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→  maggio 1, 2004


Non siamo in guerra col mondo arabo, ma non lasciamo l’Iraq ai torturatori

È vero: la Cnn che trasmette le immagini delle torture è la dimostrazione della forza di un sistema liberale e pluralistico che ancora funziona, come quello americano; che siano le amministrazioni stesse a rivelarle e a condannarle, testimonia quanto più forte sia il sentimento democratico rispetto alle deviazioni. E’ vero, ma la cosa non basta a tranquillizzarci.
È vero: il sistema politico giudiziario e mediatico americano si è messo in moto, e i responsabili e i colpevoli, chi ha mancato in negligendo e chi si è insozzato in agendo, pagheranno. È vero, ma la cosa non basta a farci sentire a posto.
È vero, il presidente degli Stati Uniti si è detto disgustato e ha chiesto scusa. Ma non basta, e non basterebbe neppure se il governo americano capisse la necessità del gesto simbolico, far saltare per aria il carcere maledetto dove per decenni Saddam ha praticato sistematicamente la tortura; e se a Rumsfeld facessero capire che un ministro che porta un tale danno all’immagine del suo paese, il men che possa fare è andarsene.
Ci sono immagini che cambiano la storia: la bambina nuda che fugge dal napalm, o l’ufficiale vietnamita che tiene la pistola alla tempia del vietcong. Lo è diventata l’immagine della donna soldato che trascina un iracheno al guinzaglio come un cane, moltiplicata un milione di volte, con la rapidità e la pervasività di internet. Ci vorranno decenni prima che la graphic evidente, le immagini delle torture, cessino di essere causa della frustrazione e dell’umiliazione del mondo arabo di cui scriveva ieri Roula Khalaf sul Financial Times.

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→  marzo 19, 2004

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Bisogna confrontarsi con la svolta strategica della Casa Bianca

Per chi in Europa si riconosce in posizioni come quelle di Glucksmann, biasimare aspramente l’”idealismo rivoluzionario” di De Villepinnon significa affatto condividere l’”idealismo conservatore” dei neocon americani. Anzi, se c’è un’insopportabile tendenza manifestatasi con larghezza nella sinistra europea, e soprattutto in quella italiana, è stato il sistematico tentativo di considerare senza alternativa questa scelta.

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→  gennaio 9, 2004


Le posizioni di Francia e Germania rendono tutto più difficile

Continuerà la discesa del dollaro, che mette in crisi le esportazioni e le imprese europee? Dalla fine di Gennaio del 2002, il dollaro ha perso il 30% rispetto all’euro, è rimasto invece stabile rispetto alle monete asiatiche. La causa profonda di questi scompensi sta, secondo Peter Garber della Deutsche Bank, nell’enorme offerta di mano d’opera dell’Asia.

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→  marzo 28, 2003

Non demonizzare, ma neanche assecondare ciecamente la piazza

Che cosa vogliono quelli che, nell’Europa continentale, marciano per la pace? Oltre alla fine della guerra, che cosa vogliono veramente che succeda? A parte il riflesso pavloviano di alcuni che devono aver partecipato – magari con i calzoni corti – alle manifestazioni dei partigiani della pace, a parte l’anticapitalismo dei no global, la maggior parte dei manifestanti, se gli si pone la domanda, non desidera l’umiliazione dell’America.

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→  ottobre 17, 2001


La guerra obbliga la sinistra a una scelta

La guerra obbliga la sinistra a una scelta. Una scelta esistenziale, nel senso che da essa dipende la sua sorte per molti anni a venire. Una scelta non eludibile, anche il rifiuto di compierla in modo esplicito sarebbe già una scelta.

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→  novembre 15, 1993


I Dieci comandamenti di Deng Xiaoping per il rilancio dell’«economia di mercato socialista» – che poi di fatto significa «capitalismo alla cinese» – ci confermano come il mondo stia cambiando sotto i nostri occhi, sicché non è neppure scontato che alla fine del secolo l’Europa occidentale e l’America del Nord possano ancora considerarsi il centro propulsivo dell’economia del pianeta.

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