intervista di Loris Campetti
«La disturba il fumo? Questo è un sigaro più che progressista: è un sigaro cubano». Non sarà il fumo a dividerci dall’ingegner Franco De Benedetti, candidato per il polo progressista nel collegio Torino 1 (centro). Fedele al suo cognome, di mestiere fa l’imprenditore e candidandosi si è dimesso dalle cariche che ricopriva, presidente della Sasib e vicepresidente della Sogefi: «Non per incompatibilità di ruoli ma per evitare possibili incompatibilità di tempo e impegni». Cita Pannunzio, ricorda Adriano Olivetti e il laboratorio degli anni Sessanta.
Come si coniuga (sul piano politico) lo stemmino di Ad che porta all’occhiello della giacca con il sigaro cubano che stringe tra i denti? Perché un lettore del manifesto dovrebbe votarlo? «Perché sono una persona intellettualmente onesta. Perché le mie priorità sono le vostre, occupazione e sviluppo, diritti di cittadinanza, difesa delle conquiste ottenute, compreso il servizio sanitario nazionale. E se chiederemo sacrifici, lo faremo offrendo una politica di equità. Le basta?». Con l’aria che tira, per ora può bastare. «Cosi non mi accontento io: chiedo un voto per, non di turarvi il naso».
Ingegner De Benedetti, la prima domanda è d’obbligo: perché un imprenditore sceglie di fare il candidato progressista?
Molti imprenditori aderiscono al nostro progetto. Con ciò, nessuno di noi pensa a uno stato consociativo: vogliamo costruire unificando, senza la pretesa di accantonare la dialettica sindacale, pienamente compatibile con una politica di ricostruzione che coinvolga tutti nel rispetto dei ruoli di ciascuno. Con un po’ di toyotisino, se mi consente una battuta: servono idee, teste, partecipazione più che braccia. C’è chi ha profuso molte energie nel confutare il modello berlusconiano, rischiando di perdere di vista la positività del nostro programma costruito da tutte le forze progressiste, dalla cultura di Adriano Olivetti e l’annunzio a quella dell’estrema sinistra. La risposta positiva sta nella scelta di formare un asse di governo progressista. Non sarò certo io, se vinceremo le elezioni, a chiedere l’esclusione di Bertinotti dal governo.
Che cosa risponde a chi contesta Il diritto della sinistra a governare il paese?
Alla sinistra si chiede sempre qualcosa in più. E’ faticoso ma è giusto, è un pedaggio che dev’essere pagato se ci si presenta come sinistra di governo. Il monarca Berlusconi che promette un milione di posti di lavoro mi mette nei pasticci ma non posso eludere il nodo cruciale dell’occupazione. Dobbiamo essere onesti e fare i conti con la situazione data, facendo attenzione a non risolvere tutto ribadendo le compatibilità economiche. Io che non sono comunista, io imprenditore sensibile alle compatibilità di sistema aggiungo che senza fantasia progetti di medio periodo, che vanno perseguite perché non ce ne sono di migliori. Ma a breve termine dobbiamo trovare soluzioni, magari parziali, incomplete. I commercianti di Porla Palazzo (il mercato di Torino) dicono che a certe condizioni potrebbero assumere, mentre con le attuali normative non se ne parla. Non scegliamo il mercato selvaggio, ma una soluzione del problema dei commercianti dobbiamo trovarla. lo un quadro di mercati globali in cui i tassi di interesse sono determinati dalle attese di inflazione e di deficit una risposta keynesiana non è più nelle cose. D’altro cauto, c’è una gran quantità di opere pubbliche approvate, finanziate e ferme per paura che ci si rubi sopra: non possiamo farci paralizzare dalla paura dei ladri. Un altro esempio: se è vero che la formazione è la strada per portare l’Europa fuori dalla stagnazione, cosa aspettiamo a poi bare la scuola dell’obbligo da 14 a 16 anni?
E cosa ci dice sulla battaglia dl una parte del progressisti per la riduzione dell’orario?
La mia critica a Bertinotti sulla riduzione d’orario a parità di salario non si fonda tanto sulla incompatibilità di questa proposta con l’Europa data, quanto sul fatto che essa guarda a un lavoro tradizionale prestato in luoghi deputati, scandito da ritmi misurati a tempo. Invece, sempre di più nuovi lavori sostituiranno i vecchi, sempre più conta il modo in cui essi vengono erogati. Per loro natura sono lavori a tempo parziale per cui la misurazione oraria diventa inadeguata. Penso all’assistenza agli anziani che oggi viene delegata a ospedali pieni di lungodegenti, alle banche dati, alle biblioteche universitarie. Lo sa che non sono riuscito neppure a sapere quanti sono gli abitanti del mio collegio? Dobbiamo introdurre la flessibilità nella nostra testa oltre che negli strumenti.
Non si rischia di confondere le linee di tendenza con la situazione esistente? O lei pensa, come insegna la Fiat, che gli imprenditori debbano occuparsi di vincere la sfida della competitività mentre alla collettività compete la gestione degli effetti sociali delle crisi e delle ristrutturazioni?
Nella situazione data, è chiaro che dalla Fiat dobbiamo pretendere che faccia bene il suo mestiere recuperando quote di mercato, magari criticando i ritardi nell’uscita dei modelli e rivendicando il controllo pubblico da parte degli azionisti sul management.
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marzo 23, 1994