Tre miliardi e mezzo di euro in dieci anni è il risparmio che si otterrà "razionalizzando" due enti previdenziali, Inps e Inpdap, e che darà un robusto contributo al finanziamento dell’eliminazione dello "scalone".
Se è possibile risparmiare, non farlo sarebbe uno spreco. Ma diverso dai tanti di cui si parla con sempre maggiore frequenza, spesso legati ai costi della politica. Infatti a una parte delle denunce contro tali costi si può opporre di non avere considerato tutte le relazioni tra le parti di un sistema così complesso come la pubblica amministrazione. Per esempio, è facile indicare l’onere imposto dall’esistenza delle province e il risparmio che si avrebbe eliminandole: ma chi si occuperebbe delle strade provinciali?
Nel caso dei tre miliardi e mezzo miliardi la cosa è diversa: il risparmio è scritto in un documento che ha tutti i crismi dell’ufficialità, firmato da Governo, sindacati e Confindustria. Non è stato distrattamente inserito in Finanziaria alla vigilia di Natale, ma chiude una delle vicende più discusse di questo primo anno della legislatura. Questo è uno spreco Docg: é l’Esecutivo che impegna la sua autorità a certificare e garantire che quei tre miliardi e mezzo di denari pubblici non solo si possono, ma si devono risparmiare.
Viene subito da chiedersi: perché tale razionalizzazione non è stata fatta prima? Se il mancato risparmio passato è una spesa inutile, perché nessuno viene chiamato a risponderne? Si invoca l’etica per esprimere una condanna dell’evasione fiscale, si chiede alla Chiesa di confermarla dal pulpito. Ma è morale uno Stato che chiede soldi ai cittadini per finanziare quello che esso stesso dichiara poi uno spreco? E’ questa la “justitia”, che sola fa sì che i “regna” non siano “magna latrocinia”? Chi senza arrossire potrà in questo caso parlare di "giustizia distributiva", del compito dello Stato di ridistribuire la ricchezza?
Per ottenere il risparmio indicato gli organici dei due enti previdenziali dovranno ridursi di un numero stimabile in 10mila dipendenti. La redistribuzione effettiva in questo caso non è quella che segue la generale justitia, ma quella particolare che va dagli oneri fiscali e contributivi dei cittadini agli stipendi di quei 10mila dipendenti. Già si è dovuto sostituire il termine «fusione» con «razionalizzazione», al dunque ci sarà chi si straccerà le vesti anche per spostamenti del personale ad altri enti e che di fatto vanificheranno il risparmio. Perché quando si tratta dello Stato, la «razionalizzazione» è immorale e immorali sono quelli che non lo finanziano con le loro imposte.
«L’idea sbagliata», scrive Angelo Panebianco (si veda il Corriere della Sera del 7 agosto), «che rende più facile la vita dello Stato predatore è che possano esistere pasti gratis».
Pasto gratis è far pagare ai contribuenti i benefici di cui godono i dipendenti Alitalia; pasto gratis è far pesare sui figli i costi per non adeguare la durata della vita lavorativa dei loro padri a quella della vita fisica; pasto gratis è difendere a ampliare i benefici delle tante "caste"; pasti gratis sono i sussidi che, col pretesto di creare sviluppo, mantengono sul mercato imprese inefficienti. In realtà, si capisce che non c’è nulla di gratuito in questi pasti gratis, perché qualcuno paga il conto. Ma c’è una ragione di fondo se queste iniquità distributive vengono accettate ed è che si considera giusta l’intrusione dello Stato nelle attività che i cittadini dovrebbero potere liberamente svolgere all’interno di regole generali e certe. L’idea del pasto gratis presuppone che sia compito dello Stato preparare pasti: esiste una genealogia delle idee sbagliate.
Lo Stato sa, lo Stato provvede, lo Stato dispone. Sa il modo migliore di organizzare e gestire il traffico aereo che interessa l’Italia; provvede all’assicurazione pensionistica meglio di quanto saprebbero fare gli interessati; dispone la struttura dei mercati, dal fatturato delle aziende ai tasti del telecomando del televisore; vorrebbe disporre del prezzo dei carburanti, ma non consente il diffondersi dei distributori di benzina presso i grandi magazzini che farebbero concorrenza ai petrolieri. Lo Stato è "legittimamente" predatore perché è depositario dei "Valori": l’idea sbagliata che esistano pasti gratis è originata dalla stessa forma mentale secondo la quale solo la proprietà statale consenta alla televisione di essere di qualità e all’informazione di essere corretta; che solo la scuola pubblica dia un’educazione completa e civile. Per cui si pensa che compito dello Stato sia «procurare la felicità agli abitanti» (come ha scritto Eugenio Scalfari, su la Repubblica del 29 Luglio). Procurare a tutti, non consentire a ciascuno.
L’estendersi dello Stato predatore sembra inarrestabile. I clienti dei pasti gratis aumentano. Sta accadendo con il Governo di centrosinistra, è successo con quello di centrodestra che pure poteva contare su una maggioranza meno disomogenea e quantitativamente senza precedenti. La differenza, a ben vedere, sta nel modo di guardare allo Stato depositario di Valori. La destra, seppure solo a parole, lo disconosce. La sinistra se ne dichiara unica figlia legittima, con il compito di perpetuarlo.
agosto 8, 2007