Diversi sopraccigli si inarcano di fronte alle decisioni di Gian Mario Rossignolo. E non solo di nostalgici della Telecom dei partiti. Ma, in realtà, quanto sta avvenendo alla Telecom era prevedibile
Prima la sostituzione di Tommasi con Gamberale, a sua volta subito ridimensionato. Poi la drastica potatura dei progetti di cablaggio e del «Fido» da città. Infine la sostanziale denuncia dell’alleanza strategica con At&t. Diversi sopraccigli si inarcano di fronte alle decisioni di Gian Mario Rossignolo. E non solo di nostalgici della Telecom dei partiti. Ma, in realtà, quanto sta avvenendo alla Telecom era prevedibile.
Che il megapiano di cablaggio fosse un’invenzione di Pascale per mettere i bastoni tra le ruote alla privatizzazione, era chiaro fin dall’inizio.
Quanto al Dect, Gamberale non perdeva occasione per dire che il telefonino da città avrebbe diminuito i profitti consolidati del gruppo. Quanto all’At& t, qualcuno aveva fatto notare che le due aziende avevano una sola cosa in comune, l’incapacità di una strategia diversa dal trarre massimo profitto della propria posizione dominante. Ecco perché le mosse di Rossignolo sono solo l’applicazione della regola numero uno del manuale del manager: «appena insediato alla testa di un’azienda, evidenzia al massimo gli errori della precedente gestione, addebitale i costi e creati così qualche riserva».
Di qui l’abbattimento del 10 per cento degli utili ’97 rispetto al preconsuntivo lasciato da Tommasi. Non è su questo che bisogna interrogarsi, per tracciare uno scenario sulle scelte che aspettano la Telecom e il Paese. È più utile riflettere in particolare su una di esse. L’accordo fra Telecom e Rai per dar vita da sole alla piattaforma satellitare italiana è stato fortemente voluto dal governo, dopo il repentino abbandono dell’ipotesi di dar vita a una piattaforma unica in cui stessero, «tutti insieme appassionatamente», Canal Plus, TelePiù, Mediaset, Cecchi Gori, Rai e Telecom. Certo, Bruxelles era contraria. Ma il no alla piattaforma unica non comportava per forza il «matrimonio satellitare» fra Telecom e Rai.
È curioso notare che così si realizza un’intesa analoga anzi più impegnativa a quella a suo tempo tentata fra la Telecom di Pascale e la Rai della Moratti e Billia. Rispetto ad allora, Telecom è privata. Ma la filosofia sottostante a questo accordo pubblico privato è la medesima. Il soggetto privato è un monopolista, che tale desidera restare il più a lungo possibile.
Quale migliore alleato glielo può assicurare se non quella Rai cui la politica italiana garantisce l’immortalità? Una garanzia tanto grande da compensare lo squilibrio finanziario tra alleati, visto che anche i proventi del canone tv sono poca cosa di fronte al gigantesco cash flow di Telecom. Il mezzo, il satellite, è moderno e innovativo, ma il fine di questa alleanza è chiaramente la conservazione dell’esistente. Apparentemente l’accordo RaiTelecom è un arrocco nazionale contro i francesi di Canal Plus. In realtà è uno scacco a Mediaset. Questa, oltre ai noti problemi delle reti tv, ha oggi di fronte a sé una doppia sfida, il passaggio al digitale e l’integrazione con il telefono: due fronti straordinariamente impegnativi sia sul piano tecnico che su quello finanziario. Fallita (per ora) la trattativa con Murdoch, le risorse e le sinergie necessarie per coprire i due nuovi fronti continuano a postulare per Mediaset nuovi alleati. Verso chi puntare? Interrompiamo ora il filo di questo ragionamento. E affianchiamogliene un secondo.
La Cir di Carlo De Benedetti è definitivamente e totalmente uscita da Olivetti, dunque anche da Omnitel. Si può dunque pensare ciò che finora sembrava impensabile; e l’impensabile apre prospettive strategiche assai interessanti. Nella telefonia fissa Albacom non è una vera minaccia per Telecom, e in quella mobile, anche se Picienne dovesse vince re la gara, per il terzo gestore la strada sarà in salita. Ben diverso è competere con Telecom e Tim partendo dai 3 milioni e centomila abbonati Omnitel. E sommando a questi alcuni interessanti asset di Mannesmann, la società che controlla Omnitel e Infostrada, e che ha recentemente lanciato un aumento di capitale di tre miliardi di marchi per rafforzare la sua posizione nelle tlc in tutta Europa, anche accrescendo, se servisse, il 2,4 per cento che in Italia conta attualmente nel capitale Olivetti. È utile ricordare che Mannesmann è proprietaria in Germania della rete di telefonia mobile D2 e di quella fissa Arcore, nella prima con Air Touch e nella seconda con DeutscheBahn. Tv e telefoni.
aprile 23, 1998