano, infiammatasi con la reazione di Roberto Maroni, e che ancora una volta aveva messo in luce l’abilità di Umberto Bossi di volgere a proprio profitto tutte le possibilità offerte dalla spaccatura tra le due anime della maggioranza, quella liberista e quella populista.
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→ agosto 21, 2001

Intervista di Federico Monga
Senatore Franco Debenedetti lei aveva già presentato un disegno di legge sulla modifica del mercato del lavoro e ieri ha annunciato che lo riproporrà. C’è davvero bisogno di mettere mano all’articolo 18?
«Le imprese che non vogliono superare i 15 dipendenti, il diffondersi di forme surrettizie per introdurre flessibilità, quali l’uso e l’abuso di contratti di formazione e lavoro, a termine, parasubordinato: sono tutte ragioni di inefficienza. Di fronte all’incertezza sul costo del licenziamento le imprese o usano strumenti impropri o rinunciano ad assumere».
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