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Archivio per il Tag »Arnaldo Benini«

→  febbraio 13, 2012


La coscienza imperfetta
Le neuroscienze e il significato della vita

di Arnaldo Benini
Garzanti, 2012
pp. 248


Il mondo vero è un grigio contenitore di molecole, silenzioso e opaco, null’altro che atomi e campi elettromagnetici in vibrazione. Invece nella nostra esperienza la realtà è una tavolozza di colori, odori, sapori, un flusso ininterrotto di emozioni, desideri, sentimenti. Il mondo in cui viviamo è dunque creato dal cervello. Ma perché vediamo le case e l’albero? Il suono è nella nostra mente, e però lo proiettiamo nell’orchestra oppure nel fastidioso motorino che sfreccia sotto casa. Che cosa ci fa credere che il contenuto della coscienza non sia dentro di noi, ma fuori, nello spazio e nel tempo?

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→  luglio 18, 2011


Recensione di Arnaldo Benini

Il 16 aprile scorso Enrico Bellone è morto poche settimane dopo l’uscita di Qualcosa, là fuori. Il libro, uno dei suoi migliori per rigore e interpretazione di dati sperimentali, è la conferma del suo approccio alle scienze naturali, in particolare alle neuroscienze, come riflessione essenziale dell’uomo su sé stesso. Esso è l’ultimo suo contributo alla liberazione della scienza dagli attacchi politici e metodologici delle filosofie idealistiche e pseudoheideggeriane, terrorizzate dal dominio della matematica e della scienza sul mondo, e dalle acrobazie speculative di tanta cosiddetta filosofia della scienza. Esse hanno fatto scrivere a Stephen Hawking che “la filosofia è morta, non avendo tenuto il passo degli sviluppi più recenti della scienza […]” Il significato della filosofia era per Bellone l’interpretazione umana della scienza.

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→  gennaio 23, 2011


di Arnaldo Benini

All’inizio del secolo scorso Arnold Schönberg era certo che da lì a cinquanta anni la sua musica sarebbe stata fischiettata per le strade. Anche la musica di Beethoven, diceva, non fu capita fino al successo di Freude schöner Götterfunken. Schönberg è morto quasi sessanta anni fa e la musica dodecafonica sua e di Theodor Adorno, quella concreta di Karlheinz Stockhausen, i collage di rumori di Pierre Henri, le composizioni di Alban Berg, di Pierre Boulez non trovano accesso alla cultura di massa. Se si suona quella musica, hanno scritto i musicologi Christoph Drösser e Alex Ross, le sale si svuotano.

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