Caro direttore,
che Angelo Panebianco («Le smemorate api della sinistra» Corriere della Sera di ieri) trovi consonanze tra il mio modo di guardare ai problemi della società italiana e il suo, mi lusinga; ma assai più mi preoccupa che mi voglia garante dei futuri sviluppi virtuosi del nostro sistema delle comunicazioni. Quanto al caso Seat-Tmc, però, non ci sono da attendere esiti virtuosi che riscattino il vizio di origine: per il semplice fatto che questo «vizio» – l’essere questo contratto contro la legge – non esiste.
Innanzitutto una precisazione sostanziale: Telecom non ha per ora il controllo di Seat, e il contratto è tra Seat e Trae. Questo è legittimo senza bisogno di nessuna modifica di legge; è soggetto solo all’approvazione dell’Antitrust, come ogni fusione o concentrazione, e a quella dell’Autorità delle Comunicazioni. Solo quando Telecom avrà acquisito il controllo di Seat, che oggi non ha e potrebbe anche non avere domani, si porrà il problema del conflitto tra la legge Maccanico – che vieta al titolare di concessione telefonica di acquisire una rete Tv – e la norma comunitaria – che imponeva di trasformare la concessione in licenza fin dal 1° Gennaio 1999. La Maccanico va adeguata alla norma di Bruxelles: i pareri divergono se lo si possa fare con atto amministrativo o se lo si debba fare con una nuova legge.
Se l’adeguamento alla norma comunitaria è dovuto, concludere quel contratto è un diritto di Telecom. Così come era dirito di Olivetti che l’Opa prevista dalla legge Draghi si svolgesse regolarmente.
Avviene però una circostanza straordinaria. Cioè che se un’impresa pensa a fare ciò che la legge consente, quando tocca i santuari del potere economico – come nel caso dell’Opa – o del potere mediatico – come nel caso Tmc – ciò appaia un fatto talmente eccezionale da indurre per forza a credere che ci debba essere qualche intervento o almeno qualche sponsorizzazione politica. So bene che Angelo Panebianco, nel crederlo per Seat-Tmc, ha l’attenuante delle dichiarazioni fatte da Ministri in carica. Dichiarazioni improprie perché hanno avuto il torto di alimentare l’impressione di quella commistione tra potere economico e potere politico di cui egli parla.
La libertà è anche libertà di fare contratti legittimi: bisognerebbe lasciar decantare il polverone e cercare di ricordarlo alle «api smemorate». Che sono a sinistra, certo. Ma che sono, in questi giorni, soprattutto a destra. Nel ’94 erano gli stessi Progressisti a sostenere che Berlusconi era sceso in campo per difendere le sue televisioni. Oggi è Storace, che la Casa delle Libertà ha portato alla Presidenza della Regione Lazio, a minacciare di usare il manganello contro Telecom.
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agosto 15, 2000