Intervista di Claudia Terracina a Franco Debenedetti
Senatore Franco De Benedetti, è giusto che il governo non voglia metter bocca nella vendita di Telecom?
«È ineccepibile. Il governo non deve né parlare, né sussurrare».
Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, però chiede che il Parlamento venga investito della questione.
«Non ne vedo il motivo. Quando hanno privatizzato Telecom sulle azioni non hanno scritto il vincolo che il cambio di proprietà venga ratificato dal Parlamento. Comunque, capisco il presidente della Camera, mentre capisco molto meno l’Italia dei valori. E, a questo punto, su quali siano i valori per l’Italia mi sembra ci sia molto da discutere».
E cosa pensa delle cordate che sono in corsa per Alitalia?
«Si tratta di una vicenda profondamente diversa. Telecom è un’azienda sana e i problemi sono nella catena di controllo. Alitalia invece è un’azienda praticamente fallita, in cui bisogna decidere cosa demolire e cosa salvare. Il pericolo, in questo caso, è che per ingraziarsi politici o sindacati si facciano programmi irrealistici bruciando altri soldi e quel poco valore rimasto».
Crede che almeno la rete delle telecomunicazioni debba restare in mano pubblica?
«Assolutamente no. La proprietà di Telecom non si può espropriare».
Eppure, nel governo qualcuno si preoccupa per il destino di un’azienda considerata strategica per il Paese.
«Ma questo non può voler dire porre vincoli alla proprietà, mentre si possono presentare adeguate richieste al proprietario sugli investimenti, sulla neutralità della rete e sulla garanzia della privacy.
E non può creare problemi il fatto che Telecom finisca in mani straniere?
«Anzi, per certi aspetti può perfino essere un vantaggio perché si riduce il rischio che il regolatore venga “catturato” dal regolato. E per un soggetto estero è più difficile trovare sponde politiche per realizzare il suo obiettivo».
aprile 3, 2007